Orientamento e sfera affettiva: l’ortonomia del sentire in Franz Brentano


Wissenschaftlicher Aufsatz, 2012

13 Seiten


Leseprobe


Abstract:

Orientation and affective sphere in Franz Brentano

Franz Brentano has played an important role in the history of Phenomenology. In fact, he has prepared the overview for the first phenomenological theories of Husserl and Scheler. According to the psychological theory of Brentano, every psychic Act has an intentional nature, which is aligned to some object. There are several acts of conscience that Brentano, within the framework of his psychological descriptive theory (thumb). He makes a distinction between "represent", "judge" and "feel". The method of the class "represent" is fundamental, because we can't judge something or take a stand on something without evaluation represented. The second class is that of "judge". The "judge". This is not in any simple superimposition of one over the other representations or a simple connection of different representation. The intentional mode of the "judge", however, implies the representative mode by adding a unique specificity that linked the two intentional acts of "recognize" and "reject". The third class, the "feel" encompasses the scope of the affective sphere, in which Brentano highlights the role of intentional acts of "love" and "hate" as cognitive acts in relation to the construction of moral knowledge. In this report, I'm going to discuss the fundamental structures of this ethical theory. Brentano aims to overcome aspects of Kantian ethics, when he calls into question the concept of autonomy of practical reason and the "categorical imperative". Brentano, as opposed to Kant, believes that a "fair and adequate" and not a pure "duty" is the formal principle of moral knowledge.

Il concetto centrale su cui ruota questo mio contributo è quello dell’ ortonomia del sentire nel pensiero di Franz Brentano[1]. Tale concetto rappresenta il fulcro della sua riflessione sulla conoscenza morale, la quale, in contrapposizione al razionalismo kantiano, attribuisce un ruolo preponderante alla sfera affettiva: Brentano crede che la conoscenza del bene non possa essere fondata solo su un’autonomia formale della ragion pratica, incentrata sul puro dovere per il dovere e disgiunta dalla sfera del Fühlen [2],. Tale argomentazione critica nei confronti di Kant verrà ripresa e rielaborata, in modi diversi, tanto da Husserl nelle Vorlesungen über die Wertethik[3], quanto da Scheler in Der Formalismus in der Ethik und die materiale Wertethik [4].

Il nostro intervento si articola in tre parti: nella prima, si discute la definizione e il significato di correttezza del sentire, partendo da una descrizione sintetica della classificazione delle attività psichiche presenti nella teoria psicologica di Brenta no; nella seconda, viene trattata la teoria della ortonomia del sentire in relazione alla valenza conoscitiva che la sfera affettiva assume in ambito morale; nella terza parte viene esposta e discussa la teoria brentaniana dei giudizi di valore, i quali sono interconnessi tanto a determinati giudizi, quanto a peculiari moti dell'animo (Gemütstätigkeiten).

In questa sede mi limito a mettere in luce gli aspetti fondamentali di tale complessa teoria: l’obiettivo è quello di inquadrare il legame esistente tra sfera affettiva e conoscenza morale. Tale tematica sembra essere trattata con profondo interesse sia da esponenti della scuola fenomenologica continentale, sia da filosofi di orientamento analitico o cognitivista[5].

Per comprendere più precisamente il concetto di ortonomia del sentire, occorre però aver presente l’intero fondamento della teoria intenzionale di Brentano, esposta approfonditamente nella sua opera principale Psychologie vom empirischen Standpunkt [6]: ritengo, quindi, che sia opportuno esporre sinteticamente la teoria intenzionale e quella delle psychische Klassen per poter comprendere meglio il fondamento della teoria della correttezza del sentire; la psicologia brentaniana è, prima di tutto, una psicologia degli atti psichici (Aktpsychologie), vale a dire una psicologia che si occupa di classificare e studiare i vari atti della coscienza come atti propriamente psichici e intenzionali[7].

1) La classificazione degli atti psichici e la teoria del corretto sentire etico in Brentano.

Nella sua opera principale, Psychologie vom empirischen Standpunkt, Brentano delinea sistematicamente i fondamenti categoriali della sua teoria dell'intenzionalità[8]. Egli, seguendo le orme di Cartesio, distingue le attività psichiche in tre classi fondamentali: Vorstellen (rappresentare); Urteilen (giudicare); Fühlen (sentire). Tale distinzione verrà da lui ripresa, sia nel saggio Vom Ursprung sittlicher Erkenntnis [9], sia nella raccolta delle lezioni universitarie sulla fondazione dell'etica Grundlegung und Aufbau der Ethik [10] , in quanto essa è il fondamento strutturale della sua gnoseologia.

1.1 Il rappresentare (Vorstellen)

Brentano rielaborando la teoria intenzionale di origine medievale[11], sostiene che ogni atto di coscienza è sempre un atto intenzionale, nel senso che si riferisce sempre ad un contenuto rappresentato. Occorre comprendere bene che cosa Brentano intenda con rappresentazione (Vorstellung). La tesi fondamentale può essere riassunta così: ogni atto mentale, logico o emozionale che sia, è fondato su una qualche rappresentazione primaria. Tale teoria si fonda su un sistema analogo, teorizzato da Cartesio, a cui Brentano, come già accennato precedentemente, si ricollega: egli parla di rappresentazioni in quanto atti intenzionali di per sé neutri, aventi un contenuto psichico oggettivo all’interno della coscienza medesima.

Ogni atto psichico è basato su una rappresentazione dell’oggetto, che viene percepito secondo le sue qualità fenomeniche e ricondotto, mediante l’analisi degli atti intenzionali, alla percezione interna (innere Wahrnehmung): tale concetto è il fulcro di tutta la teoria psicologica e metodologica del filosofo tedesco, in quanto la innere Wahrnehmung rappresenta l’elemento ineludibile di ogni atto intenzionale.

Brentano descrive la sua concezione di rappresentazione con queste parole:

Noi parliamo di un rappresentare, dove qualcosa ci appare sempre: quando noi vediamo qualcosa, ci rappresentiamo un colore; quando noi udiamo qualcosa, ci rappresentiamo un suono; quando noi fantastichiamo, ci rappresentiamo un’immagine fantastica. Nel senso più ampio generale in cui noi utilizziamo tale parola, possiamo dire: è impossibile che l’attività dell’anima si rapporti a qualcosa, senza che questo qualcosa non venga rappresentato. Se io sento e comprendo un nome, così mi rappresento ciò che tale nome raffigura; e, in generale, è proprio questo il fine del nome: evocare rappresentazioni[12].

Egli collega quindi ogni atto relazionale e intenzionale cognitivo ed emotivo della coscienza a delle rappresentazioni di base, le quali possono essere di varia natura, ma che hanno una valenza all'interno della coscienza stessa. Su questo assunto egli struttura il concetto di innere Wahrnehmung, fondamentale per il discorso relativo all’ ortonomia del sentire, sebbene tale teoria sia, in seguito, oggetto di revisione e critica da parte di Husserl (nella famosa fünfte logische Untersuchung [13] ) e di Scheler, il quale propenderà per un superamento critico di questa teoria internalista della percezione[14].

Leggendo attentamente il testo originale, si nota che Brentano ha una concezione molto ampia del Vorstellen, concezione inevitabilmente correlata alla percezione sensoriale. Se, ad esempio, vediamo il colore verde, non solo lo percepiamo, ma ce lo rappresentiamo, cioè lo interiorizziamo nella nostra facoltà di raffigurarlo in quanto quel determinato colore verde: esso assume un’oggettività all’interno dell’atto intenzionale, indipendentemente dalla realtà empirica esterna del colore stesso; ciò vuol dire, in altri termini, che la coscienza raffigura il colore verde in quanto oggetto mentale e non solo sensoriale.

In quest’ambito si articola la duplice tipologia di rappresentazione, qualificata da Brentano come diretta e obliqua. La rappresentazione diretta è quella nella quale un certo ente viene rappresentato in modo immediato (come nel caso della percezione chiara e distinta di cartesiana memoria); la rappresentazione indiretta è, invece, quella relativa ad un ente rappresentato in correlazione con altri enti che, per così dire, ne mediano il contenuto. Ad esempio, se io voglio rappresentare un quadrato, posso ottenerne una rappresentazione diretta disegnandolo con una matita su un foglio di carta; ma, se voglio rappresentare un quadrato definendolo concettualmente come figura geometrica dotata di quattro lati, allora ne ottengo una rappresentazione indiretta, poiché la sua rappresentazione sarebbe mediata da altre rappresentazioni concettuali (figura, lato, quattro), le quali servono a descriverne il concetto.

Per il discorso concernente la discussione sulla correttezza emozionale è importante notare che la rappresentazione in sé è alla base di ogni attività intenzionale della coscienza, sia intellettuale che emozionale, sia teoretica che pratica.

1.2 Giudizi ( differenza tra giudizi evidenti e giudizi ciechi)

La seconda classe degli atti intenzionali è quella del giudicare. Tale classe è articolata su un atto valutativo autonomo, incentrato su due modalità intenzionali: il riconoscere (Anerkennen) e il rifiutare (Verwerfen). Il giudizio, a differenza di quanto proposto dalla logica formale di tipo kantiano, non è sintesi di rappresentazioni, bensì atto conoscitivo autonomo che esprime un livello di intenzionalità valutativa.

Brentano non accetta, infatti, la teoria secondo la quale il giudizio sarebbe una semplice connessione di rappresentazioni separate tra di loro, poiché esso è piuttosto elaborazione attiva di rappresentazioni. Questo passaggio è particolarmente importante per comprendere il concetto di rettitudine intrinseca a ciò che è vero rispetto a ciò che non lo è. Il giudizio non è, secondo Brentano, l’unione di un soggetto e di un predicato in modo affermativo, negativo o disgiuntivo, bensì è l’atto del riconoscimento di un’effettualità oggettiva: quando diciamo che una cosa è evidentemente vera, la riconosciamo come evidentemente vera, quando affermiamo che una cosa è evidentemente falsa, la rifiutiamo logicamente (Verwerfen) in quanto falsa.

Brentano è dell’avviso che il criterio di validità dei giudizi dipenda dal loro grado di evidenza interna o innere Wahrnehmung. Per comprendere meglio questo concetto di percezione interna (sul piano dei giudizi logici), confrontiamo due semplici giudizi geometrici: «il triangolo ha tre lati» e il «triangolo ha quattro lati». Il primo giudizio ha un’evidenza tautologica intrinseca ed è vero in sé, mentre il secondo giudizio è invece falso in sé. Il primo giudizio, perciò, lo accettiamo come vero in sé, mentre il secondo lo rifiutiamo come falso in sé. L’evidenza interna al giudizio, collegato alla sua effettualità intenzionale, è il criterio di correttezza logica.

Nella classificazione brentaniana si mette in rilievo, in modo decisivo per la questione dell’ ortonomia emozionale e della sua plausibilità filosofica, la distinzione tra «giudizi evidenti» e «giudizi ciechi». Brentano delinea una definizione fondamentale per lo sviluppo della fenomenologia trascendentale, quella di evidenza. Tale definizione è strutturata su tre livelli semantici:

1) L’evidenza vale in generale, fatta eccezione per l’evidenza dell’autocoscienza, la quale è accessibile solo a colui che la possiede e agli altri soggetti è accessibile solo indirettamente (per analogia);

2) Né le rappresentazioni né i moti dell'animo possono essere di per sé definiti evidenti: solo alcuni giudizi lo sono. (Questo punto è fondamentale per evitare un fraintendimento della teoria brentaniana del bene come amore correttamente riconosciuto);

3) Il contesto dei giudizi evidenti è libero da errori e da dubbi, ma lo è solo in virtù del fatto che esso è strutturato su due livelli: quello assertorio e quello apodittico. Tali due livelli sono fondamentali perché fungono da colonne portanti dell’intera architettura logica brentaniana, su cui si erge poi il discorso relativo alla conoscenza etica.

Giudizi evidenti assertori

Brentano elabora l’idea di una percezione interna del pensiero, sulla quale si fonda tutta l’attività psichica umana. Il cogito cartesiano viene da lui rielaborato nel concetto già accennato di innere Wahrnehmung, la quale è proprio una sorta di appercezione (non nel senso di Kant, bensì in quello di Leibniz[15] ). L’appercezione è, quindi, per lui, una percezione dell’evidenza immanente alla coscienza (ein explizites evidentes Bemerken); tale percezione interna va, pertanto, letta come un criterio metodologico oggettivo di psicologia empirica, utilizzato per studiare i fenomeni psichici come atti interni alla coscienza stessa.

Giudizi evidenti apodittici (assiomi)

Accanto a questi si situano i giudizi evidenti apodittici, incentrati invece sugli assiomi. Questi assiomi sono intesi come veri e propri «giudizi di ragione» (Vernunfturteile). Questo tipo di evidenza quindi si fonda su una motivazione che si può strutturare su concetti logici razionali. Un esempio semplice è quello dei ragionamenti matematici o geometrici complessi (o teoremi), i quali sono scomponibili e riconducibili alle loro strutture assiomatiche.

Gli assiomi presentano alcune caratteristiche fondamentali:

-sono legati a rappresentazioni evidentemente universali;

-sono rappresentazioni non composte, ma primarie;

-la loro evidenza è di tipo apodittico ed è spiegabile solo attraverso giudizi.

Ogni conoscenza assiologica non possiede altro tipo di status che quello della innere Wahrnehmung. Colui che giudica assiomaticamente, valuta in modo negativo (da un punto di vista logico) e apodittico, poiché non può non negare ciò che contraddice la verità evidente e universale dell'assioma in sé preso.

In sintesi, dice Brentano:

Ogni atto di giudizio assiomatico giudica in modo negativo, apodittico, evidente a causa della percezione interna evidente [16].

La «percezione interna» è, pertanto, la percezione di riferimento di ogni atto valutativo apodittico, negativo ed evidente. Esiste, nella concezione brentaniana, un tipo di percezione che non è solo la sensazione (Empfindung), ma che è, invece, la percezione veritiera, fornita di un’evidenza incontrovertibile; ad esempio, la percezione interna del valore della vera amicizia. Il valore ideale dell’amicizia ha una evidenza propria, anche se si rimane delusi, ad esempio, dal comportamento di una persona che si riteneva amica, ma che in realtà, alla luce dei suoi comportamenti, non si rivela non esserlo. Ritengo che, in questo discorso specifico, Brentano rifondi il concetto di percezione, riconducendolo alla radice etimologica originaria della parola tedesca Wahrnehmung, che è scomponibile in due parole: Wahr (vero) e nehmen (prendere). La percezione interna è un prendere per vero; in ogni atto intenzionale si percepisce un qualcosa di intenzionato che può essere fondato assiologicamente (dai giudizi evidenti) o fondato arbitrariamente (dai giudizi ciechi). Questo passaggio è di estrema importanza per comprendere successivamente il discorso di Brentano sulla conoscenza morale dei valori. Egli parla di evidente Apperzeption e la mette in correlazione diretta con la innere Wahrnehmung, quindi rifonda il concetto di appercezione rispetto a quello kantiano e idealistico. Qui si erge il punto focale del discorso brentaniano relativo all’oggettività degli oggetti intenzionali della conoscenza etica: i valori.

1.3 La fondazione dell'ortonomia del sentire: la relazione tra giudizi e i moti dell'animo

La fondazione dell’ortonomia del sentire si basa sull’articolazione parallela sussistente tra i giudizi evidenti e i giudizi ciechi o istintivi. Com’è possibile, però, che tale articolazione possa conseguire un’oggettività di valore e divenire, pertanto, modalità di determinazione di giudizi di valore (Wertakte), i quali poi possano fungere da base per un’etica dei valori?

Per rispondere a tale domanda, è opportuno ricostruire in modo sistematico i vari passaggi argomentativi dell’architettura psicologico-descrittiva brentaniana.

a) Le analogie tra i giudizi e i moti dell’animo

Le analogie sono i criteri fondamentali della teoria morale brentaniana e della sua corrispondente teoria assiologica. Nella sfera psichica del giudicare si trovano, come accennato, due atti intenzionali: il «riconoscimento» (Anerkennung) il «rifiuto» (Verwerfung); nella sfera psichica del sentire abbiamo, invece, l’atto di amore e l’atto di odio. Tali dicotomie sono, simmetricamente, correlabili alla coppia: vero / falso (nell'ambito del giudicare) e alla coppia: corretto / scorretto (nell'ambito del sentire).

Seguendo il filo rosso dell’argomentazione di Brentano, possiamo affermare che i giudizi possono essere veri o falsi e che i moti dell’animo possono essere giusti o ingiusti. Il criterio di valutazione della verità dei giudizi e il criterio di valutazione della correttezza dei sentimenti di amore o di odio si incentrano su una dicotomia di tipo gnoseologico, che distingue non solo tra giudizi evidenti (basati su un’intrinseca razionalità) e giudizi ciechi (o dettati da impulsi irrazionali), ma anche tra moti dell’animo correttamente caratterizzati e non correttamente caratterizzati.

Il criterio della corretta caratterizzazione è il criterio dell’ortonomia emozionale. Tuttavia, com’è possibile essere sicuri che un determinato sentimento di amore o di odio sia correttamente caratterizzato? Per rispondere a tale quesito, occorre approfondire il significato terminologico dell'espressione correttamente caratterizzato.

Questa non sta ad indicare, sul piano della sfera affettiva, ciò che è incondizionatamente giusto in sé, ma si riferisce, piuttosto, a ciò che è giustamente sentito come giusto. Un sentimento d’amore è avvertito come giusto e buono, secondo Brentano, quando si rapporta ad un altro sentimento d’amore che è riconosciuto come degno di valore, in base ad un giudizio di evidenza. Sussiste, pertanto, un’intima correlazione tra un sentimento correttamente caratterizzato e il giudizio evidente (nella sfera logica), così come esiste un sentimento giusto che è in relazione ad un giudizio vero.

Possiamo tradurre tutto questo discorso in termini chiari e precisi, proponendo un esempio molto lampante: l’amore per la conoscenza. Tutte le persone dotate di un intelletto ragionevole possono concordare sul fatto che normalmente gli uomini tendono a preferire la conoscenza, seppur imperfetta e lacunosa, ad uno stato di ignoranza. Ebbene, tale evidenza si basa, partendo dal discorso brentaniano, su una rappresentazione che è alla base dell’affermazione concernente la preferibilità assiologica della conoscenza sull’ignoranza. Tale rappresentazione si struttura, a sua volta, sull’analogia tra un giudizio evidente e, quindi, idealmente universale (quello secondo cui la conoscenza è un bene in sé), e un sentimento corrispondente correttamente caratterizzato, in tal caso un sentimento d’amore per il sapere e di odio per il non sapere. Questo esempio è molto chiaro e comprensibile e permette di mettere in luce un altro elemento fondamentale: la distinzione tra sentire sensibile e sentire intelligibile. Ciò permette a Brentano di estendere il concetto di piacere (Lust / Unlust) dalla sfera propriamente sensoriale a quella noetica, superando la visione sensistica del piacere da cui prendeva le mosse Kant nella fondazione della sua teoria morale[17].

Le conseguenze metodologiche e filosofiche di tale impostazione filosofica saranno fondamentali per lo sviluppo delle teorie fenomenologiche successive. L’affermazione dell’esistenza di un sentimento di piacere noetico intrinseco all’atto di un corretto amore nei riguardi di ciò che è degno di essere amato (richtige anerkannte Liebe), conduce all’idea che esista una relazione diretta tra Anerkennen und Lieben. Infatti, Brentano afferma:

Diciamo che qualcosa è vero quando l ’ accettazione che lo riguarda è giusta. Diciamo che qualcosa è buono quando l ’amore ad esso relativo è giusto. Ciò che deve essere amato con giusto amore, ciò che è degno di essere amato, ecco il bene nel senso più ampio della parola [18].

Il criterio della cosiddetta ortonomia morale si mostra come una sorta di equazione o adeguazione tra una giusta valutazione apodittica e un sentimento (o moto dell’animo) correttamente caratterizzato. Tale ortonomia, quindi, è basata non solo su un’affettività pura e immediata, ma anche su una valutazione che è sia intellettiva che emozionale e, dunque, praticamente volitiva (sul piano etico). L’amore correttamente caratterizzato è quello orientato ad un oggetto che è in sé degno di amore. Brentano parla, infatti, di Liebeswürdigkeit.

Come si fa a comprendere, in modo ortonomico, che un atto intenzionale d'amore è in sé giusto e corretto? Per rispondere a tale quesito è opportuno introdurre e analizzare i Werturteile (i giudizi di valore) in relazione ai moti dell’animo (amore / odio; riconoscimento / rifiuto) e ai giudizi puramente intellettivi (o logici), tentando di comprendere in che misura i giudizi di valore possano acquisire una loro intrinseca apoditticità, su cui si fonda l’ortonomia affettiva in quanto ortonomia motivazionale. Brentano, infatti, sostiene che non è la volontà a muoverci al bene, ma l’amore correttamente inteso. L’amore correttamente riconosciuto orienta la volontà al bene, rendendola, perciò, buona volontà.

b) La fondazione ortonomica dei giudizi di valore (Werturteile)

I giudizi di valore (Werturteile) sono la risultante della corrispondenza tra la sfera intellettiva e quella affettiva nella loro intrinseca interdipendenza intenzionale.

Anzitutto ritengo opportuno mettere in rilievo la differenza tra moti dell’animo e giudizi di valore. Non tutti i moti dell’animo sono oggetto di giudizi apodittici: alcuni giudizi, legati a sensazioni emozionali soggettive e variabili, che Brentano definisce giudizi ciechi o impulsivi, hanno una valenza relativa solo al soggetto che li esprime; essi sono soltanto assertori, ma non universali e, quindi, non hanno valenza apodittica. I moti dell’animo che sono invece oggetto di un giudizio apodittico, il quale porta ad un riconoscimento in sé evidente, sono i cosiddetti sentimenti correttamente caratterizzati. Riprendendo l’esempio precedente, quello relativo al valore della conoscenza, potremmo chiederci se esso sia in sé accettabile, mediante un atto di preferenza della conoscenza sull’ignoranza o viceversa. Il principio assiologico di fondo impone la correttezza del giudizio e quindi dell’atto emozionale ad esso corrispondente: in ciò consisterebbe, secondo Brentano, il criterio di valutazione motivazionale. I giudizi di valore sono la risultante di una concordanza intrinseca tra atti intenzionali distinti, ma tra di loro correlati[19]. I giudizi di valore si relazionano non solo alla sfera emozionale, ma anche a quella logica e intellettiva, per via dell’esistenza di un piacere non solo sensibile, bensì noetico (di cui ho parlato precedentemente).

I giudizi di valore trovano il loro criterio di apoditticità nella relazione con i giudizi intellettivi o logici, i quali ne sono il criterio determinante per la loro oggettività psichica. Tale oggettività è radicata in una correlazione immanente tra atti logici evidenti e atti valutativi (che hanno anche una componente affettiva). A prescindere dal concetto di evidenza, che meriterebbe una trattazione a parte, ciò che è importante notare è che i giudizi di valore, basati su corretti atti affettivi, assumono una loro apoditticità gnoseologica in ambito pratico.

Se confrontiamo giudizi evidenti di tipo valutativo (la conoscenza è un bene) con un giudizio logico-matematico formale (2+2=4), notiamo una differenza fondamentale: entrambi i giudizi sono basati, nell’ottica di Brentano, su rappresentazioni, tuttavia questi giudizi sono posti su piani assiologici diversi tra di loro: la conoscenza in sé (intesa come valore ideale) è, infatti, superiore ad un puro e semplice calcolo matematico del tipo 2+2=4. Dire che la conoscenza è un bene significa affermare la sua apodittica evidenza; tale affermazione può avere, in ambito pratico, una funzione motivazionale[20], mentre un puro e semplice calcolo matematico non è che un’attestazione di una verità evidente e logica, la quale non ha una funzione, presa di per sé, motivazionale[21]. La conoscenza è degna d’amore di per sé, mentre un calcolo matematico non lo è di per sé: ciò vuole dire che un elemento conoscitivo ha valore solo se inserito in un contesto di valore più alto che è quello della conoscenza come processo di formazione dell’uomo.

c) L’ortonomia, l’imperativo etico brentaniano e le modalità della motivazione morale.

Gettando uno sguardo sintetico all’intera tessitura psicologico-descrittiva brentaniana relativa alla sfera etica, vediamo che il nostro autore definisce il bene come ciò che è amato con «amore rettamente riconosciuto» (richtige anerkannte Liebe) [22]. Questa definizione è il fulcro strutturale della teoria ortonomica degli affetti di Brentano, in quanto l’amore, qui, non è inteso come pulsione puramente irrazionale, ma come uno slancio morale, che può essere riconosciuto in relazione all'oggetto dell'amore. In tale dottrina si sente l’eco agostiniana della famosa massima Ama et fac quod vis [23], ma anche dell’etica aristotelica.

Il giusto metro di valutazione dell'amore e della sua adeguatezza pratica è, però, il principio ortonomico stesso, il quale è chiamato non a definire il bene in assoluto, ma a conoscerlo nel concreto, in un esercizio di disciplina emozionale che dovrebbe tendere a perseguire il bene per quanto possibile. Non a caso l’imperativo categorico di Brentano recita: Tue das Beste unter deinem Erreichbaren! (Fai la cosa migliore tra quelle che sono realizzabili): tale massima va intesa come imperativo ipotetico materiale e non categorico-formale. È un imperativo alternativo al dovere per il dovere di Kant. Tale imperativo non è autonomo, bensì ortonomo, in quanto presuppone la ponderazione situazionale della sua realizzabilità corretta. Ciò implica, trascendentalmente, una percezione emozionale e intellettiva di valori, tra di loro confrontabili e ordinabili: ciò che è migliore lo è in vista di una determinata situazione concreta, nella quale si è chiamati a scegliere o preferire un bene piuttosto che un altro, ponderandolo secondo il criterio della somma[24].

Per raggiungere un’adeguata e commisurata conoscenza morale basata non sulla volontà razionale autonoma, bensì su una affettività ortonomica (o adeguata alla legge intrinseca di un bene da attuarsi in una certa situazione), occorre analizzare la teoria delle motivazioni che si possono dedurre dalla teoria di Brentano.

Si possono distinguere tre tipi di motivazioni morali, legati ai vari tipi di apoditticità valutativa di vari giudizi e atti affettivi correttamente riconosciuti:

-Mediante concetti, motivazione nella quale si tratta, specificatamente, di un’evidenza apodittica di elementi logici intrinseci agli atti valutativi (Wertakte). Tale motivazione è puramente assiologica ed è quella che fonda i famosi assiomi brentaniani del tipo «la presenza di un bene è di per sé un valore»; «l'assenza di un male è di per sé un valore»; «la somma del bene A e B è superiore ai beni A e B presi singolarmente».

-Mediante i giudizi, basati su una appercezione della innere Erfahrung. Qui si intende la motivazione basata su un’evidenza interna ad una coscienza normativa di per sé universale e oggettiva. Si prenda, ad esempio, il giudizio di valore: «la conoscenza è un bene»; se si parte dalla definizione del bene come ciò che è amato con amore correttamente riconosciuto, se ne deduce che la conoscenza è da amarsi e non da odiarsi. Se la conoscenza fosse da odiarsi, infatti, non sarebbe più un bene, bensì un male, ma la cosiddetta esperienza interna della coscienza attesta proprio il contrario.

-Mediante moti dell’animo o atti affettivi intenzionali presi di per sé. In termini semplici si potrebbe dire che questo tipo di motivazione avviene mediante un sentire immediatamente l’amore per il bene e l'odio per il male.

Queste tre tipologie di modalità motivazionali sono alternativamente presenti nel pensiero psicologico e filosofico morale di Brentano[25].

Conclusioni

Il tema dell’ortonomia del sentire in Franz Brentano ha avuto un successo duplice e interessante da analizzare. Se egli, da un lato, riprendendo il concetto medievale d’intenzionalità e ampliandolo teoreticamente, apre la strada alla prospettiva fenomenologica, dall’altro presenta una teoria delle emozioni (subordinate alle rappresentazioni e ai giudizi) che è stata accettata solo parzialmente dai fenomenologi successivi[26], mentre è stata ripresa in gran parte della filosofia cognitivista contemporanea, concernente la teoria delle emozioni come atti giudicanti, fondati su giudizi emozionali[27]. La riflessione di Brentano rimane, a mio avviso, ancora densa di interessanti spunti per un dibattito sulla possibilità di una oggettività ortonomica dell’affettività e del suo ruolo conoscitivo e valutativo nella sfera della conoscenza morale soprattutto per ciò che riguarda la possibilità di una conoscenza personale e interpersonale del bene.

[...]


[1] L’ ortonomia viene utilizzata da Brentano per descrivere la sua impostazione psicologista in contrapposizione alla teoria dellʼautonomia della ragion pratica kantiana: non si tratta, per lui, di stabilire una legge autonoma della ragion pratica, ma di fondare una norma pratica che non sia solamente legge morale (das moralische Gesetzt), ma che sia originata da una conoscenza concreta del bene (das Gute). Su tale tematica cfr. A. IALENTI, Franz Brentano und die Grundlegung einer Moralphilosophie des Gefühls, «Dialegesthai. Rivista telematica di filosofia», 10 (2008) disponibile su: http://mondodomani.org/dialegesthai.

[2] F. BRENTANO, Vom Ursprung sittlicher Erkenntnis, Leipzig 1889, pp. 16-18, tr. it. Sull'origine della conoscenza morale, Brescia 1966, pp. 20-22.

[3] Si veda: E. HUSSERL, Vorlesungen über die Wertethik, Husserliana XXVIII, pp. 75-121.

[4] M. SCHELER, Der Formalismus in der Ethik und die materiale Wertethik, Gesammelte Werke II, pp. 79-84, tr. it. Il formalismo nell'etica e l'etica materiale dei valori, Milano 1996. Scheler riprende la teoria degli assiomi di Brentano, riconoscendogli il merito di aver visto con esattezza i limiti del razionalismo etico kantiano. Occorre, tuttavia, sottolineare che Scheler non condivide il primato gnoseologico della rappresentazione (Vorstellung) sulla percezione emozionale del valore (Wertnehmung), sostenuto da Brentano: Scheler ritiene, al contrario, che sia la Wertnehmung affettiva ad avere una priorità sulla Wahrnehmung. Per un approfondimento specifico cfr. G. CUSINATO, Katharsis, Napoli 1999, 167-174.

[5] Sorprendenti affinità tematiche si trovano anche in diversi autori contemporanei di area anglosassone. Si veda: M. NUSSBAUM, Upheavals of Thought. The intelligence of emotions, Cambridge 1999, tr. it L’intelligenza delle emozioni, Bologna 2004; T. CRANE, Intentionalität als Merkmal des Geistigen: Sechs Essays zur Philosophie des Geistes, Frankfurt am Main 2007.

[6] BRENTANO, Psychologie vom empirischen Standpunkt, Leipzig 1874; tr. it., Psicologia dal punto di vista empirico, Roma 1997.

[7] Per una trattazione approfondita del concetto di intenzionalità psichica in Brentano cfr. M. ANTONELLI, Seiendes, Bewußtsein, Intentionalität im Frühwerk von Franz Brentano, Freiburg 2001, 81-134.

[8] BRENTANO, Psychologie vom empirischen Standpunkt cit., I 68-102, tr. it., La psicologia da un punto di vista empirico, Roma 1997, vol. I , 75-106.

[9] BRENTANO, Sull ’ origine della conoscenza morale, cit., pp. 27-35.

[10] BRENTANO, Grundlegung und Aufbau der Ethik, Hamburg 1955, pp. 52-68.

[11] Per una ricostruzione storico-filosofica sulle origini antiche della teoria della intenzionalità, cfr. D. PERLER, Theorien der Intentionalität im Mittelalter, Frankfurt am Main 2002.

[12] BRENTANO, Psychologie unter einem empirischen Standpunkt cit., II, p. 27.

[13] HUSSERL, Logische Untersuchungen, Berlin 2008, § 24-35.

[14] Per ciò che concerne il fondamentale concetto di indifferenza psicofisica, cfr. M. SCHLOSSBERGER, Die Erfahrung des Anderen, Berlin 2005, pp. 151-178.

[15] Si veda: BRENTANO, Vom Ursprung sittlicher Erkenntnis cit., pp. 76-79, tr. it., Sull'origine della conoscenza morale, cit., pp.

[16] BRENTANO, Die Lehre vom richtigen Urteil, Bern 1956, p. 168. Il passaggio è stato qui tradotto da me direttamente in lingua italiana.

[17] La prospettiva dualistica di Kant tende a identificare il piacere (Lust) con una inclinazione sensibile egoistica (Neigung), la quale viene contrapposta al sentimento del dovere (Pflichtgefühl) e del rispetto (Achtungsgefühl) che sono, secondo Kant, gli unici sentimenti intelligibili. Si veda KANT, Critica alla ragion pratica, tr. it., Milano 2000, pp. 69-74

[18] BRENTANO, Sull ’origine della conoscenza morale cit., 34-35.

[19] L’identificazione di bene e valore teorizzata da Brentano verrà rimessa in discussione da Max Scheler Si veda: SCHELER, Der Formalismus in der Ethik und die materiale Wertethik cit., pp. 3-26.

[20] Si potrebbe dire che si studia e si ricerca, perché si è mossi dalla consapevolezza assiologica della conoscenza come valore e, quindi, da un amore per essa.

[21] In tale impostazione teoretica si nota come Brentano riprenda concettualmente la distinzione leibniziana tra verità di ragione e verità di fatto.

[22] BRENTANO, Sull ’ origine della conoscenza morale cit., 35

[23] AGOSTINO, In Io. Ep. tr. 7, 8.

[24] Cfr. Brentano, Sull ’ origine della conoscenza morale cit., 45-48. Brentano crede, in sintesi, che la somma valga più delle sue parti e che, in ambito etico, la somma di più beni sia superiore ai singoli beni. Sotto tale punto di vista Brentano sembra concordare con il criterio della universalizzazione della massima kantiana, sebbene egli, come già ho messo in evidenza, non condivida l’imperativo categorico in quanto esso, a suo parere, non dice nulla circa il contenuto morale e la sua correttezza rispetto al bene che si vuole attuare.

[25] Alcuni interpreti di Brentano come Kastil propendono per un primato della motivazione emozionale pura (la terza da noi elencata), cfr. A. KASTIL, Die Philosophie Franz Brentanos. Eine Einführung in seiner Lehre, Bern 1951, pp. 82-97. Katkov sostiene, invece, la priorità del criterio della motivazione concettuale (la prima da noi elencata): cfr. G. KATKOV, Untersuchung zur Werttheorie und Theodizee, Brünn 1937, pp. 46-58.

[26] Edmund Husserl, Max Scheler, Edith Stein e Nicolai Hartmann, pur condividendo taluni assunti brentaniani (come quello della centralità dell'amore nel processo di Wertfühlen, propongono modelli di analisi che si sganciano dal presupposto brentaniano di una non-originarietà di moti emozionali valutativi a livello etico-morale.

[27] Si vedano autori come: R. GORDON, The Structure of Emotions: investigation in cognitivistic Philosophy, Cambridge 1987; R. DE SOUSA, The Rationality of Emotions, Cambridge 1987.

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Details

Titel
Orientamento e sfera affettiva: l’ortonomia del sentire in Franz Brentano
Veranstaltung
Convengo: "Cura sui" e autotrascendimento (Verona, 22-24 November 2012)
Autor
Jahr
2012
Seiten
13
Katalognummer
V284747
ISBN (eBook)
9783656852247
ISBN (Buch)
9783656852254
Dateigröße
535 KB
Sprache
Italienisch
Schlagworte
orientamento, franz, brentano
Arbeit zitieren
Alessandro Ialenti (Autor:in), 2012, Orientamento e sfera affettiva: l’ortonomia del sentire in Franz Brentano, München, GRIN Verlag, https://www.grin.com/document/284747

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