Lezioni di dizione inglese


Fachbuch, 2016

139 Seiten


Leseprobe


INDICE

Indice delle sigle

Indice delle illustrazioni

Fonti delle illustrazioni

Introduzione

Parte prima Input teorico ed esercizi
1. La fonetica
2. L’alfabeto inglese
3. L’apparato fonatorio
4. L’Alfabeto Fonetico Internazionale
5. Le consonanti
5.1 Le occlusive
5.2 Le fricative
5.3 Le affricate
5.4 Le nasali
5.5 Le laterali
6. Le approssimanti
7. Le vocali
8. I tratti prosodici
8.1 La linea melodica della parola (accento)
8.2 La linea melodica della frase (intonation)

Parte seconda Letture ed ascolti
9. Letture e ascolti
9.1 Lord Byron, She walks in beauty
9.2 Lord Byron, Love and death
9.3 Percy Bysshe Shelley, The cloud
9.4 William Shakespeare, Sonnet 29
9.5 William Shakespeare, Sonnet 55
9.6 Samuel Taylor Coleridge, Frost at Midnight

BIBLIOGRAFIA

SITOGRAFIA

Indice delle sigle

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Indice delle illustrazioni

Fig. 1 Apparato fonatorio

Fig. 2 Colpi di chiave sul flauto

Fig. 3 Luoghi di articolazione

Fig. 4 Consonanti, vocali e approssimanti

Fig. 5 Grafico delle vocali dell’inglese

Fig. 6 Posizione delle labbra nella pronuncia di [ə]

Fig. 7 Posizione delle labbra nella pronuncia di [ʌ]

Fig. 8 Falling intonation

Fig. 9 Rising intonation

Fonti delle illustrazioni

Fig. 1 Federico Albano Leoni e Pietro Maturi, Manuale di fonetica, Roma: Carocci, 2002, 32.

Fig. 2 Produzione propria

Fig. 3 Adattato da Peter Ladefoged e Ian Maddieson, The Sounds of the World's Languages, Hoboken: Wiley-Blackwell, 1995, 13-14.

Fig. 4 Produzione propria

Fig. 5 https://commons.wikimedia.org/wiki/File:English_vowel_chart.png

Fig. 6 https://www.youtube.com/watch?v=2BmkUa4Mv60 , a 1.28

Fig. 7 https://www.youtube.com/watch?v=_63fTgbG-yQ , a 0.22

Fig. 8 http://trizuckr.com/rising-and-falling-intonation-patterns/

Fig. 9 http://www.french.hku.hk/starters/malet/chap3.htm

Introduzione

Parlare correttamente una lingua straniera richiede l’uso di un vocabolario ampio e preciso, la competenza nell’uso delle strutture grammaticali e sintattiche, e, ultimo ma non meno importante, una corretta pronuncia.

Chi, per motivi di studio o professione, deve interpretare un testo in inglese, recitandolo o cantandolo, può mettere momentaneamente in secondo piano il poter disporre di un ampio vocabolario e l’essere competente nell’uso delle strutture grammaticali e sintattiche, ma deve concentrare ancora di più la sua attenzione sulla corretta pronuncia.

Dal momento che difficilmente la performance verrà ripetuta nel corso dello stesso evento, e che la necessità di mantenersi fedeli al testo non ne permette la riformulazione, è essenziale che il performer porga il testo stesso in maniera facilmente comprensibile per l’ascoltatore.

Solo così quest’ultimo potrà individuare ed apprezzare la ricchezza lessicale, i riferimenti extratestuali, le particolarità sintattiche, e in generale la poetica dell’autore.

Da questi presupposti discende l’importanza del corso di dizione inglese in Conservatori e Accademie, che si pone in continuità con i corsi di lingua straniera e poesia per musica e drammaturgia musicale.

Il volume è strutturato in due parti: la prima verte sull’input teorico e le esercitazioni pratiche, la seconda comprende alcuni testi di famose poesie, corredate dalle traduzioni in italiano e dai link per l’ascolto.

Ben lungi dal proporsi obiettivi di esaustività, il presente lavoro intende rappresentare un agile e sintetico ausilio per la sistematizzazione delle conoscenze e la loro trasformazione in competenze.

Parte prima Input teorico ed esercizi

1. La fonetica

Un atto comunicativo linguistico orale si realizza quando un parlante emette dei suoni e un ascoltatore li percepisce. I suoni emessi del parlante si propagano nell’aria sotto forma di onde sonore[1].

Le tre branche della fonetica studiano i tre diversi aspetti di questo processo:

- la fonetica articolatoria studia il modo in cui i suoni linguistici sono prodotti dal parlante
- la fonetica acustica si concentra sul modo in cui i suoni linguistici sono trasmessi nell’aria
- la fonetica uditiva incentra la sua attenzione sul modo in cui i suoni linguistici sono percepiti dall’ascoltatore[2].

La fonetica articolatoria è la più antica delle tre discipline. Essa descrive l’anatomia degli organi che producono i suoni linguistici e il processo mediante il quale questi organi producono i suoni, e fornisce i criteri e i termini per la classificazione dei suoni[3].

In Occidente l’interesse per il modo di produzione dei suoni linguistici ha assunto modalità di indagine e classificazione di tipo scientifico verso la fine del XVIII secolo. Ciò probabilmente si è verificato anche perché in quel periodo si sono diffuse in Occidente le opere di studiosi della grammatica sanscrita: quest’ultima poneva infatti attenzione ai modi di produzione dei suoni linguistici fin dal V secolo a.C.[4]

La fonetica acustica e la fonetica uditiva sono sorte assai più recentemente, quando strumenti e apparecchiature per le telecomunicazioni e per le indagini mediche hanno reso possibile uno studio scientifico dei fenomeni sui quali tali discipline incentrano i loro studi.

Queste lezioni si incentrano unicamente sulla fonetica articolatoria, per diverse ragioni:

1) il campo di indagine studia processi semplici, dei quali ogni parlante ha esperienza diretta e sui quali può dunque concentrare agevolmente la sua attenzione
2) i concetti della fonetica articolatoria costituiscono la base per lo studio delle altre due discipline
3) i concetti delineati e i processi osservati, descritti e analizzati nella fonetica articolatoria sono utili agli studenti di lingua inglese e dizione inglese, anche qualora queste ultime discipline siano approfondite in percorsi di studio in cui il focus è distinto dagli aspetti linguistici propriamente detti, come avviene ad esempio nei corsi di laurea in Scienze politiche e nei corsi di diploma accademico di Conservatori e Accademie.

2. L’alfabeto inglese

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Alcune di queste lettere, quelle in grassetto, hanno suono uguale o molto simile alle stesse lettere nell’alfabeto italiano e nelle parole ormai entrate nell’uso dei parlanti italiano.

Negli esempi che seguono l’attenzione va concentrata appunto sulla lettera in grassetto.

Esempi

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Tuttavia, diversamente da quanto accade per l’italiano e altre lingue (come ad esempio il turco), in cui vocali, consonanti e gruppi consonantici hanno una corrispondenza stabile tra forma scritta e pronuncia, in inglese solo pochi foni hanno una corrispondenza stabile tra forma scritta e pronuncia.

Oltre a questo, naturalmente, bisogna tener presente che vi è differenza di pronuncia tra l’inglese britannico e l’inglese americano, e che vi sono varianti regionali e addirittura dialettali.

Per tutti questi motivi è opportuno concentrarci inizialmente sui vari suoni da pronunciare, sulle modalità di pronuncia, sul modo in cui tale suono è trascritto nell’alfabetico fonetico internazionale, e poi sui diversi modi in cui questo suono può essere reso nella forma scritta.

3. L’apparato fonatorio

L’apparato fonatorio è l’insieme delle strutture anatomiche che l’uomo utilizza per parlare. È formato dai seguenti organi: polmoni, bronchi, trachea, laringe con le corde vocali (o pliche vocali), faringe (o retrobocca), cavità orale. Tutti questi organi svolgono anche altre funzioni: respirazione e/o digestione.

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Fig. 1 Apparato fonatorio

Nella cavità orale possiamo distinguere:

- cavità nasali
- palato duro
- palato molle (velo palatino, velo del palato)
- alveoli
- denti
- labbra
- lingua
- apice della lingua
- dorso della lingua
- radice della lingua

Alcune di tali parti sono mobili (lingua, labbra, corde vocali), altre sono fisse (palato, alveoli, denti).

Durante la fonazione un flusso d’aria che proviene dai polmoni passa attraverso laringe, faringe, cavità orale (o nasale), labbra.

In questo percorso il flusso d’aria può trovare dinanzi a sé degli ostacoli. È appunto l’incontro che si realizza tra il flusso d’aria e gli ostacoli in cui esso si imbatte a generare i diversi suoni linguistici (foni)[5].

I suoni linguistici, o foni, si distinguono in base a tre fondamentali caratteristiche:

- luogo di articolazione (ossia quali parti anatomiche producono il suono)
- modo di articolazione (ossia come agiscono queste parti anatomiche per produrre il suono)
- sonorità (ossia con o senza vibrazione delle corde vocali).

Possiamo paragonare queste caratteristiche a quelle che identificano i suoni prodotti dagli strumenti musicali:

- luogo di articolazione: in ambito musicale possiamo pensare ad uno strumento a corda, in cui il punto in cui la corda viene bloccata (ad esempio mediante la pressione delle dita della mano sinistra dell’esecutore) stabilisce quale sarà l’altezza del suono quando la corda viene sollecitata
- modo di articolazione: in ambito musicale possiamo pensare alla differenza tra suoni legati e suoni staccati, o alla differenza che si ottiene producendo il suono con l’archetto o pizzicando la corda col polpastrello di un dito della mano destra
- sonorità: in ambito musicale generalmente si ha sempre la presenza di vibrazione del corpo sonoro, altrimenti ovviamente non si avrebbe suono. Ad esempio nel flauto, la produzione del suono prevede la vibrazione della colonna d’aria generata all’interno dello strumento dal fiato dell’esecutore[6]. Tuttavia possiamo stabilire un’analogia tra l’assenza di vibrazione delle consonanti sorde e il colpo di chiave nel flauto, un suono che si ottiene percuotendo la chiave con forza in modo da produrre un suono percussivo, ma che può non essere accompagnato dal suono normalmente prodotto col fiato. In tal modo non viene messa in vibrazione la colonna d’aria usualmente generata dal fiato dell’esecutore. Un effetto simile si può ottenere anche sugli ottoni, agendo sulle valvole, sul corpo dello strumento o sulla campana.

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Fig. 2 Colpi di chiave sul flauto

4. L’Alfabeto Fonetico Internazionale

Già nel XVIII secolo lo studioso inglese William Jones sosteneva la necessità di individuare un alfabeto specifico, più adatto di quello latino a trascrivere i suoni delle lingue orientali[7]. La sua idea venne messa in pratica a partire dal secolo successivo: si svilupparono così diversi sistemi di trascrizione fonetica, miranti a trascrivere foneticamente, nel modo più preciso possibile, i suoni linguistici di qualsiasi lingua.

Il più diffuso di tali sistemi è l’Alfabeto Fonetico Internazionale, usato per la prima volta nel 1888[8] e man mano integrato con nuovi suoni individuati in lingue prima non conosciute.

E’ importante comunque considerare che ogni trascrizione fonetica, in quanto razionalizzazione delle caratteristiche fonetiche di un atto linguistico percepito, è in qualche misura soggettiva, e può essere realizzata a diversi livelli di dettaglio.

L’Alfabeto Fonetico Internazionale utilizza molte lettere dell’alfabeto latino, altri simboli grafici e segni diacritici.

La trascrizione fonetica si pone tra [ ], e ha

1) un simbolo specifico per ogni suono
2) un simbolo per indicare quale sillaba di una parola va accentata: un apice posto immediatamente prima di una sillaba ci dice che quella sillaba va accentata:

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Nelle parole composte da diverse sillabe è possibile indicare, con un pedice, un accento secondario

ad esempio: nell’italiano

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3) un simbolo per indicare che un suono va prolungato

[:] posti dopo una vocale ci dicono che quella vocale va prolungata

Esempio, nell’inglese

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Invece, per indicare che una consonante va prolungata, si ricorre generalmente al raddoppiamento del simbolo corrispondente.

Esempio, nell’italiano

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Concentriamo ora la nostra attenzione sui simboli usati per indicare i diversi suoni: spesso questi simboli sono uguali alle lettere dell’alfabeto:

ad esempio, nell’italiano

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ad esempio, nell’inglese

mist [mɪst] foschia

E’ importante ricordare però che a volte il simbolo fonetico indica un suono diverso da quello che noi italiani associamo ad una certa lettera: ad esempio il simbolo [z] indica la s sonora.

Ad esempio, nell’italiano

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5. Le consonanti

La prima distinzione può essere istituita tra vocali e consonanti.

Una vocale è un suono che viene prodotto in maniera tale che, nella zona della cavità orale, nessun ostacolo si frappone all'aria emessa dai polmoni[9]:

esempi di vocali nell’italiano:

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Notiamo che nella pronuncia di queste vocali nessuna parte della cavità orale (ad esempio le labbra o la lingua) si muove in modo tale da ostacolare l’uscita dell’aria.

Per quanto riguarda invece le consonanti, già il termine ci dice che questi suoni possono essere pronunciati solo in appoggio e con l'aiuto di una vocale. Questo avviene perché una consonante è articolata, ponendo un ostacolo all'aria che esce dai polmoni: in tal modo si produce un rumore caratteristico con la fuoriuscita dell’aria, e questo rumore è “colorato” dalla vocale che viene pronunciata insieme ad esso.

Facciamo un esempio: chiudiamo bene le labbra e spingiamo l’aria dall’interno della bocca, mantenendole chiuse. A un certo punto allontaniamo le labbra l’una dall’altra e lasciamo uscire l’aria: otteniamo il suono [p].

Ma a seconda di come disponiamo le labbra al momento dell’uscita dell’aria, avremo la vocale alla quale la consonante [p] si appoggia: se teniamo la bocca con la massima apertura avremo [pa], se teniamo la bocca con la massima chiusura, mandando avanti le labbra, avremo [pu].

All’interno delle consonanti possiamo distinguere due grandi gruppi: le consonanti sorde, che vengono pronunciate senza vibrazione delle corde vocali; le consonanti sonore invece vengono pronunciate con la vibrazione delle corde vocali.

Esempi nell’italiano

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Spesso si hanno coppie di consonanti, che sono uguali per il luogo di articolazione e il modo di articolazione e si distinguono soltanto per la sonorità, ossia un elemento della coppia è una sorda e l’altro elemento è una sonora.

Esempi, nell’italiano e nell‘inglese

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Esercitazione

Distinguiamo, e trascriviamo con gli opportuni simboli dell’Alfabeto Fonetico Internazionale, i suoni iniziali delle seguenti coppie

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Fig. 3, Luoghi di articolazione

5.1 Le occlusive

Le consonanti [p], [b], [t], [d], [k], [g] si chiamano occlusive, perché il passaggio dell’aria è completamente impedito da un’occlusione, ossia da un ostacolo:

1) [p] e [b] sono dette occlusive bilabiali, perché l’occlusione (ossia il blocco dell’aria) è data dalle labbra che vengono utilizzate entrambe (ecco perché sono denominate bi-labiali) chiudendole l’una contro l’altra: il meccanismo di articolazione è lo stesso per la [p] e la [b], e la differenza è data unicamente dalla sonorità: [p] è sorda, ossia non c’è vibrazione delle corde vocali, [b] è sonora, ossia c’è vibrazione delle corde vocali
2) [t] e [d] sono dette occlusive alveolari, perché l’occlusione è data dalla lingua, la cui punta (apice) si appoggia sugli alveoli, ossia subito dietro ai denti. Il meccanismo di articolazione è lo stesso per la [t] e la [d], e la differenza è data unicamente dalla sonorità: [t] è sorda, ossia non c’è vibrazione delle corde vocali, [d] è sonora, ossia c’è vibrazione delle corde vocali
3 [k] e [g] sono dette occlusive velari, perché l’occlusione (cioè il blocco dell’aria) è realizzata dalla lingua, il cui dorso si appoggia sul velo palatino, ossia il palato molle che sta dietro il palato duro. Il meccanismo di articolazione è lo stesso per la [k] e per la [g], la differenza è data unicamente dalla sonorità: [k] è sorda, ossia non c’è vibrazione delle corde vocali, [g] è sonora, ossia c’è vibrazione delle corde vocali.

[...]


[1] Giancarlo Schirru, Dispensa di fonetica, 2, http://webcache.googleusercontent.com/search?q=cache:wK4Cw6cAGEEJ:linguistica.unicas.it/schirru/fonetica_dispensa.pdf+&cd=1&hl=it&ct=clnk&gl=it, (accesso 12.07.2016).

[2] Federico Albano Leoni e Pietro Maturi, Manuale di fonetica, Roma: Carocci, 2002, 19.

[3] Albano Leoni e Maturi, Manuale …, 20.

[4] Arthur A. Macdonell, A Sanskrit Grammar for Students, London: Oxford University Press, 1927, x.

[5] Federica Da Milano, Istituzioni di linguistica, http://webcache.googleusercontent.com/search?q=cache:wo6JRevr334J:www.formazione.unimib.it/DATA/Insegnamenti/8_1704/materiale/lezione4.ppt+&cd=1&hl=it&ct=clnk&gl=it (accesso 12.07.2016).

[6] Rossella Marisi, Wind Instruments: Storia e tecnologia degli strumenti a fiato, München-Ravensburg: GRIN, 2011, 139-140; Pietro Lichtenthal, Dizionario e bibliografia della musica, Milano: Fontana, 1836, 353.

[7] William Jones, ‘A Dissertation on the Orthography of Asiatick Words in Roman Letters’, in Works, vol. I, 175-228, Londra: G.G. e J. Robinson, R.H. Evans, 1799.

[8] Roman Jakobson, Word and Language, in Id., Selected Writings, vol. 2, Berlino: de Gruyter, 1971, 425.

[9] Vocali, Enciclopedia dell’italiano (2011), http://www.treccani.it/enciclopedia/vocali_(Enciclopedia-dell'Italiano)/ (accesso 13.07.2016).

Ende der Leseprobe aus 139 Seiten

Details

Titel
Lezioni di dizione inglese
Autor
Jahr
2016
Seiten
139
Katalognummer
V336556
ISBN (eBook)
9783668261389
ISBN (Buch)
9783668261396
Dateigröße
1297 KB
Sprache
Italienisch
Schlagworte
lezioni
Arbeit zitieren
Rossella Marisi (Autor:in), 2016, Lezioni di dizione inglese, München, GRIN Verlag, https://www.grin.com/document/336556

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