Il presente lavoro ha lo scopo di proporre un possibile saggio d’indagine su uno degli aspetti fondamentali del pensiero filosofico senecano: la ricerca meditativa e la rappresentazione letteraria del self, dell’interiorità, oggetto di recente interesse da parte della critica letteraria. Lo studio parte dall’analisi, condotta da un punto di vista stilistico, linguistico e contenutistico, dei §§11-13 e §§19-20 dell’epist. 77. Qui l’impostazione consolatoria della lettera filosofica permette a Seneca l’elaborazione di un’escatologia che, benché non sistematica, secondo l’uso del Cordovese, mira a demistificare il metus mortis, servendosi dell’indefinita figura di un proficiens imperitus restio a mettere in pratica gli insegnamenti del maestro . Il ragionamento prende le mosse dal racconto di un episodio esemplare: il suicidio del giovane Marcellino, che ha posto fine alla propria vita per scampare ad una penosa malattia. L’exemplum diviene, dunque, lo spunto ideale per condurre una vera e propria consolatio (retorica e filosofica) che, tuttavia, tolto quello immediato (Lucilio) manca di un destinatario ben individuato. Il focus non è tanto sulla morte (volontaria) del giovanetto quanto una più generale tanatologia che sembra avere un intento quasi terapeutico, con il monito continuo a vivere il presente.
L’immancabile afflato stoico che permea la lettera, attinto dal caro schema della διατριβή stoico-cinica, lega inscindibilmente il destino individuale all’anima mundi universale, secondo un λόγος provvidenziale. Il tutto porta, ad un livello etico, ad una riconsiderazione della morte, vista come necessità ineluttabile ma, al contempo, ennesima prova di stoica fermezza ed adempimento al munus. In un’ottica di tal fatta, dal sapore quasi ‘esistenzialista’, la morte viene considerata momento fondamentale della vita, in quanto conferisce senso all’intera esistenza che si è vissuta, sigillandola sotto il segno della sapientia. La vita, per dirsi veramente plena, deve essere suggellata da una degna conclusione, proprio come avviene con le rappresentazioni teatrali. Ѐ qui, in chiusura dell’epistola, che si inserisce l’ultima potente resa letteraria del self , il cui spazio è paragonato a quello di un palcoscenico. Rendendo saldo il binomio vita-arte, oltre a concretizzare l’immagine dell’interiorità, Seneca realizza una delle operazioni più ‘meta- letterarie’ del suo corpus e non.
Indice
1 INTRODUZIONE
1.1 Premessa
1.2 Status quaestionis
1.3 Struttura della lettera secondo divisione tematica
2 CONTENUTO E COMMENTO TEMATICO
2.1 Una consolatio sui generis
2.1.1 L’episodio
2.1.2 Marcellino I: un ragazzo ‘difficile’
2.1.3 Marcellino II: un prematuro exitus stoico
2.1.2 Una consolatio senza specifico destinatario
2.1.2.1 Atipicità del caso
2.1.2.2 Perché una consolatio ?
2.2 Escatologia senecana e meditatio mortis
2.3 L’importanza del self nella produzione senecana
2.4 Vita e teatro: rappresentazione della vita e vita come rappresentazione
3 ANALISI STILISTICA DEL TESTO
3.1 Testo: Sen. epist. 77, 11-13; 19-20
3.2 Traduzione
3.3 Analisi stilistica
3.3.1 §11 Nemo tam inperitus
3.3.2 §12 In hoc punctum coniectus es
3.3.3 §13 Quantus te populus moritorum sequetur
3.3.4 §19 ‘Sed ego’ inquit ‘uiuere uolo’
3.3.5 §20 Nulla uita est non breuis
BIBLIOGRAFIA
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