Il tema della natura nella letteratura pianistica: un percorso didattico strumentale


Essay, 2010

68 Seiten


Leseprobe


INDICE

Presentazione

DEFINIZIONE DELL’AMBITO D’INDAGINE
1.1 Introduzione
1.2 Il concetto di natura
1.2.1 Il concetto di natura in filosofia
1.2.2 Il concetto di natura in pedagogia
1.2.3 Il concetto di natura in letteratura
1.2.4 Il concetto di natura: lineamenti e direzioni di ricerca
1.3 Il pianoforte e la letteratura pianistica
1.3.1 Il pianoforte
1.3.2 La letteratura pianistica
1.3.3. La letteratura pianistica: lineamentie direzioni diricerca

CONNESSIONI TRA ALLIEVO, NATURA E MUSICA
2.1 Introduzione
2.2 L’individuo e la natura
2.3 L’apprendimento pianistico e musicale all’interno della formazione generale dell’allievo
2.4 Correlazioni tra obiettivi formativi generali, disciplinari e affettivo - relazionali
2.4.1 Obiettivi generali dell’educazione
2.4.2. Obiettivi disciplinari della formazione strumentale
2.4.3. Obiettivi affettivo - relazionali

MUSICA E NATURA DAL MITO ALLA LETTERATURA PIANISTICA MODERNA
3.1 Introduzione
3.2 Musica e natura nel mito
3.3 La natura nella letteratura pianistica
3.4 Esempi di percorso
3.4.1 Livello “prime note”
3.4.2 Livello preparatorio
3.4.3 Primi anni
3.5. Progetto “Musica e Natura 2010”

Conclusioni

Bibliografia

PRESENTAZIONE

Educare e formare, oggi, è un compito molto difficile. La nostra società, infatti, con i suoi caratteri di complessità e contraddittorietà, influenza tutti gli aspetti e i soggetti dell’educazione: la famiglia, la scuola, le istituzioni, le agenzie educative, l’individuo stesso1.

Quest’ultimo, in quanto persona, ha diritto ad una formazione che lo educhi ai valori di libertà, uguaglianza e democrazia e gli fornisca i presupposti per diventare cittadino “di domani” e contribuire in prima persona alla crescita della società.

In particolare, in un momento in cui la tematica dell’ambiente ha acquisito un rilievo fondamentale non soltanto nella riflessione degli esperti e addetti ai lavori, ma anche nelle politiche promosse da ciascun paese, e, circolarmente, nella vita di ogni singolo individuo, è importante che bambini e ragazzi vengano educati ai valori connessi con tale tematica.

Un'altra tematica di particolare importanza è quella relativa alla cultura, che secondo la concezione antropologica è costituita dal variegato insieme di costumi, credenze, atteggiamenti, valori, ideali e abitudini che caratterizzano una specifica società2.

Della cultura di una società fa certamente parte la musica, che è fondata su, e a sua volta dà origine a, valori, ideali, usi e costumi.

Il fondamentale e sempre mutevole rapporto tra natura e cultura segna in maniera peculiare il modo di vivere di una comunità, connotandolo con peculiarità che variano a seconda delle epoche storiche e delle concezioni filosofiche e politiche di riferimento.

Al quadro concettuale si aggiunge l’apporto della pedagogia, vera scienza dell’educazione, che riflette sulle modalità più opportune per sviluppare al massimo le potenzialità degli educandi, dando loro radici che li colleghino al passato e ali per volare verso il futuro.

Questo lavoro tratta in modo specifico dei temi della musica e della natura, che delinea basandosi sugli assunti della filosofia, della pedagogia e della letteratura, individuando tra essi importanti elementi di relazione.

E’ mia profonda convinzione che proprio fondandosi su questi assunti l’apprendimento strumentale possa contribuire in maniera efficace allo sviluppo armonico e coerente della personalità di un individuo.

CAPITOLO I

DEFINIZIONE DELL’AMBITO D’INDAGINE

1.1 Introduzione

Chi si occupa di educazione e formazione, oggi, svolge un compito molto difficile. L’attuale società, infatti, caratterizzata da complessità e contraddittorietà, influenza tutti gli aspetti e i soggetti dell’educazione: la famiglia, la scuola, le istituzioni, le agenzie educative, l’individuo stesso3. Quest’ultimo, in quanto persona, ha diritto ad una formazione che gli fornisca i presupposti per contribuire in prima persona alla crescita della società. L’educazione, pertanto, è uno strumento fondamentale nelle mani delle generazioni adulte (negli ambiti della famiglia, della scuola e della società educante) e non può prescindere da tutti quegli aspetti del sapere necessari alla crescita cognitiva, intellettiva e sociale della persona.

Nel lavoro che segue verranno trattati due argomenti che occupano un posto di rilievo nell’ambito del processo formativo della persona: la musica e la natura. Si metteranno in evidenza, in riferimento ai due temi, elementi di relazione che possano contribuire in maniera efficace allo sviluppo armonico e coerente della personalità di un individuo.

1.2 Il concetto di natura

1.2.1 Il concetto di natura in filosofia

Il termine “natura” viene utilizzato in filosofia in due accezioni fondamentali: per designare il mondo corporeo in generale oppure il carattere costitutivo di una singola cosa. Si esaminerà qui solo il primo punto, perché più attinente alla ricerca che si sta svolgendo.

Nella storia della filosofia, la natura è stata variamente intesa e interpretata: i filosofi presocratici scrivono trattati sulla natura e la considerano comprensiva di tutto ciò che è; la natura è la totalità del molteplice e al tempo stesso è il principio da cui tutte le cose derivano e a cui ritornano.

Democrito e gli atomisti cercano di individuare i caratteri oggettivi comuni a tutte le cose naturali e li fissano negli atomi e nel vuoto, in cui gli atomi si muovono vorticosamente.

Platone, invece, conclude che la natura vera delle cose è data dalle loro essenze ideali, immutabili ed eterne, collocate fuori dal mondo del divenire. Aristotele critica il dualismo platonico e intende la natura come il “principio intrinseco del moto e dell’inerzia”: anche la materia dotata di vita e di movimento può essere detta natura , ma la vera natura delle cose è l’essenza, o forma, o sostanza, che consente di essere ciò che sono. Gli esseri naturali, poi, sono disposti in una scala gerarchica modellata sull’articolazione delle parti di un organismo vivente, sono finalizzati dal loro interno e sono attratti verso il Motore immobile, la cui natura di atto puro funge da discriminante nei confronti dell’universo degli esseri divenienti.

Il concetto stoico di natura risulta dalla fusione di motivi precedenti: la natura è la stessa divinità e le sue potenze sono simboleggiate dai nomi dei diversi dei; essa è un’unica forza, comprensiva del fuoco o logos originario, capace di muovere la materia in maniera costante e uniforme, chiamata ora fato, ora provvidenza, ora natura.

Il neoplatonismo concepisce la natura come il grado più basso nella sfera dell’essere, quello dello spirito depotenziato; tale posizione viene mitigata dal neoplatonismo cristiano e dalla scolastica che rivendicano la bontà della materia in quanto prodotta dall’azione creatrice di Dio.

La concezione organicistica di origine aristotelica, che vede nella natura il principio che organizza dall’interno la materia secondo una finalità immanente è ripresa sotto una diversa prospettiva nell’umanesimo e nel rinascimento: nei secoli XV e XVI la natura viene vista come un grande organismo, dotato di anima e di parti corporee, che può essere studiato sia attraverso la ricerca scientifica vera e propria che la filosofia e la magia.

Telesio, Bruno e Campanella affermano che la natura è tutta la realtà e la norma di tutto.

Al loro modo di indagare la natura si contrappone Galilei che dice che la natura dei fenomeni va definita in base alle leggi del loro comportamento, espresse in termini matematici.

Una reinterpretazione dell’idea rinascimentale di natura si ha in Spinoza, per il quale tra Dio e natura c’è perfetta identità (”Deus sive natura”): la “natura naturante” è l’essenza divina vista nella sua sovrana causalità; la “natura naturata” è tutto ciò che deriva da Dio.

L’orientamento rinascimentale è invece respinto dalla maggior parte di quei filosofi che accettano la distinzione cartesiana tra sostanza pensante e sostanza estesa, e giungono alla contrapposizione tra il mondo della natura, governato dalla rigida necessità delle leggi della meccanica, e quello dello spirito, contrassegnato dall’attività cosciente e libera.

L’illuminismo si pone come programma il ritorno alla natura, per studiarne le leggi fisiche (P.-S. De Laplace), per rintracciare in essa la struttura oggettiva del diritto (Montesquieu, Voltaire, Diderot), o per scoprire ciò che è originario e spontaneo (Rousseau, per il quale la natura è uguale a immediatezza).

Kant per primo usa l’espressione “filosofia della natura” per designare la disciplina “che abbraccia tutti i principi razionali puri derivanti da concetti semplici della conoscenza teoretica di tutte le cose”; la filosofia della natura abbraccia cioè i principi a priori su cui è fondata la conoscenza della natura, mentre lo studio delle leggi naturali, spetta alla fisica.

Il romanticismo e l’idealismo ritornano in parte alla concezione rinascimentale di una natura pervasa dallo spirito, che passa gradualmente dall’inorganico all’organico; in particolare Schelling combatte la fisica newtoniana in favore di una “fisica speculativa”, che vede nella natura la forza capace di convertire lo spirito in materia. Essa è interamente a priori, e le sue manifestazioni sono già previste e inscritte nella totalità.

Analogamente, per Hegel, la natura è lo spirito decaduto, l’idea nella sua esteriorizzazione, mentre per Schopenhauer la natura è l’estrinsecazione della volontà di vivere, il campo dove gli esseri vivono la loro vicenda irrazionale.

Con il positivismo si instaura un ritorno al naturalismo: comune ai diversi indirizzi positivistici del secolo XIX, che abbracciano il positivismo sociale di Comte e Stuart Mill, l’evoluzionismo darwiniano e il materialismo dialettico della sinistra hegeliana, è una concezione monastica della natura come sintesi della materia e di una forza a essa intrinseca, l’energia, che è all’origine del movimento, della sensazione e della coscienza.

Nella filosofia contemporanea il problema della natura viene sempre più a configurarsi come problema epistemologico, in riferimento, soprattutto, ai metodi e ai risultati delle varie discipline scientifiche.

Ricordiamo solo la posizione assunta dai filosofi di orientamento neo positivistico in merito al problema di definire i compiti della filosofia della natura, che viene vista come l’analisi del significato delle proposizioni proprie delle scienze naturali, ossia del significato delle leggi di natura scoperte dalla fisica.4

1.2.2 Il concetto di natura in pedagogia

Il tema della natura è stato da sempre oggetto di interesse per i pedagogisti. Le teorie di Rousseau (1712 - 1778) ponevano al centro della sua attenzione il rapporto tra l’individuo e la natura. Egli parte da un atto di accusa nei confronti della società che degrada la natura e propone di salvaguardare il bambino dai pericoli della contaminazione. Nel suo pensiero troviamo, come nota dominante, il tentativo di ritorno alla genuina spontaneità della natura:

perché un individuo possa esprimersi secondo ciò che è realmente, è necessario che sin da piccolo lo si lasci libero di scoprire il mondo che lo circonda. E’ necessario, dunque, assecondare la sua spontaneità senza interferire dall’esterno.5

Rousseau, nell’affrontare il problema pedagogico dell’educazione nella sua opera Emilio , asserisce che il bambino deve poter esprimere e sviluppare le sue originarie capacità, opportunamente stimolate dall’esperienza a contatto con la natura, in un ambiente sottratto agli influssi del mondo civilizzato. Nell’opera l’autore descrive le metodologie educative da attuare con i bambini distinguendo varie fasi. Significativa per la presente ricerca è la prima fase dell’educazione o “ fase delle cose ” in cui si deve lasciare il bambino libero di essere guidato dalla natura; egli deve osservare le stagioni, i fenomeni atmosferici, giocare con i sassi, muoversi e correre, apprendendo così in maniera molto spontanea. Perciò è importante favorire il contatto con la natura, la sola da cui il bambino ricaverà occasioni di esperienza diretta ed eviterà i contatti con la società e con i suoi artifici. Questa prima fase dell’educazione durerà fino a quando, nel bambino, si noteranno chiari segni di maturità.

Anche Fröbel (1782 - 1851) , nel suo pensiero pedagogico, mette in rilievo l’importanza che la natura occupa nel processo educativo della persona. Mediante il contatto con la natura, l’osservazione e la scoperta, l’individuo realizza e rafforza la propria personalità e intuisce di essere lui stesso parte integrante di essa. Infatti Fröbel scrive nell’opera “ L’educazione dell’uomo ” :

La vita all’aperto, in mezzo alla natura, è di somma importanza, specialmente per i giovani: poich é essa contribuisce a svolgerli e rafforzarli, ad elevarli e nobilitarli. Tutto per essa acquista una vita ed un significato più alto. Sono quindi da tenere in gran conto, come un mezzo essenziale di educazione, anche all’inizio del periodo della vita scolastica del fanciullo, i piccoli viaggi e le lunghe passeggiate.

Perciò, se l’uomo deve integralmente realizzare la sua destinazione, se deve perfezionarsi sino al grado ch’egli può raggiungere in terra, e diventare veramente un tutto vitale e indiviso, bisogna si senta, si sappia e si riconosca come un tutto con la natura, allo stesso modo che con Dio e l’umanità. ( … )

E quindi il fanciullo deve per tempo intuire e conoscere gli oggetti della natura nel loro vero rapporto e nella loro originaria connessione. ( … ) Mediante l’osservazione e la scoperta personale, l’attenta, personale considerazione di questa continua e viva connessione della natura, mediante la diretta intuizione delle cose e della natura, non mediante spiegazioni di parole e definizione di concetti, cui non corrisponde nel fanciullo nessuna intuizione, deve, per quanto oscuro in principio, apparirgli presto, in una luce sempre più chiara, il grande pensiero dell’intima, continua, viva connessione di tutte le cose e di tutti i fenomeni della natura ” .6

Anche la concezione pedagogica di Maria Montessori (1870 - 1952) è incentrata sulla fondamentale importanza che l’ambiente riveste per lo sviluppo delle strutture portanti della personalità di un individuo. L’ambiente, infatti, deve favorire la normalizzazione della persona e quindi, consentirne lo sviluppo naturale e creativo. Un ambiente adatto non soltanto non inibisce l’iniziativa, ma anzi crea le condizioni per una vita pratica effettiva e per una gestione delle esperienze comunitarie affidata all’autonomia dei singoli e alla loro cooperazione. E’ nell’ambiente giusto, a contatto con elementi reali, attraverso l’esperienza pratica e attiva, che l’uomo apprende facilmente e in modo rapido.

La nozione chiave dell’intero sistema pedagogico di Dewey (1859 - 1952) è la nozione di “esperienza” (nella terminologia di Dewey: learning by doing ). L’esperienza, per Dewey, comprende la totalità dei fenomeni della natura (oggetti, eventi, pensiero, coscienza, ecc.) nelle loro reciproche relazioni e transazioni. Essa è la totalità della realtà e include ciò che è fisico, biologico, psichico e mentale. Così concepita, l’esperienza postula un naturalismo di base e una concezione evolutiva della natura per cui, ad un certo momento o livello dell’evoluzione, il rapporto tra il “vivente” e il “mondo”, e cioè le relazioni che si producono tra l’azione dell’uno e le reazioni dell’altro, si elevano al piano del pensiero e dell’intelligenza. E’ proprio a questo livello più complesso del rapporto individuo - ambiente che Dewey si sofferma nella sua considerazione sull’esperienza, poiché essa, con l’intervento della mente, acquista un significato cosciente e diventa momento di evoluzione. L’esperienza umana, pertanto si configura non come conoscenza, ma come rapporto problematico tra l’individuo, che cerca di intervenire sulle cose, e le cose che oppongono resistenza. E’ chiaro, dunque, che l’esperienza è onnicomprensiva e che c’è continuità tra il mondo fisico, bio - psicologico e mentale; il pensiero, perciò, non è qualcosa di esterno rispetto all’esperienza, ma momento interno ad essa. In definitiva, il processo educativo deve favorire l’apprendimento mediante l’esperienza del mondo reale e il contatto con l’esterno.7

1.2.3 Il concetto di natura in letteratura

Il tema della natura viene studiato dai letterati italiani nel periodo dell’800, con la nascita del Romanticismo e del Neoclassicismo ed in particolar modo da G. Leopardi e G. Pascoli che propongono due interpretazioni opposte del significato della natura e del suo rapporto con l’uomo.

Nel pensiero di Leopardi (1798 - 1837), l’interpretazione della natura si esplica attraverso due fasi: la prima detta del “pessimismo storico” in cui la natura è considerata un’entità benefica e positiva, poiché produce solide e generose illusioni che rendono l’uomo capace di virtù e di saggezza; la seconda definita del “pessimismo cosmico”, in cui l’autore giunge alla concezione della natura matrigna, cioè di una natura che non vuole più il bene e la felicità dei suoi figli, ma che è la sola colpevole dei mali dell’uomo. Essa è vista come un organismo che non si preoccupa più della sofferenza dei singoli, ma che continua incessante e noncurante il suo compito di prosecuzione della specie e di conservazione del mondo, in quanto meccanismo indifferente e crudele che fa nascere l’uomo per destinarlo alla sofferenza. In questo caso Leopardi sviluppa una visione più materialistica della natura, una natura che egli con disprezzo definisce “matrigna”. L’uomo deve perciò rendersi conto di questa realtà di fatto e contemplarla in modo distaccato e rassegnato. Leopardi così giunge alla conclusione che è inutile ribellarsi, ma che bisogna invece raggiungere la pace e l’equilibrio con se stessi, in modo da opporre un efficace rimedio al dolore.

Assai differente è invece la concezione della natura in Pascoli (1855 - 1912). Essa rappresenta per lui un mondo invisibile che bisogna portare alla luce. Un esempio palese è quello della poesia Il Gelsomino notturno , in cui tutto si fa simbolo di qualcos’altro e la natura viene descritta tramite figure retoriche d’impatto come la sinestesia o la metafora.

La natura diventa dunque universale e ha dentro di sé una enorme vastità di temi. Essa allora non è un semplice scenario, ma un organismo vitale e dinamico da cui scaturisce simultaneamente la poesia che si trova nella realtà stessa, senza aggiungere ad essa delle costruzioni immaginarie. La poesia, infatti, non è invenzione, ma scoperta, intuizione, emozione del poeta-fanciullo (un poeta semplice e diretto): tutte le cose della natura e della realtà meritano l’attenzione del poeta-fanciullo.

Un altro aspetto della natura, secondo la concezione di Pascoli, è quello rasserenante, con i suoi cicli stagionali, il lavoro agreste che si ripete come un rito liturgico, la sua serenità e la sua semplicità.

1.2.4 Il concetto di natura: lineamenti e direzioni di ricerca

Emerge con chiarezza, da quanto fin qui esposto, che la società definisce il tema della natura come fondamentale nella vita dell’essere umano e pertanto affida all’educazione il compito di guidare l’uomo a conoscere e identificarne vari aspetti. E’ prova di tale centralità il gran numero di discipline che, con diversi intenti investigano sulla natura: oltre a quelle citate ve ne sono ovviamente numerose altre, tra cui le arti visive, le scienze dette appunto naturali, l’etica, e così via.

E’ proprio attraverso gli apporti delle diverse discipline che ogni società educante fissa i valori che essa ritiene fondanti; da essi discendono gli obiettivi che questa società considera importanti da perseguire e i percorsi attraverso i quali intende raggiungerli.

In questo senso l’educazione, nel cui ambito va compreso anche l’insegnamento/apprendimento pianistico, costituisce, per così dire, la “bandiera” della società, che mostra in sintesi gli ideali di quest’ultima, e indica modalità e strategie per metterli concretamente in pratica8.

1.3 Il pianoforte e la letteratura pianistica

1.3.1 Il pianoforte

Com’è noto il pianoforte è uno strumento a corde percosse da martelletti posti in azione dai tasti, il cui primo antenato è probabilmente da individuare nel Pantaleon, strumento a corde percosse da martelletti azionati a mano, inventato da Pantaleon Hebenstreit (1669- 1750). Probabilmente i costruttori di clavicembali furono colpiti dalle risorse sonore che questo strumento offriva rispetto al clavicembalo e iniziarono a sperimentare tecniche di costruzione tese a migliorarne la meccanica e le possibilità espressive.

Il primo tra questi cembalari fu Bartolomeo Cristofori (1655- 1731), che tra il 1698 e il 1770 realizzò l’invenzione di un nuovo strumento, da lui battezzato gravicembalo col piano e forte, che si caratterizzava per l’applicazione di una martelliera al clavicembalo.

La meccanica, per quanto semplice, era formata da elementi costitutivi in uso ancora oggi: martelletti articolati, indipendenti dai tasti, forniti di uno scappamento semplice e smorzatori singoli per ogni corda. Per mezzo di questi meccanismi era possibile all’esecutore graduare l’intensità del suono esercitando una maggiore o minore pressione sul tasto, che a sua volta imprimeva maggiore o minore forza al martelletto che andava a sollecitare la corda.

Cristofori però ebbe la sfortuna di essere troppo in anticipo sui tempi, poiché il tipo di sonorità dello strumento da lui ideato non si addiceva all’ideale della musica barocca. Indubbiamente il clavicembalo, con la sua possibilità di delineare nettamente i piani sonori, era lo strumento ideale per una scrittura ancora in buona parte polifonica, e con la sua sonorità nitida e cristallina si adattava alla perfezione a rendere con brillantezza il decorativismo virtuosistico di molta parte della letteratura di quel periodo.

Ma quando, attorno al 1750, alla linearità della polifonia si cominciò a sostituire una concezione monodica che prevedeva la preminenza di una melodia e la conseguente subordinazione delle altre parti ad una funzione di accompagnamento, l’affermazione e la diffusione del pianoforte diventarono sempre più rapide e il nuovo strumento assunse il ruolo di protagonista della vita musicale del tempo.

A partire dalla seconda metà del XVIII secolo le sale da concerto di Londra, Parigi, Vienna e delle altre capitali culturali europee furono luogo di concerti per pianoforte tenuti dai più famosi musicisti e, dopo questa sorta di lancio pubblicitario, il pianoforte entrò praticamente in tutte le case della borghesia.

Il sociologo della musica Max Weber ritiene che alla promozione del nuovo strumento contribuirono, accanto alla maestria virtuosistica degli illustri concertisti e alla fama internazionale dei grandi compositori, anche il crescente bisogno di un rendimento di mercato e di massa da parte degli editori musicali, degli organizzatori di concerti e dei produttori di pianoforti.

Infatti già all’inizio del 1800 venivano prodotte grandi quantità di pianoforti, e la concorrenza tra fabbricanti e virtuosi si evince anche dal numero di mostre dedicate a questo strumento, dal numero di sale da concerto aperte a scopo essenzialmente pubblicitario dalle fabbriche di pianoforti e naturalmente dal numero sempre crescente di concerti pianistici e di opere a stampa destinate al pianoforte.

Inoltre le stesse sale da concerto, concepite per un pubblico che vi affluiva più numeroso di quanto avveniva in precedenza, diventavano man mano più grandi, e così era necessario che gli strumenti protagonisti dei rècitals potessero produrre sonorità più ricche e più intense.

La diffusione del pianoforte nelle case borghesi, e in particolare in quelle dell’Europa centro-settentrionale è stata messa in relazione con l’ampiezza delle sale di queste abitazioni, destinate ad accogliere nei ricevimenti un numero di persone maggiore di quanto era usuale nel passato, ed anche col fatto che, presso i popoli nordici, la vita era molto legata alla casa (anche per motivi essenzialmente legati al clima), la quale assolveva perciò funzioni legate non soltanto alla famiglia ma anche alla società più vasta.9

1.3.2 La letteratura pianistica

Nel paragrafo che segue si analizzerà in maniera sintetica la letteratura per pianoforte relativa al periodo preso in considerazione nel presente lavoro. Questa si sviluppa di pari passo con la nascita, l’evoluzione e la diffusione dello strumento.

Le opere di Mozart (1756 - 1791), Haydn (1732 - 1809) e Clementi (1752 - 1832), che esprimono le regole dell’arte classica, sono la testimonianza della prima diffusione dello strumento in Europa. Le sonate e i concerti per pianoforte di Mozart contribuiscono in modo fondamentale a definire le caratteristiche dello stile classico: chiarezza, equilibrio e trasparenza. Proprio a Mozart si deve riconoscere il grandioso sviluppo formale e di contenuti che caratterizzerà il genere del concerto per pianoforte nei secoli successivi.

Con Beethoven (1770 - 1827) la letteratura pianistica si evolve verso il romanticismo. Maestro nell’arte del pianoforte, egli si interesserà attentamente, nel corso della sua esistenza, a tutti gli sviluppi tecnici dello strumento al fine di sfruttarne tutte le possibilità. L’insieme delle sue 32 sonate per pianoforte è oggi considerato uno dei monumenti più importanti dedicati allo strumento. Le sonate si sganciano man mano dalla forma classica per guadagnare sempre più libertà di scrittura e complessità nella loro costruzione. Si possono citare fra le più celebri l’ Appassionata e la Waldstein (1804) o Gli Addii (1810). Nella celebre Hammerklavier (1819) le difficoltà tecniche raggiungono proporzioni tali da mettere in gioco le possibilità fisiche tanto dell’interprete quanto dello strumento. Nelle ultime sonate, che costituiscono un punto culminante della letteratura pianistica, l’autore abbandona il rigore della forma-sonata (che egli stesso aveva portato a compimento) e sperimenta nuove architetture sonore come la fuga e la variazione.

Il Romanticismo rappresentò il periodo di maggiore splendore per la letteratura pianistica. I compositori, guidati da una nuova sensibilità e dalla necessità di intervenire con una maggiore immediatezza, sperimentarono nuove forme di espressione musicale disgregando le regole dell'arte classica.

La ricerca continua di colori sonori sempre più raffinati e lo sviluppo del virtuosismo contribuirono ad accrescere le doti tecniche del pianoforte. A partire dal 1820 circa, un significativo arricchimento della letteratura pianistica romantica venne dal breve pezzo lirico designato col termine generico di Charakterstück (“pezzo caratteristico”), spesso improntato di una intensa sentimentalità e alimentato da elementi virtuosistici, senza però mettere in mostra il lato puramente tecnico della scrittura pianistica. Al pezzo caratteristico veniva attribuita un’ampia varietà di nomi quali improvviso, romanza, capriccio, bagattella, ballata, preludio, studio, notturno ecc. Di solito seguiva una struttura ternaria (ABA’) con una sezione intermedia di carattere contrastante. Si trattava di composizioni adatte ad essere eseguite in un clima intimistico e domestico, cioè destinate alle esecuzioni private.

Tra i principali autori del repertorio dei pezzi caratteristici figurano Chopin, Schubert, Mendelssohn e Schumann.

Notevole è stato il contributo di Schubert (1797-1828) all’impostazione precoce delle forme brevi per pianoforte; gli otto Improvvisi e i sei Momenti musicali da lui composti sono composizioni contrassegnate da una fertilità inesauribile dell’invenzione melodica. Sono prototipi dei pezzi brevi per pianoforte, semplici e intimi, il genere di gran lunga privilegiato, fino al 1850 circa, al posto della sonata solistica in più movimenti.

Un originale contributo al genere del pezzo caratteristico per pianoforte è dato dai 48 Lieder ohne Worte (Romanze senza parole) di Felix Mendelsshon (1809-1847) Si tratta di composizioni d’intensa condensazione lirica, caratterizzate da varietà di forma e di intonazione sentimentale, con una tendenza ad una semplicità quasi elementare degli accompagnamenti della mano sinistra.

Anche nell’opera di Robert Schumann (1810-1856) le composizioni pianistiche occupano un posto di grande rilievo: sono per pianoforte tutti i suoi lavori pubblicati fino al 1840. Molte di queste composizioni appartengono al filone del pezzo caratteristico e sono organizzate in ampi cicli e di solito tipicamente unite da un “idea poetica” comune.

La produzione di Chopin (1810-1849) comprende quasi esclusivamente composizioni per pianoforte (ventisette studi, ventisei preludi, ventuno notturni, quattro impromptus, sessantacinque mazurke, diciassette polacche, venti valzer e alcune opere di ampio respiro architettonico: quattro scherzi, quattro ballate, tre sonate, due concerti per pianoforte e orchestra) e fu concepita in funzione della propria attività di strumentista.

[...]


1 Alessandra Padula, Musica contro il disagio , Giacomelli, Torino, 2000.

2 Rossella Marisi, Musica e divulgazione culturale , Grin, München - Ravensburg, 2009.

3 Alessandra Padula, Musica contro il disagio , Giacomelli, Torino, 2000.

4 Livio Garzanti (a cura di) Enciclopedia europea Garzanti , Aldo Garzanti editore, Milano, 1978.

5 Renzo Tassi, Itinerari pedagogici 2A, Zanichelli, Bologna 1998.

6 Renzo Tassi, Itinerari pedagogici 2A, Zanichelli, Bologna 1998.

7 Renzo Tassi, Itinerari pedagogici 3A , Zanichelli, Bologna 1998.

8 Alessandra Padula, Musica viva , Iniziative, Pescara, 1994.

9 Alessandra Padula, “Nascita e fortuna del pianoforte”, in Il Monitore , anno XXXVI, n. 2-3 settembre 2002.

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Details

Titel
Il tema della natura nella letteratura pianistica: un percorso didattico strumentale
Veranstaltung
-
Autor
Jahr
2010
Seiten
68
Katalognummer
V163530
ISBN (eBook)
9783640804313
ISBN (Buch)
9783640804832
Dateigröße
609 KB
Sprache
Italienisch
Anmerkungen
Il lavoro presenta il concetto di natura in filosofia, pedagogia e letteratura, e traccia un quadro sintetico della storia del pianoforte e della letteratura pianistica relativa al periodo 1750-1950. Individua poi i punti di contatto tra gli ambiti descritti e propone un modello di apprendimento che contestualizza l’apprendimento strumentale all’intero di un percorso formativo generale radicato nei valori fondanti della nostra società. Cita infine l’esperienza acquisita in un progetto di ampio respiro che ha coinvolto scuola, famiglie e cittadinanza.
Arbeit zitieren
Cristina Flocco (Autor:in), 2010, Il tema della natura nella letteratura pianistica: un percorso didattico strumentale, München, GRIN Verlag, https://www.grin.com/document/163530

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