Nel corso del 2010 le mie ricerche in campo linguistico computazionale hanno destato interesse in un ambito inatteso: la relazione d’aiuto, in par- ticolare tra gli psicologi che stanno portando in Italia – sia come ricerca che come diffusione – l’Assessment Terapeutico di Finn (2007). Questo interesse mi ha stimolato ad applicare i miei risultati, ottenuti a partire dalla dissertazione di dottorato (Gobbo 2009), in una direzione nuova, che ho chiamato analisi conversazionale costruttiva – d’ora in avanti CoCAL, dall’acronimo inglese Constructive Conversation Analysis. In particolare, la CoCAL viene applicata ai trascritti dei colloqui che avvengono durante le sedute terapeutiche, perche ́ si ritiene che sia possibile dare una risposta affermativa alla seguente domanda: possiamo, come analisti costruttivisti della conversazione, dare delle indicazioni utili al terapeuta, basate sull’analisi del trascritto delle sedute?
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Federico Gobbo
Analisi conversazionale costruttiva
Per un’applicazione alla psicoterapia
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Copyright
Copyright Federico Gobbo. Alcuni diritti riser- BY: C = $ CC \
vati. Attribuzione - Non commerciale - Non opere derivate 3.0 Creative Commons Italia.
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Legenda
Abbreviazioni
adtree
adp assert commit commissivo generico Declare Dichiarazione generica dipendente generico dep
direttivo generico direct
express espressivo generico
extra gc gov
?frase
??frase *frase
¨ ¨
che LUOGO semema
davvero espressione enfatica nel trascritto
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Lettere
A
A
↓ A carattere pragmatico assertivo cliente (tipo di attante) C
contesto sociale di attivazione della Dichiarazione C
carattere pragmatico commissivo ↑ C
↓ D carattere pragmatico direttivo D Dichiarazione carattere grammaticale circostanziale E
= E carattere pragmatico espressivo
I I
v
x ← −
I
− →
I I 1 I 2 I 3 L O O 1 O 2 O 3 P R
S T
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Simboli
→ indicatore di dipendenza
← indicatore di reggenza (governement) ↔ indicazione di relazione generica reggente-dipendente trasformazione (da costruzione a costruzione) > traslazione del carattere grammaticale traslazione supplettiva del carattere grammaticale direzione di adattamento mondo-a-mente ↑
direzione di adattamento mente-a-mondo ↓
direzione di adattamento mondo-a-mente & mente-a-mondo
= direzione di adattamento nulla (presupposizione) albero adposizionale implicito ⊗ traslazione proibita morfo zero
Ø attante vuoto perch´ e inesistente (utile nelle tabelle) () confine di gruppo morfemico semema []
{} indicatore di grafema
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Premessa
Nel corso del 2010 le mie ricerche in campo linguistico computazionale hanno destato interesse in un ambito inatteso: la relazione d’aiuto, in particolare tra gli psicologi che stanno portando in Italia - sia come ricerca che come diffusione - l’Assessment Terapeutico di Finn (2007). Questo interesse mi ha stimolato ad applicare i miei risultati, ottenuti a partire dalla dissertazione di dottorato (Gobbo 2009), in una direzione nuova, che ho chiamato analisi conversazionale costruttiva - d’ora in avanti CoCAL, dall’acronimo inglese Constructive Conversation Analysis. In particolare, la CoCAL viene applicata ai trascritti dei colloqui che avvengono durante le sedute terapeutiche, perch´ e si ritiene che sia possibile dare una risposta affermativa alla seguente domanda: possiamo, come analisti costruttivisti della conversazione, dare delle indicazioni utili al terapeuta, basate sull’analisi del trascritto delle sedute? L’interesse rispetto a queste indicazioni si ` e concretizzato in due incontri con il gruppo di ricerca attorno al Centro Europeo per l’Assessment Terapeutico (CEAT) presso l’Alta Scuola Agostino Gemelli (ASAG) dell’Universit` a Cattolica di Milano. 1 Essi hanno avuto l’obiettivo di mettere i partecipanti in condizione di effettuare un’analisi conversazionale costruttiva di un trascritto di seduta. Questo libro rappresenta questa esperienza in forma scritta, mantenendo la struttura in due lezioni. Il contenuto e la modalit` a di presentazione si basa sugli appunti del docente e del pubblico. 2
Una guida per la lettura. L’introduzione e l’inizio del primo capitolo sono indispensabili per seguire il discorso. La sezione 1.1.2, dedicata alla traslazione, ` e pi ´ u tecnica: pu ` o essere utile ma non ` e fondamentale per le
esigenze dell’analisi del discorso. La sezione 1.2, l’ultima del primo capitolo, pu ` o essere saltata a pi´ e pari. Il secondo capitolo ` e meno tecnico e pi ´ u applicativo, e va letto tutto. Le note a pi´ e (numerate con le lettere
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maiuscole dell’alfabeto) sono necessarie per seguire il flusso delle argomentazioni in specifici punti, mentre le note a fine testo (in numerazione araba) permettono di inserire riferimenti bibliografici puntuali e altre precisazioni per chi volesse approfondire. In fondo al volume si trovano, oltre alla bibliografia e alle note, gli elenchi delle figure e delle tabelle usate nel testo, gli alberi adposizionali del caso studio, nonch´ e l’indice analitico con i termini tecnici utilizzati.
Ho alcune persone da ringraziare. In primo luogo Patrizia Bevilacqua, che per prima al CEAT si ` e interessata alla CoCAL. In secondo luogo
Filippo Aschieri, e infine Riccardo Preziosi, che ha deciso di investire la propria tesi magistrale su un metodo ancora germinale, per usare la sua felice espressione. Le conversazioni che abbiamo avuto hanno dato diversi spunti che hanno migliorato questo testo. Inoltre, tutti i partecipanti (oltre ai gi` a citati): Francesca Fantini, Erica Dell’Acqua, Elisa Castiglioni, Christian Mosco, Virginia Greco Scrivani e Monica Amisano, che gentilmente mi ha dato i suoi appunti. Francesca Gualandri ha letto le bozze e ha dato utili indicazioni per rendere tutto il testo pi ´ u scorrevole. In ultimo
ma nient’affatto ultimo per importanza, ringrazio Emanuele Gualandri, un grande vecchio della psicoanalisi in Italia, che per primo ha creduto che questa idea di analizzare linguisticamente le conversazioni terapeutiche mediante le mie strutture avesse un senso, e mi ha incoraggiato a esplorare questa direzione. L’ultima precisazione ` e d’obbligo. Se `
contribuito alla realizzazione di questo testo, ` io il solo responsabile di quanto ` e scritto qui. Eventuali errata corrige o
altre informazioni specifiche su questo testo possono essere recuperate al mio indirizzo web permanente: http://federicogobbo.name.
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Introduzione
Quante volte ci siamo chiesti dove abbiamo sbagliato in una conversazione? Quando abbiamo detto qualcosa che ` e stato frainteso, interpretato in
maniera inattesa, il che ha dato una svolta non voluta alla conversazione? L’analisi della conversazione (in inglese conversation analysis) prende come oggetto di analisi le registrazioni audio o video delle conversazioni e cerca delle strutture ricorrenti che concorrono a costruire il senso condiviso tra i due (o pi ´ u) partecipanti alla conversazioni. L’analisi conversazionale costruttiva (CoCAL) ` e un metodo particolare che individua in quello
che viene detto - opportunamente trascritto a partire dalle registrazioni
- i punti precisi (il dove e il quando) in cui avvengono fenomeni rilevanti in questa costruzione di senso. Per ottenere questo risultato la Co-CAL considera il linguaggio sotto diversi aspetti diversi e complementari: morfologia, sintassi, semantica e pragmatica. 3 Nessuna conoscenza pregressa in linguistica generale o in filosofia del linguaggio ` e stata richiesta per seguire gli incontri, e dunque anche per
leggere questo libro. 4 ` E importante chiarire fin dall’inizio che molti aspetti teorici non verranno spiegati estesamente: le due lezioni intendono essere di carattere operativo, specificamente per terapeuti - uso il termine in senso generico volutamente: possono essere psicoanalisti, psicoterapeuti, psicologi, assessor, counsellor, o altro.
Nella prima lezione, verr` a aperta la cassetta degli utensili della Co-CAL, e li esamineremo uno ad uno: come sono fatti e a che cosa servono. In particolare, vedremo le basi del paradigma adposizionale, che ci permette di capire come smontare le frasi dei nostri trascritti di seduta a livello morfologico e sintattico, e quali informazioni - in particolare a livello pragmatico - possiamo ottenere. La prima lezione avr` a necessariamente un carattere tecnico: non possiamo costruire un edificio senza partire dal- le fondamenta, anche se queste fondamenta sembrano a prima vista mol-
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to distanti dall’edificio che vogliamo costruire (l’analisi conversazionale costruttiva).
Nella seconda lezione vedremo in dettaglio gli strumenti della pragmatica costruttiva che ci interessano, in particolare come la teoria classica degli atti linguistici di Austin (1987) e Searle (1978) venga interpretata coo. 5 Gli atti linguistici sono il mastruttivamente nell’approccio che seguir `
teriale con il quale ci troviamo davanti quando leggiamo un trascritto di seduta: l’analista conversazionale dovr` a dunque estrarre le informazioni rilevanti (sotto forma di implicature conversazionali) dagli atti stessi, non presi come un tutto indivisibile, ma come manifestazioni dell’edificio che avremo gi` a costruito nella prima lezione. Daremo diversi esempi di costruzioni linguistiche canoniche, rilevanti per il contesto terapeutico. Vedremo allora di applicare l’armamentario in nostro possesso, vale a dire la scomposizione morfologica e sintattica e la classificazione degli atti linguistici a un caso concreto di trascritto di seduta. Lo scopo di tutto questo ` e mostrare ai terapeuti come la CoCAL sia
concretamente utile per mettere in risalto i pattern conversazionali che si instaurano durante la stipula di un’alleanza terapeutica, tra il terapeuta (abbreviato in T nella riscrittura formale) e il cliente (abbreviato in C). 6 Consideriamo un setting standard per la relazione terapeutica, in cui sono presenti un solo terapeuta e un solo cliente, e la seduta viene registrata in maniera palese - entrambi gli attori sono consapevoli della registrazione. 7 L’analista della conversazione - o linguista CoCAL - viene e presente, interviene in differita. A abbreviato in L e non `
Sono tanti i setting possibili per una conversazione terapeutica; la Co-CAL ` e teoricamente valida anche in setting pi ´ u complessi, con pi ´ u di
due persone coinvolte, per esempio nel caso di una terapia familiare: ` e
possibile che qualche dettaglio sia differente, ma provarlo ` e al momento al di fuori delle nostre possibilit` a. 8 Riprenderemo questo punto nelle Conclusioni.
Il punto di partenza della CoCAL sono le trascrizioni delle sedute terapeutiche. In un primo tempo, prendevo in analisi molti fenomeni prosodici e paralinguistici. Tuttavia, dopo le prime applicazioni, mi sono reso conto che la trascrizione standard ` e pi ´ u che sufficiente per fornire i dati
utili ai terapeuti, senza bisogno di segnare fenomeni prosodici cari ai lin- A Per comodit` a, le abbreviazioni e i simboli utilizzati sono stati elencati ad inizio
volume.
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guisti, in particolare ai fonetisti. 9 La trascrizione pu ` o essere stata effettuata da chiunque abbia le competenze per farla correttamente: assumiamo qui che la trascrizione sia fedele a quanto realmente detto in seduta. L’ultima osservazione preliminare importante prima di cominciare consiste nel sottolineare che l’analisi delle conversazione terapeutica viene effettuata in differita rispetto alla seduta. Pu ` o essere fatta dal terapeuta,
se opportunamente addestrato, o dal linguista indifferentemente. Quello che intendo dire ` e che l’analisi ` e puramente linguistica, vale a dire prescinde dall’approccio terapeutico - o dalla scuola, se preferite - seguita dal terapeuta durante la seduta. In generale, ` e preferibile che l’analista
conversazionale sia una persona diversa rispetto al terapeuta attore della conversazione terapeutica con il cliente, per evitare di essere influenzato. Dall’altra parte, `
giormente pu ` o ricavare un vantaggio dall’analisi - da cui l’interesse in sperimentare la CoCAL in setting collaborativi. A partire da adesso, assumiamo che chiunque sia l’analista conversazionale, sia neutro rispetto ai dati.
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Capitolo 1
Prima lezione
Come ci rapportiamo al linguaggio? Il primo punto da definire con chiarezza ` e che cos’` e il linguaggio da un punto di vista costruttivo. Per ‘linguaggio’ intendo ‘linguaggio verbale umano’ o lingua, nell’accezione comune del termine: italiano, inglese, tedesco, cinese sono lingue (naturalmente, questa ` e una semplificazione drastica, ma ai fini dell’analisi possiamo assumerla come vera). A Il trascritto di una seduta terapeutica ` e per l’appunto la trascrizione di
un parlato tra due conversanti che avviene in una data lingua, per esempio l’italiano (tralasciamo casi speciali quali una conversazione terapeutica mediante due “parlanti” in una lingua dei segni o altri casi speciali). Questo significa innanzitutto che perdiamo probabilmente qualcosa come l’80% delle informazioni che avvengono in tale comunicazione, che i linguisti chiamano paralinguistiche, quali il tono di voce, la postura, i gesti, il modo di vestire, del terapeuta e del cliente e gli effetti dell’ambiente sulla seduta (fa freddo? ` e silenzioso o si sente il traffico dalla strada?). Quindi la CoCAL si basa su circa il 20% dell’informazione della seduta, che consiste in quanto viene detto dai due attori. Ci ` o che viene detto letteralmente viene chiamato dai filosofi del linguaggio e anche da noi aspetto locutorio, abbreviato in loc. In altri termini, il locutorio ` e il dato grezzo da cui partiamo per fare l’analisi.
Dal nostro punto di vista il linguaggio esiste esclusivamente per iscritto, vale a dire noi lavoriamo sulla trascrizione del locutorio. 11 In ultima
A Tutti i termini tecnici sono scritti in neretto quando presentati e definiti per la prima
volta, e compaiono nell’indice analitico in fondo al volume.
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analisi, quindi, il linguaggio ha i seguenti componenti: la componente morfologica e sintattica (o morfosintassi), che determina come gli elementi del locutorio sono in relazione gli uni con gli altri; la componente semantica, che determina i significati veicolati da tali elementi; la componente pragmatica, che non ` e vincolata alla specifica lingua ma all’uso del
linguaggio nel contesto di riferimento, in questo caso quello che abbiamo chiamato in precedenza setting standard. 12 Prenderemo in considerazione solo usi del linguaggio ordinari. 13 In particolare, assumiamo che gli attori coinvolti siano capaci di intenzionalit` a e riferimento (Searle 2010). Vedremo pi ´ u nel dettaglio questi aspetti all’inizio della seconda lezione.
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Capitolo 1. Prima lezione
1.1 Morfosintassi
Ogni lingua possiede tre propriet` a fondamentali di carattere generale: discretezza, linearit` a, produttivit` a. 14
Primo, il linguaggio verbale umano ` e discreto. Posso cio` e formare
una frase di una, cinque o sedici parole ma non di quattro parole e mezzo 15 : le parole mantengono la loro identit` a rispetto alla loro combinazione (Searle 2010, 82). La seconda propriet` a del linguaggio ` e la linearit` a: se dico Mario ama Paola ` e un conto, se dico Paola ama Mario intendo dire qualcosa di diverso, anche se le tre parole ‘ama’, ‘Paola’, ‘Mario’ sono le stesse in entrambi i casi: la disposizione nell’ordine lineare (nella convenzione italiana, da sinistra a destra, dall’alto verso il basso) ` e rilevante nel comporre gli ele-
menti per formare le frasi. In particolare consideriamo che i trascritti siano fedeli alla linearit` a, anche riguardo al problema della punteggiatu-ra e in special modo alle virgolette. `
studente dice il professore `
un modo (Lo
studente - dice il professore - ` e scemo”.).
Questo genere di ambiguit` a le consideriamo
dice: “il professore `
risolte a priori. La terza e ultima propriet` a ` e la
produttivit` a:
dato l’insieme delle parole dell’italiano, diciamo per comodit` a quelle presenti in un dizionario monolingue, che ` e un insieme finito, le frasi possibili che un parlante pu `
produrre sono infinite. 16 Ma allora, cosa fa della sequenza oggi ` la giornata una frase valida dell’italiano e invece giornata una oggi bella ` e
una stringa di parole italiane e -a giornat- ` e -a oggi una bell- una stringa di
morfemi italiani, in entrambi i casi non valide come frasi italiane? La risposta ` e: la sintassi (regole di combinazione delle parole) e la morfologia (regole di combinazione dei morfemi) dell’italiano - i linguisti chiamano scherzosamente le stringhe non valide di cui sopra “insalate di parole”. Il
morfema
` e il mattone con cui costruiamo una lingua: per esempio, nor-
malmente diciamo che giornat- `
e femminile e singolare. giornat- e -a sono due morfemi. 17 sostantivo `
La morfologia e la sintassi sono due facce della stessa medaglia ed ` e opportuno trattarle come due strategie diverse - adottate da tutte le lingue ognuna secondo declinazioni proprie - di un unico fenomeno, la morfosintassi. La morfosintassi ` e dunque l’insieme di regole, valide per
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1.1. Morfosintassi
una data lingua, in cui le tre propriet` a fondamentali appena esaminate si estrinsecano. Essendo la morfosintassi un fenomeno unico da un punto di vista strutturale, esso va descritto con un solo modello di regole, magari variamente declinato, ma uno solo. Questo ` e un punto importante della
linguistica costruttiva: il modello descrittivo della struttura ` e unico, poi
nell’istanziarsi pu ` o declinarsi in maniere diverse. Un altro punto importante, questa volta del paradigma adposizionale, ` e la centralit` a data ai morfemi. Difatti, sono i morfemi i veri mattoni del linguaggio, non le parole, che sono gruppi morfemici (o gruppi di morfemi). Noi siamo stati abituati a pensare alla parola come la base della lingua, anzich´ e al morfema, questo essenzialmente per motivi culturali derivati dalla tradizione giudeo-cristiana, che d` a rilevanza molto alta al concetto di parola. Perch´ e allora non adottare la parola anzich´ e il morfema come elemento di base del linguaggio verbale umano? In realt` a, per i nostri scopi il concetto di parola ` e terribilmente ambiguo e a volte fuorviante. La definizione intuitiva di parola per un parlante di una lingua occidentale come l’italiano o l’inglese suona pi ´ u o meno cos´ ı:
una parola ` e una catena direzionata da sinistra a destra di caratteri alfabetici compresi tra due spazi.
Si tratta del concetto adottato dalla maggior parte dei linguisti computazionali di words-as-strings. La verit` a, ahinoi, ` e che non tutti gli spazi tra
le parole sono uguali. Se io parlo del Presidente della Repubblica, del tubo di scappamento o di una perdita di tempo quello a cui mi sto riferendo ` e
un concetto unitario, e non ho bisogno di appellarmi alla semantica per mostrarlo: i rispettivi plurali sono Presidenti della Repubblica, tubi di scappamento, perdite di tempo, e non Presidenti delle Repubbliche (che vuol dire un’altra cosa), non *tubi di scappamenti, che ` e un’espressione inaccettabile in italiano, n´ e tantomeno ??perdite di tempi, che ` e veramente al limite dell’accettabilit` a. B Ci ` o che intendo dire ` e che Presidente della Repubblica ` e
un concetto unitario quanto una parola (le espressioni separate Presidente e della Repubblica vogliono dire cose diverse) ma, per una convenzione di
B Gli esempi linguistici vengono scritti per convenzione in corsivo; se inaccettabi-
li o agrammaticali verranno indicati anteponendo un asterisco (*), se sono al limite
dell’accettabilit` a verranno indicati anteponendo uno o due punti di domanda (? e ??).
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Capitolo 1. Prima lezione
scrittura, tale concetto unitario non viene considerato tale per via degli spazi.
Mi sembra evidente che i due spazi tra ‘Presidente’, ‘della’ e ‘Repubblica’ sono completamente diversi da quelli tra le parole dell’espressione una bella giornata, cos´ ı come in oggi ` e una bella giornata gli spazi tra ‘oggi’,
‘` e’ e una bella giornata sono ancora diversi. Il compito della morfosintassi ` e proprio quello di dare conto di questa diversit` a del ruolo degli spazi. Potrebbe sembrare una questione del tutto teorica, ma - lo vedremo - ` e
invece cruciale per le nostre analisi dei trascritti delle sedute terapeutiche. Consideriamo dunque le parole come casi particolari del concetto generale gruppo di morfemi (o ‘gruppo morfemico’, il che ` e lo stesso):
avremo cos´ ı i gruppi di morfemi una, giornat-a, 18 tub-o+di+scappamento, dove ‘-’ indica un legame morfologico esplicito, vale a dire senza spazio, mentre ‘+’ indica un legame morfologico implicito, vale a dire con spazio, dove lo spazio ` e interno al gruppo morfemico, non indica cio` e un confine di gruppo. 19 Infine, il normale carattere spazio indicher` a un legame sintattico, cio` e un legame tra gruppi di morfemi diversi. Per esempio, la frase ho visto il Presidente della Repubblica alla televisione verrebbe scritta in questo modo: ho vist-o il President-e+della+Repubblica all-a television-e. 20 Abbiamo bisogno di avere un criterio per individuare i gruppi di morfemi e i loro confini: questo criterio sono i caratteri grammaticali fondamentali.
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1.1. Morfosintassi
1.1.1 I caratteri grammaticali fondamentali
Assumiamo che l’analista conversazionale, il terapeuta e il cliente siano tutti parlanti nativi dell’italiano. 21 Tutte le lingue hanno un qualche modo per distinguere i referenti dalle predicazioni, che pertengono alle nostre facolt` a percettive di animali superiori. Quando guardo il tavolo non vedo un’accozzaglia di superfici colorate, ma vedo un oggetto, un referente. Se sotto al tavolo c’` e un gatto che scappa via perch´ e ho guardato il tavolo, vedr ` o il gatto (un altro referente) che si muove: il suo movimento ` e una predicazione. 22
Secondo Hag` ege (1989), e io concordo con lui, tutte le lingue hanno due caratteri grammaticali che rispecchiano questa distinzione percettiva fondamentale nel linguaggio, i quali formano due poli opposti e complementari. Adotter ` o qui la seguente terminologia, chiamando rispettivamente stativi i corrispettivi dei referenti (indicati con il segno O) e verbanti i corrispettivi delle predicazioni (indicati con il segno I). Stativi e verbanti da soli sostengono tutta l’impalcatura morfosintattica, metaforicamente ne sono i pilastri. Diremo quindi che stativi e verbanti sono reggenti. 23
Nel presentarli nel dettaglio, limiteremo il campo d’indagine all’italiano. Ogni lingua infatti ha classificazioni sue proprie delle parti del di-scorso, che istanziano i caratteri grammaticali fondamentali, dipendenti dalle diverse tradizioni culturali: la linguistica costruttiva rispetta questa diversit` a, dando nel contempo dei concetti che possono fungere da ponte tra tali tradizioni.
In italiano, infatti, i verbanti corrispondono alla classe dei verbi che abbiamo studiato a scuola ma anche alle cosiddette ‘parole-frase’ tipo Davvero! D’accordo! Ma va’!. Poich´ e i verbanti pi ´ u interessanti nelle nostre lingue sono i verbi, per comodit` a parler ` o di ‘verbi’ o ‘verbali’ in maniera intercambiabile rispetto a ‘verbanti’. Si tratta solo di un artificio per comodit` a espositiva.
Gli stativi raccolgono tutte i sostantivi (propri e comuni), nonch´ e i pronomi tipo io, me, loro ma anche i dimostrativi come questo, quelle se usati come segnaposto dei nomi. 24
In realt` a - come sostenuto a suo tempo da Whorf (1945) e Tesni` ere (1959) - il linguaggio verbale umano, pur funzionando alla perfezione con stativi e verbanti, sarebbe assai poco maneggevole senza due categorie in pi ´ u, che rappresentano i modificatori dei due pilastri reggenti del
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linguaggio. Dobbiamo perci `
e fatta internamente una frase. 25 poter descrivere come `
Chiamiamo aggiuntivi i modificatori degli stativi e li indichiamo con il simbolo A, seguendo Tesni` ere (1959). In italiano, corrispondono agli aggettivi (sia i cosiddetti epitetici che i predicativi, nei termini della grammatica tradizionale 26 ), ma anche tutti gli articoli, i numerali e i partitivi (esempi: il, un, dei, alcuni, entrambi) perch´ e aggiungono funzioni di identificazione rispetto al numero e alle quantit` a degli stativi a cui sono agganciati) e i dimostrativi se agganciati a degli stativi (se ne prendono il posto, vengono “promossi” a stativi: vedi sezione 1.1.2 per i dettagli su questo punto).
Chiamiamo invece circostanziali i modificatori dei verbanti e li indichiamo con il simbolo E - questi simboli sono presi di peso da Tesni` ere (1959). I circostanziali in italiano comprendono sia gli avverbi propriamente detti, come l´ ı, sempre, forse, sia gli avverbi ottenuti mediante il morfema traslatore -mente, come veloce-mente, debol-mente, sia infine le cosiddette locuzioni avverbiali, come alla maniera di, in tal modo, e simili. Bisogna tuttavia prestare attenzione, perch´ e a volte in italiano gli avverbi, specie ottenuti per traslazione, vengono usati come modificatori degli aggettivi, come per esempio nel gruppo morfemico lo spettacolo meravigliosamente bello, dove meravigliosamente ` e un modificatore dell’aggettivo bello,
quindi con carattere grammaticale aggiuntivo, come molto o troppo. 27 La tabella 1.1 riassume quanto detto finora. ` E possibile cambiare carattere grammaticale a un gruppo morfemico? La risposta ovviamente ` e
s´ ı, e intuitivamente lo facciamo sempre, quando diciamo di “girare una frase”. Searle ha di recente offerto - per scopi diversi dai nostri - un bell’esempio di questo fenomeno, che mi piace qui riportare (Searle 2010,
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1.1. Morfosintassi
102).
(1a.) Un uomo si sta dirigendo verso di me ora.
(1b.) Sta uomeggiando verso di me incombente. (2.) Sta piovendo su di me pesantemente.
La scena percettiva DIRIGERSI-VERSO-DI-ME-COSA-ORA viene resa con due dinamiche differenti in (1a) e (1b). Con una metafora, possiamo considerare la scena la descrizione presente in una sceneggiatura di un film di quanto deve essere ripreso; fuor di metafora, si tratta di un concetto pre-linguistico. Nel momento di girare il film, l’inquadratura, il punto di vista, le luci, i suoni ci obbligano a scegliere un particolare modo di rendere la scena sullo schermo; fuor di metafora, si tratta della scelta di costruzioni morfosintattiche e di tutte le informazioni paralinguistiche, come l’intonazione o l’enfasi. 28 In particolare, da un punto di vista morfosintattico (2) equivale a (1b), che rappresenta la stessa scena di (1a) ma in modo altro perch´ e vengono usate costruzioni grammaticali diverse. Quello che “giriamo” ` e precisamente il carattere grammaticale dei gruppi morfemici coinvolti. Possiamo esplicitare i caratteri grammaticali dei principali gruppi morfemici coinvolti. 29
Partiamo dai gruppi verbali (lo faremo sempre): in (1a), sta dirigendo (I) vuole due gruppi stativi (O), rappresentati da un uomo e dal si riflessivo; invece, in (1b) il gruppo verbale sta uomeggiando fa le cose da s´ e, analogamente a sta piovendo, e dunque tutti gli altri gruppi di morfemi - incombente e versodi me - saranno circostanziali. Questa coppia di esempi, volutamente estrema, mostra come nel linguaggio verbale umano sia sempre possibile “girare la frase”, tenendo ferma la scena percettiva di riferimento. Capire come ` e stata “girata la frase” permette all’analista conversazionale di cogliere tantissime informazioni utili sulla rappresentazione del mondo del cliente e del terapeuta. Il paradigma adposizionale ci d` a un modello rigoroso, formale, per rendere conto di tale fenomeno, che chiameremo da adesso, adoperando un termine specifico, traslazione.
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Capitolo 1. Prima lezione
1.1.2 La traslazione
Con il termine traslazione intendo il passaggio da un carattere grammaticale ad un altro effettuato per costruzione, vale a dire mediante appositi morfemi posizionati opportunamente. 30 Una catena di traslazioni forma una costruzione canonica. Prendiamo ad esempio la parola passeggiata. e la seguente: 31 La catena di traslazioni che la forma `
• pass- ` e uno stativo (O);
• -eggi- ` e un traslatore da stativo a verbante (O > I);
• -at- ` e un traslatore da verbante ad aggiuntivo (O > I > A);
• -a ` e un traslato da aggiuntivo ad aggiuntivo (O > I > A > A);
La costruzione -eggi-at-a ` e canonica: si pensi a mareggiata o carreggiata, che seguono la stessa catena di traslazioni. 32 Chiamiamo con il termine lessema un morfema da cui partono le catene di traslazione. I lessemi si dividono in due classi, a seconda di come si determina il carattere grammaticale di partenza: per selezione e per collocazione.
Per capire come funziona la traslazione, si prenda ad esempio il lessema uom-. Molti lessemi hanno “dentro” un carattere grammaticale predefinito (stativo, nel caso di uom-); Whorf (1945) li chiamava lessemi per selezione, by selection. Lui dava come esempi police (O), elephant (O), honest (A).
In altri casi il carattere grammaticale da cui parte la catena di traslazione viene definito dalla posizione nell’ordine lineare: Whorf (1945) chiamava questi lessemi per collocazione, by collocation. L’inglese ` e pieno di
lessemi per collocazione. Per esempio, la parola walk ` e chiaramente un
lessema ma il suo carattere grammaticale ` e definito solo per collocazione.
(3a.) I walk in the park (‘cammino nel parco’).
(3b.) let’s have a walk (‘facciamoci una passeggiata’). (3c.) walking distance (‘a distanza di camminata’).
In (3a), walk ha carattere verbante (I), mentre in (3b) ha carattere stativo (O), e ancora in (3c) ha carattere aggiuntivo (A). 33
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1.1. Morfosintassi
Torniamo all’esempio di Searle (2010) riportato sopra. Notiamo come in (1b) il morfema stativo uom- sia stato traslato in verbante mediante il morfema -eggi- (in simboli: I > O); dal nostro punto di vista, i morfemi la cui funzione ` e di traslare il carattere grammaticale del morfema a cui vengono agganciati vengono detti traslatori - translateurs in francese, transferers in inglese, seguendo le indicazioni contenuto nell’opera di Tesni` ere (1959).
Poich´ e tutte le lingue attuano strategie di ridondanza dell’informazione, esistono dei morfemi che confermano il carattere grammaticale del lessema. 34 Possiamo considerarli come un caso speciale dei traslatori, vale a dire come traslatori identit` a (in simboli: I > I; O > O; A > A; E > E). er nostra comodit` a, daremo ai traslatori identit` a il nome di traslati (francese: transf´ er´ e; inglese: transferee). Trovare esempi in italiano ` e facile. Per
esempio, in (1a) il morfema -o della parola uom-o ` e un traslato stativo (in simboli O > O). 35
Vediamo ora come raggruppare i morfemi in una data frase e attaccargli l’etichetta del carattere grammaticale. Cogliamo capire come mettere le parentesi per identificare i gruppi morfemici principali. Questa abilit` a ` e fondamentale quando effettueremo la CoCAL sui trascritti delle sedute terapeutiche, come vedremo nella terza lezione. Facciamo dunque qualche esempio semplice, per capire meglio come funziona la traslazione. 36
Nella tabella 1.2 abbiamo le traslazioni possibili dello stativo per selezione acqu-. I cerchi barrati con la ics (simbolo: ⊗) indicano le traslazioni ‘proibite’, non ammesse, mentre le epsilon () indicano gli elementi mancanti perch´ e non necessari. Ricordo che i traslatori modificano il carattere
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grammaticale del morfema a cui vengono agganciati, mentre i traslati confermano lo stesso carattere grammaticale (fenomeno universale linguistico detto ‘ridondanza’).
Non esiste, nell’italiano corrente, la parola ?acquare, n´ e a livello morfologico, n´ e a livello semantico, perci ` o la traslazione da stativo a verbante
e proibita (in simboli: O > ⊗I). 37 Ho appena detto ‘morfologica’ o ‘se`
mantica’ perch´ e si tratta di due strategie possibili che ogni lingua pu ` o
adottare per la traslazione. Si guardi nella tabella 1.2 la traslazione da stativo ad aggiuntivo (O > A): l’italiano la realizza con diverse strategie nel caso del lessema acqu-: nel caso di acqu-os-o e acqu-atic-o sceglie una strategia morfologica derivazionale, mentre nel caso di idric-o il lessema di base viene cambiato con un lessema supplementare (idric-). Quando bisogna riempire una necessit` a semantica ma la morfologia non corre in aiuto in quanto troppo rigida, la lingua prende a prestito un lessema supplementare: tale strategia viene detta dai linguisti strategia supplettiva (se non c’` e necessit` a semantica, come in ?acquare, semplicemente non viene adottata alcuna strategia). Per marcare la differenza della strategia supplettiva dalle strategie morfologiche, la traslazione viene indicata con il simbolo . Si tratta solo di un fatto notazionale: da un punto di vista strutturale il simbolo ha valore di >.
Nella tabella 1.3 vediamo un altro esempio, a partire da un lessema aggiuntivo (A) per collocazione, calm-. Lo si nota per esempio dalla traslazione in stativo (A > O), che ha bisogno dell’articolo determinativo. 38 Notiamo inoltre come il morfema -are sia un traslatore verbale (in simboli: ... > I) applicabile (anche) a lessemi aggiuntivi direttamente. Questo esempio cimostra due traslazioni morfologiche (calm-o/a e calm-are) e due traslazioni per collocazione - con calma e la calma. 39 Le traslazioni per
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1.1. Morfosintassi
collocazione sono una strategia non morfologica bens´ ı sintattica. Nella tabella 1.4 abbiamo le traslazioni del lessema ved-. Questo ` e un
caso interessante, perch´ e, a parte la traslazione identit` a (I > I), le altre traslazioni adottano pi ´ u strategie insieme, che possiamo scomporre passo per passo. La traslazione da verbale a stativo, infatti, dapprima prende e aggiuntivo (I A), lo conferma supplettivamente il morfema vist-, che `
tale morfologicamente per ridondanza mediante una traslazione identit` a (vist-a, I A > A), infine per collocazione sintattica lo rende stativo (la vist-a, I A > A > O).
Facciamo ora il punto di dove siamo arrivati. Abbiamo visto tre delle quattro strategie possibili per la traslazione: derivazionale (a livello morfologico); supplettiva (a livello semantico); per collocazione (a livello sintattico); per Ablaut (quella mancante: ancora a livello morfologico).
Per completezza, facciamo un esempio di traslazione per Ablaut, termine tedesco a volte reso in italiano come ‘apofonia’. Si tratta di una strategia tipica delle lingue germaniche come appunto il tedesco, oppure l’inglese o l’olandese. 40
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Capitolo 1. Prima lezione
Nella tabella 1.5 vediamo le traslazioni del lessema aggiuntivo inglese long. La traslazione identit` a (A > A) avviene per collocazione: per sapere che long ha valore aggiuntivo doppiamo anteporlo a un lessema stativo ( O (lex); ‘lex’ sta per ‘lessema’), come in she has long hair, ‘ella ha capelli lunghi’. Similmente per la traslazione in circostanziale (A > E), come in I worked all day long, ‘ho lavorato tutto il giorno’, dove viene posposto a un lessema verbale ( I (lex)). Quello che per ` o ci interessa maggiormente
adesso sono le altre due traslazioni, che utilizzano la strategia per Ablaut: la vocale {o} e il gruppo consonantico {ng} vengono “ruotati” rispettivamente in {e} e {ngth} perci ` o long si trasla nello stativo length (tralascio
tutti gli aspetti fonetici, che non ci interessano qui; tra parentesi graffe vengono indicati per convenzione i grafemi). Per chi conosce il tedesco, la stessa traslazione da aggiuntivo a stativo (A > O) ` e resa dalla coppia
A (lang)> O (L¨ ange) dove l’umlaut (¨ a) rende forse ancora pi ´ u evidente la “rotazione” vocalica.
Abbiamo visto quindi le quattro strategie possibili per effettuare traslazioni:
1. derivazionale,
2. supplettiva,
3. per collocazione,
4. per Ablaut.
Le strategie derivazionali e per Ablaut sono morfologiche, quella supplettiva ` e semantica, mentre quella per collocazione ` e sintattica. Non esistono altre strategie possibili, indipendentemente dalla lingua usata: questo rende il modello estremamente potente ed espressivo. Naturalmente, ai fini di analisti delle conversazioni terapeutiche ` e necessario imparare a distinguere il carattere grammaticale dei gruppi di morfemi per ciascuna frase. In altri termini, dovremo saper mettere le parentesi corrette almeno ai reggenti, vale a dire i gruppi verbali (I) e i gruppi stativi (O), i pi ´ u importanti a livello pragmatico, e in seconda battuta, solo se serve, evidenziare i modificatori, vale a dire i gruppi aggiuntivi (A) e circostanziali (E).
` E chiaro che esiste un modo standard per “montare” i gruppi di morfemi l’uno con l’altro per formare delle frasi compiute, in modo tale cio` e
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1.1. Morfosintassi
che siano distinte da una insalata di parole messe l´ ı a caso. Nel paradigma adposizionale, questo modo standard ` e chiamato ‘albero adposizionale’,
in inglese adpositional tree, da cui l’abbreviazione adtree.
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Capitolo 1. Prima lezione
1.1.3 Gli alberi adposizionali semplici
Nella prospettiva della linguistica costruttiva, gli elementi del linguaggio vengono presi a due a due e si osserva qual ` e la loro relazione. Tipicamen-
te, per ‘elementi del linguaggio’ intendo un gruppo di morfemi, che pu ` o
essere costituito anche da un solo morfema (per esempio ora in 1a) o al limite da un marcatore vuoto (morfema zero, come il plurale del sostantivo nel gruppo stativo le citt` a). All’altro estremo, un gruppo di morfemi pu ` o
essere un intero testo, come la Divina Commedia, o un dialogo, quale un trascritto di seduta.
Una volta individuati i due elementi, la loro relazione viene espressa tramite un gruppo morfemico speciale che chiameremo adposizione. Un’adposizione pu ` o essere un singolo morfema, come per, un gruppo morfemico come alla maniera di o un morfema zero se si tratta di collocazione sintattica pura, come in Paolo corre, dove la epsilon (simbolo: ) indica la relazione tra lo stativo Paolo (simbolo: O) e il gruppo verbale corr-e (simbolo: I). Il termine ` e appropriato perch´ e, come vedremo, molto spesso le adposizioni - cos´ ı definite - coincidono con le preposizioni come le conosciamo dalla scuola, o le posposizioni, per lingue come il turco o il giapponese, o ancora con circumposizioni, in-posizioni, ecc.; non c’` e differenza, a questo livello di analisi. 41
q
Un albero adposizionale ` e dunque costituito da tre elementi fondamentali: i due elementi e la adposizione, come si vede in figura 1.1. Il triangolino () posto sopra dep e gov indica iconicamente il fatto che gli alberi adposizionali sono ricorsivi: le due foglie destra e sinistra possono a loro volta essere degli alberi (come si esplica tale ricorsione lo vedremo
nella sezione 1.1.5 dedicata alla valenza). ` E evidente che l’adposizione
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1.1. Morfosintassi
pu ` o essere di zero, uno, qualche morfema, ma non pu ` o essere un albero a
sua volta (per questo motivo non c’` e il triangolo ). I due elementi posti nelle foglie giocano due ruoli opposti e complementari: quello a destra (per convenzione) governa o regge la relazione, e viene chiamato perci ` o reggente (abbreviato in gov, dall’inglese governor), l’altro, posto per convenzione a sinistra, ne dipende, e viene chiamato dipendente (abbreviato in dep, dall’inglese dependent). Per capire qual ` e il reggente e quale il dipendente il test intuitivo ` e il
seguente: prendo un elemento, provo a toglierlo dalla frase, e vedo se la frase risultante “sta in piedi”. Se la risposta ` e affermativa, l’elemento tolto ` e un dipendente; viceversa, si tratter` a di un reggente. Permettetemi di fare un esempio. Prendiamo una frase sufficientemente ricca di elementi, come questa:
(4a.) Lo spettacolo meravigliosamente bello degli Squerez sbarca a Milano.
Adesso proviamo a cancellare i pezzi in maniera ragionevole, vale a dire in modo tale che tutte le frasi risultanti “stiano in piedi”:
(4b.) Lo spettacolo @ @ @ @ @ @ @ @ @
meravigliosamente bello degli Squerez sbarca a Milano
(4c.) Lo spettacolo @ @ @ @ @ @ @ @ @
meravigliosamente $ $ $
(4d.) Lo spettacolo @ @ @ @ @ @ @ @ @
meravigliosamente $ $ $
(4e.) Lo spettacolo @ @ @ @ @ @ @ @ @
meravigliosamente $ $ $
Lo spettacolo @ @ @ @ @ @ @ @ @ (4f.) @ @ @ @ @ @ @ meravigliosamente $ $ $
(4b) ` e perfettamente grammaticale, e cos´ ı le altre (4cdef). Invece, se avessi tolto come primo gruppo morfemico lo stativo Lo spettacolo avrei ottenuto un’insalata di parole:
(4g.) *meravigliosamente bello degli Squerez sbarca a Milano.
A questo punto risulta evidente da (4f) che il gruppo reggente della frase ` e il gruppo verbale (I), e quindi, ragionando in senso inverso, se vogliamo costruire un albero adposizionale dobbiamo partire dal gruppo verbale. 42 La coppia reggente-dipendente pu ` o essere messa in relazione in tre
modalit` a differenti, come vedremo tra poco. Questo punto ` e molto im-portante, perch´ e ci d` a molte informazioni su come viene strutturato il
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Capitolo 1. Prima lezione
linguaggio, e questo ` e vero sia a livello di morfema (magari poco rilevante per il terapeuta) sia a livello di significato inteso dal parlante/cliente (sicuramente molto rilevante per il terapeuta). L’adposizione sta in mezzo a reggente e dipendente, a mo’ di “gancio”, e viene abbreviata in
adp,
dall’inglese
adposition.
Riassumendo: per convenzione grafica, il reggente `
il dipendente ` e sempre collocato al ramo
sinistro
dell’albero. Sto volutamente ignorando, per il momento, la freccia collocata sopra l’adposizione (↔): il suo ruolo infatti non ` e strutturale, non serve cio` e alla costruzione dell’albero. La vediamo pi ´ u avanti. adp ↔ gc ((dep) gc , (gov) gc )
Questa ` e la linearizzazione dell’albero adposizionale astratto come mostrato in figura 1.1. Come si vede, la adposizione viene messa in evidenza all’estrema sinistra, mentre i rami sinistro e destro dell’albero stanno rispettivamente a sinistra e destra della parentesi.
43
Adesso vediamo come l’albero ci permetta di esplicitare la traslazione. Ciascun nodo dell’albero possiede un proprio carattere grammaticale (ab-breviato in
gc,
dall’inglese
grammar character).
` E importante notare che
il
carattere grammaticale dell’intero albero adposizionale `
In altri termini, il carattere grammaticale dell’adposizione coincide con il risultato della catena di traslazione: il reggente porta il carattere grammaticale di partenza, il dipendente lo conferma (nel caso di un traslato) o lo modifica (nel caso di un traslatore). Pi ´ u avanti riprenderemo questo
concetto nel dettaglio. Una catena di traslazioni, infatti, non ` un modo implicito di scrivere un albero adposizionale (il simbolo > infatti, altro non ` e che la rotazione di novanta gradi della vu rovesciata che costituisce la struttura dell’albero, come in figura 1.1). Il vantaggio della notazione del tipo:
gc > gc > gc
` e la sua compattezza e semplicit` a, lo svantaggio ` e la sua opacit` a, perch´ e
evidentemente non tutte le informazioni sono esplicite. Per capire cosa viene nascosto dobbiamo ora vedere tutta l’informazione in maniera completamente esplicita.
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1.1. Morfosintassi
1.1.4 Come ` e fatto l’albero adposizionale di una frase
Analizziamo ora i componenti di un albero adposizionale, partendo dal livello intrafrasale. In altri termini, consideriamo come unit` a di riferimento la frase e i suoi componenti interni. Per frase intendo quello che in inglese ` e phrase, cio` e il gruppo verbale e tutto ci ` o che gli sta intorno.
Nel paradigma adposizionale ad ogni gruppo verbale corrisponde una frase: il primo passo della CoCAL ` e quello di individuare il gruppo verbale, e
identificare dunque una catena di traslazioni dove la traslazione finale sia per l’appunto quella verbale (in simboli: ... > ... > ... > I). Possiamo ora rivedere il fenomeno della traslazione con maggior precisione rispetto alla sezione 1.1.2 precedente. Abbiamo visto gi` a che tra-slatori e ancor di pi ´ u traslati sono sempre dipendenti (dep) o adposizioni, vale a dire stanno nella foglia sinistra dell’albero o nel gancio sotto la radice. Chiamiamo il carattere grammaticale generico del dipendente D, mentre quello del reggente (gov) lo chiamiamo G.
q q
Figura 1.2: Alberi astratti di risalita (a sinistra) e imposizione (a destra)
Osserviamo la figura 1.2 con attenzione. Nell’albero di sinistra, nell’albero, avviene la risalita del carattere grammaticale (character raising) del reggente (gov): il carattere grammaticale finale dell’albero sar` a identico a quello del reggente. Nei termini Tesneriani, ci ` o che avviene ` e una
traslazione identit` a: l’adposizione ` e un traslato.
Viceversa, nell’albero di destra, l’adposizione impone il proprio carattere grammaticale - spesso le funzioni principali delle adposizioni sono proprio di imporre il proprio carattere grammaticale. Infatti, il carattere finale F ` e diverso sia da quello del dipendente che da quello del reggente (si noti che, essendo i caratteri grammaticali quattro, non sono molti i casi possibili). L’adposizione sar` a dunque un traslatore: la traslazione ` e avvenuta in modo pieno, completo (figura 1.2, destra). Facciamo un esempio per tipo.
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Figura 1.3: Esempi di risalita (a sinistra) e di imposizione (a destra)
In figura 1.3 vediamo a sinistra l’albero del gruppo so nice (in inglese, ‘cos´ ı bello/a/i/e’). Qui lo stativo reggente nice viene modificato dal dipendente circostanziale so: il carattere grammaticale finale dell’albero ` e
ancora aggiuntivo, e quindi abbiamo un caso di risalita del carattere reggente. Nella parte destra invece vediamo esplicitato l’albero della catena di traslazione del gruppo verbale pass-eggi-amo: ` e l’adposizione -eggi- cheimpone il proprio carattere grammaticale all’albero, che infatti passa da stativo a verbale; il dipendente -amo non fa che confermare questa traslazione. 44
Possiamo a questo punto vedere la notazione compatta della traslazione in maniera esplicita. Questo ` e l’albero lineare dell’esempio di risalita di cui sopra, so nice:
← A (so E , nice A )
La notazione compatta sar` a la seguente:
E > A > A
dove per brevit` a si pu ` o omettere la traslazione identit` a, se non c’` e bisogno di precisione formale, ottenendo E > A. L’albero lineare dell’esempio di imposizione pass-eggi-amo ` e il seguente:
-eggi- → I (-amo I , pass- O )
La notazione compatta avr` a la forma O > I > I simile all’esempio di prima - qui si vede lo svantaggio della notazione compatta, che oscura se si sta applicando una risalita o un’imposizione. In generale, possiamo ap-
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1.1. Morfosintassi
plicare la seguente formula di riscrittura:
D > G > F
dove D rappresenta il carattere del dipendente, G quello del reggente e F quello dell’adposizione. 45 Nel caso di un’imposizione, F ` e diverso da G;
nel caso di una risalita, i due caratteri grammaticali sono uguali. La ridondanza ` e un caso particolare di risalita, in cui il carattere grammaticale
del dipendente `
Figura 1.4: Esempi di ridondanza stativa (a sinistra) e verbale (a destra)
Le parole italiane scarp-ett-a (gruppo morfemico stativo) e cred-ett-ero (gruppo morfemico verbale) sono due esempi di ridondanza (figura 1.4). 46
Chiarito il funzionamento degli alberi adposizionali, ci occupiamo ora della freccia che sta sopra l’adposizione, che prima avevamo visto genericamente come una freccia a due punte (↔). Chiamiamo tale freccia
in-dicatore.
Un indicatore pu `
specifico, l’indicatore pu ` o prendere allora due valori, a seconda se la freccia punta a sinistra (←) o punta a destra (→). La freccia indica la salienza informativa (in inglese information prominence, vale a dire da che parte sta l’informazione pi ´ u saliente, pi ´ u rilevante: se non ` e possibile determinare tale parte, l’indicatore sar` a generico. Per convenzione, la freccia parte dall’informazione saliente (lato della coda) per arrivare all’informazione meno saliente. 47
Se il lato saliente ` e il reggente, la relazione verr` a chiamata
reggenza
o
government e la freccia punter` a a sinistra. Se il lato saliente ` la relazione verr` a chiamata dipendenza o dependency e la freccia punter` a a destra. Non c’` e corrispondenza speciale tra reggenza, dipendenza, indefinitezza, e risalita o imposizione. In altri termini, un’imposizione o una risalita possono avere un indicatore di qualsiasi tipo.
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Capitolo 1. Prima lezione
Tabella 1.6: Indicatori di reggenza, dipendenza e relazione indefinita
La tabella 1.6 mostra i tre tipi di relazione possibili. Perch´ e questa indicazione ` e importante? Se non avessimo questa distinzione, potremmo s´ ı costruire gli alberi, ma perderemmo un insieme importantissimo di distinzioni
pragmatiche
- molto utili quindi, quando faremo l’analisi dei trascritti di seduta. Si noti che la relazione indefinita (in inglese:
underspecified relation)
non significa ‘nessuna relazione’: ci sono casi in cui senza un “intervento esterno” - per esempio nell’enfasi del parlato, del contesto, la struttura non pu ` o essere disambiguata e rimane dunque indefinita.
In questi casi cio` e l’indefinitezza ` sotto).
Per capire l’indefinitezza, facciamo un esempio contrastivo di relazione stativo-verbale. 48 Prendiamo la coppia di frasi seguente (l’esempio ` e
di Marco Benini, che ringrazio):
(5a.) Roma cade.
(5b.) Lo stuntman cade.
In (5a) la caduta di Roma non ` e un atto volontario bens´ ı qualcosa che
accade a Roma, invasa dai barbari (in inglese: it happens). Al contrario, in (5b) ` e lo stuntman che decide di cadere; anzi, lo fa (in inglese: he does it) di professione. Mentre in (5a) la salienza informativa ` e nella caduta,
quindi nel gruppo verbale, al contrario in (5b) la salienza informativa ` e
nello stuntman. La figura 1.5 mostra gli alberi corrispondenti a (5a) e (5b), rispettivamente a sinistra e a destra. 49
Non si tratta di una distinzione di poco conto, perch´ e possiamo trarre delle inferenze molto precise e importanti 50 :
(5c.) Roma ` e qualcosa che subisce il fatto di cadere.
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1.1. Morfosintassi q q
Roma
Figura 1.5: Coppia minima strutturale sul gruppo verbale cade
(5d.) Lo stuntman ` e un cascatore (qualcuno che cade).
In inglese addirittura le due strutture ci danno due nominalizzazioni diverse. Mentre in italiano la nominalizzazione di (5a) e (5b) sono opache, la caduta di Roma/dello stuntman, in inglese avremo:
(5e.) The falling of Rome.
(5f.) Stuntman’s falling.
Questo ` e un altro aspetto metodologico importante della linguistica co-
struttiva: ogni elemento strutturale `
beri adposizionali ammissibili.
Queste trasformazioni possono essere per esempio le nominalizzazioni, o altre forme di grammaticalizzazione.
51
Facciamo un solo esempio. La costruzione italiana
fino ad ora
si ` e gramma-
ticalizzata in finora. La nominalizzazione ` u importanti: per esempio Roma cade la caduta di Roma (il calizzazione pi ´
segno indica la trasformazione tra alberi). 52 Capire da che parte sta la salienza informativa significa capire come il parlante (per esempio il cliente) sta rappresentando la scena che gli si pone davanti, e conseguentemente come ` e possibile ristrutturarla altrimenti, per potergli aprire nuovi orizzonti. Credo che questo aspetto sia cruciale nel ruolo terapeutico. In figura 1.6 vediamo i due alberi corrispondenti alla relazione stativo-aggiuntiva (in simboli: adp↔ (A, O)) tra lo stativo ventos (‘i venti’) e l’agget- O
tivo (sottoclasse degli aggiuntivi) fortes (‘forti’):
(6a.) fortes ventos (‘da tutti i venti, quelli forti’)
(6b.) ventos fortes (‘solo quelli forti’)
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Figura 1.6: Coppia minima strutturale fortes ventos e ventos fortes
(6a-b.) ← → O ((fortes) A , (ventos) O ) O ((fortes) A , (ventos) O )
L’esempio ` e in portoghese perch´ e questa distinzione, resa con una diversa collocazione dei due gruppi stativo e aggiuntivo, in italiano si sta perdendo, mentre in portoghese si conserva bene. In (6a) il gruppo aggettivale fortes ` e un mero attributo, non ` e saliente, mentre viceversa in (6b) sotto la
superficie c’` e un’intera predicazione: ‘i venti, quelli che sono forti’. 53 Un discorso analogo possiamo farlo per il genitivo soggettivo vs. oggettivo perch´ e il diverso valore pragmatico nell’ordine dei costituenti del portoghese tra aggettivo e sostantivo in (6a) e (6b) in realt` a deriva dal latino. 54 Si osservi la frase italiana il ricordo di noi: essa pu ` o avere due sensi
molto diversi, che in latino corrispondono a due forme morfosintattiche precise: 55
(7a.) nostra memoria (il ricordo che abbiamo di qualcuno). (7b.) memoria nostri (il ricordo che qualcuno ha di noi).
Come si pu ` o vedere, la collocazione degli aggiuntivi ` e invertita: in (7a)
l’aggettivo nostra precede il sostantivo, mentre in (7b) il genitivo nostri segue il sostantivo. Analogamente in portoghese. L’italiano, invece, in questo caso ` e strutturalmente ambiguo: come
rendere questa ambiguit` a in termini di alberi? Per rispondere analizziamo un altro esempio della stessa ambiguit` a, esempio che trovo particolarmente chiaro. Il latino amor patris (l’amore del padre) viene descritto nelle grammatiche tradizionali come un caso di genitivo soggettivo oppure oggettivo. Che cosa significa? Nel primo caso, amor patris pu ` o indicare
l’amore che il padre esprime ai figli: 56
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1.1. Morfosintassi
(8a.) Pater donat filiis amorem (il padre d` a amore ai figli).
Nei termini della linguistica costruttiva, diremo che la salienza informativa ` e sul genitivo patris, dunque su A, e conseguentemente abbiamo una relazione di dipendenza (indicatore: →).
Viceversa, il cosiddetto ‘genitivo oggettivo’ indica l’amore che il padre riceve dai figli, perch´ e i figli sarebbero l’oggetto d’amore dei figli - e qui la terminologia ` e confusa, perch´ e i figli sono al caso ablativo, non accusativo! - come nella frase soggiacente:
(8b.) Pater accipet amorem ex filiis (il padre riceve amore dai figli).
Nella terminologia nostra, non ambigua, la salienza informativa ` e sul reggente (gov), vale a dire sullo stativo (O) amor. In fondo questi figli non vengono menzionati esplicitamente, e di conseguenza la relazione ` e di
reggenza o government (indicatore: ←).
q q
In figura 1.7 abbiamo le due interpretazioni possibili di amor patris (reggenza a sinistra, dipendenza a destra), che rendiamo, quando implicite, con l’indicatore destra-sinistra (↔): 57
(8a-b.) -is ↔ O (patr- A , amor O )
Espressioni come il ricordo di noi o amor patris hanno due interpretazioni possibili (detto altrimenti: il loro significato ha due sensi possibili) e necessitiamo di un intervento esterno per poter disambiguare, come il tono di voce, il contesto di riferimento, le conoscenze enciclopediche. Ogniqualvolta saremo impossibilitati a disambiguare, useremo l’indica-
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Capitolo 1. Prima lezione
tore destra-sinistra (simbolo: ↔): i dati non vanno mai forzati, bisogna rispettarli.
A questo punto abbiamo visto le relazioni indefinite (underspecified) che coinvolgono i gruppi morfemici verbale, stativo e aggiuntivo:
• stativo-verbale (in simboli: adp↔ (O, I));
I
• aggiuntivo-stativa (in simboli: adp↔ (A, O)).
O
Per completare il quadro, ci mancano la relazioni circostanziali.
q q
La figura 1.8 mostra gli alberi circostanziali astratti, che sono simmetrici agli alberi stativo-aggiuntivi (si riveda le figure 1.6 e 1.7 a questo proposito). Facciamo prima due esempi di relazione circostanziale-verbale, uno per tipo: una reggenza circostanziale e una dipendenza circostanziale. 58
(9a.) Quando vieni?
(9b.) Domani.
La figura 1.9 mostra gli alberi adposizionali di (9a) e (9b). 59 Quando faccio una domanda (9a), ` e evidente che - in condizioni normali - mi
aspetto una risposta: parole correlative quali quando, dove, come sono tutte circostanziali che prendono la salienza informativa della frase a cui sono attaccate, e quindi sostengono una relazione circostanziale di dipendenza (→). Viceversa, in frasi piane come (9b), la relazione circostanziale sar` a di reggenza.
Manca solo la relazione circostanziale-aggiuntiva. Qui, occorre una precisazione importante. Nelle nostre lingue, gli avverbi (sottoclasse dei
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1.1. Morfosintassi q q
circostanziali) vengono applicati non solo ai verbanti ma anche agli aggettivi. Ecco un paio di esempi per chiarire:
(10a.) spettacolo meravigliosamente bello.
(10b.) highly sensitive topic (un tema molto caldo).
In (10a-b.) i gruppi morfemici meravigliosamente bello e highly sensitive sono inequivocabilmente aggettivali (A). In altri termini, la morfologia di meravigliosamente e highly li fa sembrare dei circostanziali quando in realt` a si tratta di modificatori degli aggettivi - bello e sensitive rispettivamentea un livello di profondit` a dell’albero differente. Di conseguenza, gli avverbi delle nostre lingue sono circostanziali se applicati ai verbi, altrimenti possono fungere da aggiuntivi, come in (10a-b). La figura 1.10 mostra quanto appena detto. L’albero di destra ` e una forma
compatta, l’informazione non cambia. La forma compatta viene usata per esigenze di leggibilit` a. 60
Le figure 1.9 e 1.10 sono i primo esempio che vediamo di alberi complessi. Come costruire un albero adposizionale complesso ` e il prossimo
argomento che affronteremo; tuttavia, prima di passare a tale argomento, ` e utile riepilogare dove siamo arrivati. A questo punto infatti abbiamo tutti i mattoni di costruzione dell’albero, con tutte le relazioni ammesse tra ogni coppia di morfemi, qualsiasi sia il loro carattere grammaticale (sempre nelle nostre lingue di riferimento, cio` e l’italiano e l’inglese). Eccole nel dettaglio. Per convenzione, nel nome il primo termine indica il dipendente, il secondo il reggente:
1. (relazione identit` a stativo-verbale) adp ↔ I ((dep) O , (gov) I )
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Figura 1.10: Albero di meravigliosamente bello normale e compatto
2. (reggenza stativo-verbale) adp ← I ((dep) O , (gov) I )
3. (dipendenza stativo-verbale) adp → I ((dep) O , (gov) I )
4. (relazione aggiuntivo-stativa) adp ↔ O ((dep) A , (gov) O )
5. (reggenza aggiuntivo-stativa) adp ← O ((dep) A , (gov) O )
6. (dipendenza aggiuntivo-stativa) adp → O ((dep) A , (gov) O )
7. (relazione circostanziale-verbale) adp ↔ E ((dep) E , (gov) I )
8. (reggenza circostanziale-verbale) adp ← E ((dep) E , (gov) I )
9. (dipendenza circostanziale-verbale) adp → E ((dep) E , (gov) I )
10. (relazione circostanziale-aggiuntiva) adp ↔ A ((dep) E , (gov) A )
11. (reggenza circostanziale-aggiuntiva) adp ← A ((dep) E , (gov) A )
12. (dipendenza circostanziale-aggiuntiva) adp → A ((dep) E , (gov) A )
Ora sappiamo com’` e fatto un albero semplice. Ci ` o di cui abbiamo bisogno
ancora sono le regole per montarli, i nostri mattoni per costruire la frase: tali regole derivano dal concetto di valenza.
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1.1. Morfosintassi
1.1.5 La valenza
La relazione indefinita stativo-verbale non ` e stata ancora trattata comple-
tamente, perch´ e abbiamo bisogno del concetto di ‘valenza zero’ o avalenza. Il concetto di valenza Tesni` ere (1959) lo mutua dalla chimica: l’idrogeno ha valenza uno, l’ossigeno ha valenza due, insieme formano l’acqua (H 2 O). Analogamente alla tavola degli elementi, i verbanti possono essere classificati a seconda della loro valenza: non si applicano per ` o gli uni
con gli altri, bens´ ı con gli stativi. Completiamo dunque il panorama delle relazioni stativo-verbali e introduciamo il concetto di valenza in generale. Riprendiamo l’esempio di Searle (2010) gi` a utilizzato in precedenza:
(2.) Sta piovendo su di me pesantemente.
Per costruire l’albero adposizionale, partiamo sempre dal gruppo verbante e vediamo che valenza ha: in (2), il gruppo sta piovendo ha la valenza del verbo piovere. 61 In italiano, il lessema piove non ammette argomenti e accettabile. 62 Come sar` a l’albestativi: per esempio, *la nuvola piove non ` ro corrispondente di piove?
q
Si noti che, essendo piove una forma idiomatica a s´ e, non ` e ulteriormente
analizzabile: si tratta di un caso estremo di grammaticalizzazione (figura 1.11).
Da un punto di vista formale, la valenza zero ` e un caso speciale della
valenza uno o monovalenza, che abbiamo gi` a visto in precedenza. Un albero monovalente, infatti, ` e un albero adposizionale semplice costruito su una reggenza o una dipendenza verbale.
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Capitolo 1. Prima lezione
(5a.)
←
(Roma
O
1
,
(cade) I
1
>
I
1
)
I 1
1 (5b.) →
I 1
1
Gli alberi (5a-b), di cui vediamo la versione linearizzata, sono due esempi. 63
Completiamo il panorama delle valenze. Vediamo i verbi a valenza tre, detti trivalenti: i verbi bivalenti (valenza due), possono infatti essere ricondotti al discorso che facciamo adesso a proposito dei verbi trivalenti. Prendiamo in particolare la frase inglese seguente, il cui verbante ` e will
open
(aprir` a), la cui costruzione `
valenza del verbante ` e data da
open.
In inglese,
open
` dire pu ` o attaccarsi a un massimo di tre stativi: (11a.) The janitor will open the door with the key (for the Lady). (11b.) The janitor will open the door (for the Lady). (11c.) The key will open the door (?for the Lady). (11d.) The door will open with the key (?for the Lady). (12b.) The door will be opened by the janitor (for the Lady). (12c.) The door will be opened with the key (?for the Lady).
Si tratta di un esempio famoso. 64 Abbiamo una scena, con il portiere (ja- nitor) ela signora (Lady), la porta door e la chiave (key). L’inglese open pu ` o
attivare fino a tre ruoli semantici nella scena, e possiamo rappresentarli tutti con lo stesso albero e opportune trasformazioni (). Quello che intendo mostrare ` e che il portiere, la porta e la chiave sono stativi interni
a open, mentre la signora non lo ` corrispondenti.
In figura 1.12 vediamo come la trasformazione (11a) (11b) venga effettuata per omissione (omission): il terzo attante (indico con questo termine gli stativi interni alla valenza di un verbante) semplicemente non viene espresso, viene omesso dalla scena.
In figura 1.13 vediamo altri due casi interessanti. (11c) infatti mostra non solo l’omissione del portiere (janitor), ma anche l’avanzamento (ad- vancement) delterzo attante, vale a dire la chiave (key) a primo attanteperdendo significativamente l’adposizione with. (11d) ` e anche interessante, perch´ e l’omissione del portiere (janitor) fa avanzare ordinatamente sia la porta (door), sia la chiave (key).
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1.1. Morfosintassi q q
¡
¡ (E > I 3
¡
(the Lady)
(O 4 )
the key
A questo punto possiamo capire perch´ e la signora (Lady) non ` e un attante: in altri termini si tratt di un argomento extra-valente, una mera circostanza del verbo e nulla pi ´ u. Questo avviene perch´ e qualsiasi trasforma-
zione canonica noi facciamo sulle costruzioni possibili dell’albero attorno a open, quello stativo non pu` o mai avanzare. In termini meno tecnici: comunque noi “giriamo” la frase, la signora rimane sempre l´ ı, una beneficiaria dell’azione combinata di portiere, porta e chiave, ma comunque sullo sfondo. 65 Notiamo tra l’altro come la frase suoni molto pi ´ u naturale con la signora se il portiere ` e espresso esplicitamente, altrimenti suona un po’ strana. Lascio al lettore di scrivere gli alberi delle costruzioni canoniche passive corrispondenti a questi due ultimi esempi, vale a dire (12c) e (12d). Dovrebbe dunque essere un gioco da ragazzi scrivere l’albero della frase the door will open. Con questo concludiamo il trattamento della valenza. 66
Tutto ci ` o ` e rilevante in un contesto terapeutico perch´ e sapere chi o cosa viene omesso o avanzato in un resoconto da parte del cliente pu ` o dare
al terapeuta molti indizi su come ristrutturare la narrazione per esempio sbloccare un automatismo o per far vedere l’inaudito. Quando “giriamo”
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1.1. Morfosintassi
le frasi, inevitabilmente “giriamo” anche gli attanti a livello di conversazione o narrazione: li omettiamo, li avanziamo, li mettiamo sullo sfondo come circostanziali, oppure ancora invertiamo la freccia della salienza informativa.
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Capitolo 1. Prima lezione
1.1.6 Frasi con frasi
Con il trattamento dei gruppi circostanziali, per definizione extra valenza, abbiamo concluso la parte dedicata alla morfosintassi intrafrasale, vale a dire quella interna alla frase. Accenniamo, per complezza, come vengono montati gli alberi frasali gli uni con gli altri, vale a dire la morfosintassi interfrasale, senza entrare troppo nel dettaglio, perch´ e ci porterebbe troppo lontano dai nostri obiettivi del seminario. Riprendiamo gli esempi (9a-b):
(9a.) Quando vieni?
(9b.) Domani.
` E evidente che tali frasi sono correlate, e che (9b) dipende da (9a): la salienza informativa ` e nella risposta, altrimenti perch´ e dovremmo porre
una domanda)? Mi limito al caso pi ´
In figura 1.14 vediamo come unire diverse frasi, caratterizzate grammaticalmente come (I). Indichiamo con I (senza indicazioni di valenza) le adposizioni tra frasi (figura 1.15). 68
q
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1.1. Morfosintassi
Facciamo un esempio di congiunzione di frasi mediante una coppia minima (10ab): 69
(10a.) Alfredo pu ` o pagare poich´ e `
(10b.) Alfredo pu ` o pagare dunque ` Le congiunzioni - in termini pi ´ u tecnici, le adposizioni interfrasali - sono
poich´ e
(10a) e
dunque
(10b). Dovrebbe essere oramai semplice individuare la salienza informativa delle due frasi: in (10a) la capacit` a di Alfredo di pagare ` e pi ´ u saliente, mentre al contrario in (10b) la salienza sta nel fatto
che Alfredo ` e ricco.
Figura 1.16: Alberi di Alfredo pu` o pagare {poich´ e|dunque} ` e ricco.
In figura 1.16 vediamo gli alberi corrispondenti, dove la relazione di reggenza agganciata da poich´ e e quella di dipendenza agganciata da dunque sono rese esplicitamente. 70
1.1.7 Riepilogo
Cosa abbiamo visto fin qui? Per prima cosa, quando analizziamo un trascritto di una seduta dobbiamo individuare le frasi, e dunque i gruppi verbanti (I). Teniamo conto che la punteggiatura, che tanto ci aiuta nello scritto, ` e piuttosto arbitraria nella trascrizione del parlato, soprattutto in contesti dove il linguaggio non ` e sorvegliato, e auspicabilmente il regi-
stro linguistico del cliente dovrebbe essere spontaneo, quindi con interruzioni, esitazioni, riformulazioni di frasi sospese a met` a... Le prime volte che si affronta un trascritto si ha la sensazione di perdersi in un mare di informazioni sconnesse. La nostra bussola siano i gruppi verbanti.
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Capitolo 1. Prima lezione
Il secondo passo ` e chiedersi: qual ` e la valenza del verbante? Per fare
questo dobbiamo sforzarci di pensare in un colpo solo tutti gli usi canonici del verbante, come abbiamo fatto nel caso di open. Ci sono delle omissioni significative? Ci sono dei gruppi avalenti “strani”, che denotano un senso di ineluttabilit` a nel cliente, cos´ ı come ` e inevitabile che piove o nevica?
Fatto questo, siamo pronti per il terzo passo. Possiamo adesso chiederci se gli attanti messi in gioco siano salienti informativamente o meno, cio` e se abbiamo relazioni di dipendenza o di reggenza. Questo ci d` a un’idea su come potremmo “girare” le frasi, a beneficio del cliente (e del terapeuta, naturalmente). Il quarto ed ultimo passo ` e guardare i modificatori, che danno il “colo-
re” alla dipintura della scena. Ci sono circostanziali ricorrenti rilevanti, tipo sempre, tutte le volte, o costruzioni aggettivali come un-po’+AGGETTIVO? Costruzioni ricorrenti, fino al limite del parlare stereotipato, possono dare indicazioni importanti sui limiti nelle possibilit` a autoassertive del cliente.
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1.2. Semantica
1.2 Semantica
Non dobbiamo mai dimenticarci della domanda fondamentale: possiamo, come analisti costruttivi della conversazione, dare delle indicazioni utili al terapeuta, basate sull’analisi del trascritto? La risposta ` e affermativa su pi ´ u livelli. Il primo livello ` e stato quello morfosintattico, che
abbiamo visto nel dettaglio. Adesso vedremo la risposta su un altro livello, quello semantico. C Come gi` a in Gobbo (2009), per la semantica io seguo l’approccio composizionale, con alcune specificit` a tecniche dovute alla costruttivit` a del modello generale. 71 In pratica, un morfema ` e costituito da due facce: il morfo e i tratti semantici o sememi. Per morfo si intende “ciascun rappresentante fonologicamente individuato di un certo morfema” (Thornton 2005, 39), mentre il suo significato viene rappresentato mediante tratti semantici o sememi. Facciamo un esempio:
• Roma: [SPAZIO:LUOGO:CITT `
A].
Il morfema stativo Roma ` e definito dal morfo Roma e dal semema CITT ` A, che ho indicato come gerarchicamente inferiore a LUOGO, che a sua volta ` e un’istanza del semema SPAZIO mediante il segno dei due punti. 72 In pratica, una volta individuato il gruppo morfemico - vale a dire messe le giuste parentesi e rilevato il carattere grammaticale finale, eventualmente risultante dalla catena di traslazioni - il significato del gruppo morfemico viene analizzato nei suoi tratti semantici elementari. Non ha senso infatti, considerare i sememi di citt` a eterna come la “somma” dei sememi di citt` a ed eterna: il morfo di riferimento viene individuato dai confini del carattere grammaticale in blocco, come un’unit` a indivisibile, atomica. Solo in questo modo possiamo dire che citt` a eterna ` e un altro
modo per dire Roma. Nei nostri termini, due morfemi sono sinonimi quando hanno (quasi) gli stessi sememi ma morfi diversi. 73 Viceversa, due morfemi sono omonimi quando hanno identico morfo ma sememi diversi. 74 Per esempio, il morfo -a in italiano pertiene a diversi morfemi. Facciamo qualche esempio:
C Questo livello di analisi pu ` o essere sganciato da quello morfosintattico; in altri ter-
mini, si possono usare gli alberi che abbiamo visto nelle sezioni precedenti in maniera del
tutto autonoma.
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Capitolo 1. Prima lezione
• -a: [NOME:FEMMINILE,SINGOLARE] (in ragazz-a);
• -a: [NOME:MASCHILE,SINGOLARE] (in eremit-a);
• -a: [NOME:MASCHILE,PLURALE] (in uov-a);
• -a: [VERBO:
(in parl-a);
Si noti come una lista di tratti gerarchicamente paritari pu ` o essere inclusa in un’altra lista, ricorsivamente. In alcuni casi, i sememi sono definiti in assenza. 75 Per esempio, il morfema gente pu ` o essere definito dai seguenti tratti (non esaustivi):
• gente: [ANIMATO:UMANO:QUANTIT `
A,−DEFINITEZZA].
Non possiamo identificare gli elementi che fanno parte del nome collettivo gente. 76 In inglese, questa distinzione semantica ` e marcata a livello
morfosintattico mediante la dicotomia countable vs. uncountable nouns. I caratteri grammaticali possono essere considerati degli attivatori dei sememi: in italiano, se un gruppo verbale viene rappresentato da un verbo, verranno attivati in automatico dei sememi, come il modo, il tempo, la persona, del verbo.
I sememi possono essere messi in gerarchia: alcuni sememi sono pi ´ u
generali di altri. Quando dico ‘semema generale’ sto adoperando l’asse verticale della semantica, vale a dire la distinzione generale-particolare: in termini tecnici, il sovraordinato (per esempio ANIMALE) viene detto iperonimo (iper) mentre il sottoordinato (per esempio gatto) viene detto iponimo (ipo). Quando invece dico che due sememi sono allo stesso livello gerarchico significa che sono riferiti allo stesso semema genitore. In questo caso sto adoperando l’asse orizzontale della semantica. Lascio volutamente nel vago le possibili relazioni sull’asse orizzontale della semantica. 77
D La visualizzazione dei sememi a elenco ` e dovuta unicamente a motivi di
impaginazione.
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1.2. Semantica
Ai fini dell’analisi terapeutica, l’esplicitazione dei sememi nella mag-e necessario. ` gior parte dei casi non ` E importante per ` o sapere come funziona perch´ e a volte si rivela molto utile. In particolare, nella mia esperienza di analista delle conversazioni terapeutiche, si ` e rivelato molto utile
individuare gli allomorfi: se un cliente chiama sempre la madre con allo-morfi quali mia madre, mamma e mai con il suo nome proprio (per esempio, Maria) ` e interessante annotarlo nel report di analisi, perch´ e si tratta di un dato linguistico sensibile per il terapeuta.
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Capitolo 2
Seconda lezione
Nella prima lezione abbiamo visto come sono fatte le costruzioni linguistiche a livello morfosintattico e semantico. Ci ` o che vedremo adesso ` e come applicare quanto visto alla pragmatica, con particolare attenzione alle modalit` a d’uso nel contesto terapeutico. Il nostro obiettivo dunque ` e di
integrare morfosintassi e semantica mediante la pragmatica. Ogni livello infatti ` e sia autonomo che complementare. In altri termini, l’albero adposizionale pu ` o essere usato indipendentemente dagli aspetti pragmatici, che comunque vi si integrano in modo naturale. Alla fine avremo dunque tre cassette di utensili che possiamo usare per analizzare il linguaggio: gli utensili morfosintattici, quelli semantici e infine quelli pragmatici. In particolare, il paradigma adposizionale sussume la teoria degli atti linguistici di atti linguistici Searle - a partire dalla distinzione tra locu-torio, illocutorio e perlocutorio di Austin per arrivare alla proposta pi ´ u
recente, di una filosofia della societ` a - e la interpreta in senso costruttivo (Austin 1987, Searle 1978, 2010). Prima di presentare l’atto linguistico costruttivo, per ` o, consentitemi di spiegare brevemente perch´ e abbiamo bisogno della pragmatica: non basta avere una fonetica (il modo di riconoscere i suoni della lingua), una morfosintassi (la grammatica, nel senso visto in precedenza) e una semantica (la mappa per orientarsi nel territorio del mondo fenomenico di riferimento, reale, verosimile o fittizio)? Il fatto ` e che noi esseri umani siamo in grado di rappresentare il mondo mediante il linguaggio in maniera estremamente sofisticata: il ricordo e la proiezione nel futuro, per esempio, non sono semplici rappresenta- zioni del mondo cos´ ı com’` e, sono mondi possibili, non necessariamente
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2.1. L’atto linguistico costruttivo
esistenti. Se la semantica ci d` a l’aggancio al mondo, il riferimento, la pragmatica d` a conto dell’intenzionalit` a, che ci permette di partire da quello che abbiamo in testa e rappresentare un mondo possibile: pensate agli affreschi narrativi grandiosi della letteratura mondiale, da Guerra e Pace di Tolstoj a Il Signore degli Anelli di Tolkien. 78 La dinamica tra intenzionalit` a e riferimento ci permette come risultato di rappresentare entit` a non esistenti in questo mondo, come la chimera o il pegaso, senza difficolt` a. 79 Tale dinamica possiamo esplicitarla mediante la teoria degli atti linguistici.
2.1 L’atto linguistico costruttivo
Per
atto linguistico
si intende un enunciato linguistico completo, vale a dire una frase (nel senso gi` a visto in precedenza) inserita in un dato contesto. La presenza del contesto ` e cruciale: la stessa frase pu `
a seconda del contesto anche se il suo significato ` Facciamo un esempio.
(11.) Sei uno stupido.
Dovrebbe essere ovvio che l’albero adposizionale di (11) sia uno solo, e che la semantica dei morfemi sei, uno, stupid- e -o sia ben definita. Ora immaginatevi le seguenti scene:
(11a.) Moglie dice (11.) al marito che torna a casa con un mazzo di fiori in mano. (11b.) Capoufficio dice (11.) al dipendente che ha sbagliato una pratica. (11c.) Dipendente dice (11.) al capoufficio mentre questi lo sta licenziando.
` E evidente che l’intenzionalit` a sottostante quanto detto in (11abc) ` e diversa tutte le volte, e dipende dal parlante (la moglie, il capoufficio, il dipendente, rispettivamente). Inoltre, l’effetto dell’enunciato atteso dal parlante ` e ben definito: pu ` o essere un atto linguistico, tipo mi scusi, adesso la metto a posto in (11b), o magari un atto non linguistico, tipo un bacio dato dal marito alla moglie, in (11a). Fu Austin (1987) il primo a mettere in luce la triplicit` a di ogni atto linguistico, vale a dire il fatto che ogni atto linguistico va visto sotto tre aspetti (facets). I tre aspetti dell’atto linguistico sono i seguenti:
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Capitolo 2. Seconda lezione
1. aspetto locutorio: ci ` o che viene detto dal parlante.
2. aspetto illocutorio: ci ` o che viene inteso dal parlante.
3. aspetto perlocutorio: ci ` o che effettivamente accade al termine dell’atto.
Come viene inteso questo, nella linguistica costruttiva? L’aspetto locutorio ` e quello visto per esteso nella prima lezione, vale a dire la descrizione dell’enunciato ai livelli morfosintattico e semantico. Invece, come vengono rappresentati gli aspetti non locutori, vale a dire l’aspetto illocutorio e quello perlocutorio? In termini pi ´ u generali, come si costituiscono in maniera generale le relazioni tra i tre aspetti dell’atto linguistico? Cominciamo con due considerazioni importanti: la prima sull’aspetto perlocutorio, la seconda sul principio di cooperazione.
2.1.1 A proposito dell’aspetto perlocutorio
L’aspetto perlocutorio comprende tutti gli effetti dell’atto linguistico. In particolare, un atto performativo viene enunciato per ottenere un fare concreto da parte del ricevente e null’altro. 81 Per esempio, se il terapeuta dice, a fine seduta, quando ci vediamo la prossima volta? il cliente potrebbe, senza dire una parola, prendere l’agenda e sfogliarla. Si tratterebbe di una risposta perfettamente adeguata all’illocutorio del terapeuta, pur essendo una risposta non linguistica. In quel caso non c’` e analisi linguistica da fare: ci ` o che ` e importante notare ` e se la risposta perlocutoria ` e
adeguata all’aspettativa illocutoria del parlante, oppure no. Non ci sono terze possibilit` a.
L’aspetto illocutorio comprende anche le aspettative perlocutorie del parlante, vale a dire le credenze e i desideri che il parlante ha rispetto agli effetti concreti del proprio atto linguistico nel mondo sensibile. Se queste aspettative vengono disattese, cio` e se quanto accade effettivamente al termine dell’atto differisce da quanto il parlante si aspettava in precedenza le aspettative del parlante vengono disattese: parleremo di disattesa delle aspettative. In particolare, se il parlante aveva delle aspettative rispetto al ricevente ed esse vengono disattese, si danno due casi A : nel primo caso,
A Se le aspettative erano rispetto al mondo, la catena degli atti linguistici si interrompe:
sassi, alberi o gatti non parlano, perlomeno non le nostre lingue umane.
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2.1. L’atto linguistico costruttivo
il ricevente ha capito benissimo cosa intendeva il parlante, e disattende volontariamente le sue aspettative; nel secondo caso, il ricevente non ha compreso cosa intendesse il parlante come aspettative perlocutorie. Il primo caso lo chiameremo delusione delle aspettative, il secondo fraintendimento. Facciamo un esempio constrastivo.
P :(12.) loc Che freddo, in questa stanza!
P :(12.) illoc Chiudi la finestra, per favore! R:(13a.) loc Gi` a (continua a leggere il giornale).
Il parlante fa una richiesta indiretta (vedremo poi nel dettaglio cosa vuol dire costruttivamente sia “richiesta” sia “indiretta”) al ricevente, che in (13a) risponde sul piano locutorio (s´ ı, ` e vero, nella stanza fa freddo),
ignorando volutamente quello illocutorio e disattendendo l’aspetto per-locutorio (non si alza dalla poltrona a chiudere la finestra). Si tratta di un caso di delusione. Supponiamo ora che la risposta del ricevente sia stata diversa.
R:(13b.) loc Vado ad alzare il termostato.
In (13b) il parlante intende attendere le aspettative del parlante, ma sbaglia azione, alzandosi ma ignorando la finestra aperta. Questo ` e un
caso di fraintendimento. Si noti che (13ab) sono due risposte che chiudono la cornice conversazionale, vale a dire non hanno alcuna aspettativa illocutoria di ritorno sul parlante (feedback
illocutorio,
in inglese
illocutive feedback).
Questo non implica che la conversazione non possa proseguire con frasi come
Interessanti, le notizie, oggi, immagino.
(in risposta a 13a) oppure
Ma no, caro, intendevo la finestra!
(in risposta a 13b). Questo punto ` e molto importante: non `
gruppare i turni conversazionali in sequenze; un indicatore sicuro ` senza di aspettative illocutorie, o feedback illocutorio nullo (in simboli: illoc ).
Riassumendo, per capire se la conversazione ` e felice o se invece l’aspettativa illocutoria ` e stata disattesa (delusa o fraintesa), bisogna guardare insieme l’aspetto illocutorio e quello perlocutorio, confrontandoli.
Page 55
Capitolo 2. Seconda lezione
2.1.2 Cooperazione e competizione
Abbiamo fatto un’assunzione, all’inizio, che ` e bene riprendere a questo
punto: i parlanti stanno cooperando. 82 Teniamo presente che il nostro contesto d’elezione sono le sedute terapeutiche, intese in senso ampio, come esplicite relazioni d’aiuto: c’` e un terapeuta T e un cliente C, in relazione asimmetrica, senza confusione di ruoli. Non possiamo vedere in questa sede il caso di parlanti competitivi: assumiamo che in un contesto terapeutico ci sia un atteggiamento cooperativo sia da parte del terapeuta che da parte del cliente - se ci ` o non fosse vero, avremmo un drop-out,
vale a dire addio sedute terapeutiche! La CoCAL permette di individuare i fraintendimenti occorsi nelle sedute per avere le indicazioni su quali strategie mettere in atto per evitarne in futuro. B Questo va detto perch´ e la responsabilit` a dell’atto linguistico sta dalla parte del parlante se c’` e cooperazione: se il ricevente ha frainteso, ` e il parlante a non essere stato abbastanza chiaro. D’altro canto, il ricevente ha il dovere di segnalare il fraintendimento al parlante, cos´ ı da metterlo nelle condizioni di riparare - in termini tecnici, un enunciato di riparazione o repair. Se il ricevente non avverte il parlante del fraintendimento, di fatto il ricevente non ` e pi ´ u completamente collaborativo.
Diventa facile immaginare come in contesti competitivi, dove i partecipanti cercano di “fregarsi” l’uno con l’altro, tutto diventi pi ´ u complicato,
e - per i nostri scopi - poco interessante. Assumiamo qui il caso felice, cio` e entrambi i partecipanti sono collaborativi. Trattiamo il caso pi ´ u semplice e positivo: se il perlocutorio coincide con le aspettative illocutorie del parlante la conversazione ` e felice. Detto semplicemente, la felicit` a della conversazione avviene quando fila tutto liscio. 83
2.2 L’albero adposizionale pragmatico
Prima di mostrare come estendere l’albero adposizionale per includere gli aspetti non locutori rilevanti ci sono due osservazioni preliminari da fare. La prima osservazione ` e che non ha senso applicare un’analisi mor-
fosintattica o semantica agli aspetti illocutori: esprimiamo l’illocuzione mediante frasi in linguaggio naturale perch´ e ` e comodo, ma la nostra scel- B A questo punto la CoCAL si ferma: si limita a individuare i punti di fraintendimento
e spiegarne i meccanismi; il resto ` e terapeutica, non analisi della conversazione.
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2.2. L’albero adposizionale pragmatico
ta delle parole per farlo - il wording, per dirla con i linguisti cognitivi - ` e arbitraria. 84 La seconda osservazione ` e complementare alla prima: non ha senso
inserire ipso facto nel modello l’aspetto perlocutorio. Se, e solo se, l’aspetto perlocutorio realizza un’aspettativa illocutoria di tipo locutorio, allora e solo allora il modello cattura l’aspetto perlocutorio. 85 Tutto il resto va scritto come commento a margine, come per esempio in (12a). Ci ` o detto,
possiamo vedere come estendere l’albero adposizionale per comprendere gli aspetti pragmatici.
q
Figura 2.1: Albero pragmatico astratto generico al primo turno
In figura 2.1 vediamo rappresentati costruttivamente gli aspetti (facets) locutorio e illocutorio dell’atto linguistico. Sia x un istante nel tempo, per esempio potrebbe essere x = 1 se si tratta del primo turno di una conversazione tra due persone. Intendo per turno il momento in cui una persona parla, finch´ e non smette e aspetta che l’altra persona prenda il gettone del ruolo di parlante. 86
Sia
loc
1
l’aspetto locutorio e
illoc
1
l’aspetto illocutorio del primo turno.
illoc
1
` e ci `
pertanto lo consideriamo il reggente (gov).
87
Normalmente ` tante quello che intendiamo dire (illoc) piuttosto che quanto diciamo (loc), quindi la relazione sar` a solitamente di reggenza (←). Accade il contrario quando il parlante vuole negare l’illocuzione basandosi su quanto detto (per esempio,
non intendevo dire Y; ci` o che ho detto `
va ci dir` a quando ` e il caso di invertire la freccia). Indichiamo con la lambda (λ) il carattere pragmatico generico: ad ogni carattere grammaticale verbante (I) corrisponde un carattere pragmatico (λ).
88
Supponiamo che il parlante abbia richiesto in risposta un atto linguistico di qualche tipo.
89
La figura 2.2 mostra l’albero pragmatico astratto generico al secondo turno. L’aspetto perlocutivo del
primo
turno vie- 56
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Figura 2.2: Albero pragmatico astratto generico al secondo turno
ne rappresentato dall’aspetto locutorio del secondo turno: coincide con l’aspettativa illocutoria del parlante al primo turno (illoc 1 ) oppure no (simbolo: ? =, in figura 2.2)?
Si tenga conto che la lettera della frase (rappresentata da loc) pu ` o veicolare apparentemente un carattere pragmatico differente dall’aspetto il-locutorio e comunque autonomo (in simboli: I λ). Quando le due lambda rispettivamente del locutorio (loc) e dell’illocutorio (illoc) sono uguali, l’atto linguistico viene detto diretto; viceversa, se sono diverse, l’atto linguistico viene detto indiretto.
2.2.1 Le direzioni di adattamento degli stati intenzionali
Abbiamo detto in precedenza che noi esseri umani possediamo una grande libert` a in quanto esseri dotati di intenzionalit` a. Searle (2010) sostiene che ci sono due direzioni di adattamento (directions of fit) possibili degli stati intenzionali: mente-a-mondo (↓) e mondo-a-mente (↑). Immaginiamo che il mondo fenomenico - ci ` o che percepiamo attraverso i sensi, il
sensibilia - sia in basso e che il mondo dei nostri stati mentali (la mente) sia in alto. 90
Searle sostiene - giustamente - che se io racconto un fatto accaduto, parto dalla parola per arrivare al mondo (↓), mentre se esprimo un desiderio sto partendo dal mondo e voglio che questo si conformi alla mia mente (↑). Naturalmente, ci sono alcuni casi in cui non sembra esserci nessuna direzione di adattamento (Searle 2010, 34-35):
Se sono orgoglioso di avere il naso grande o mi vergogno del mio naso grande, in entrambi i casi il fatto che abbia il naso grande ` e dato semplicemente per scontato. Lo scopo dello
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2.3. I caratteri pragmatici
Tabella 2.1: Le direzioni di adattamento degli stati intenzionali
stato intenzionale non ` e rappresentare il fatto che ho un naso grande (direzione mente-a-mondo ↓) e non lo ` e nemmeno
far s´ ı che io abbia un naso grande (direzione mondo-a-mente ↑). In questi casi, semplicemente, presupponiamo che io abbia il naso grande.
Indichiamo con il simbolo dell’uguale (=) l’assenza di direzioni di adattamento. 91
Infine, si d` a il caso in cui le due direzioni di adattamento si sovrappongono. Quando viene creato un mondo - per esempio quando un bambino dice facciamo che tu eri X e io ero Y - abbiamo la combinazione delle due direzioni di adattamento, vale a dire vale sia mente-a-mondo che mondoa-mente, che per brevit` a chiameremo mondo-&-mente (in simbolo: ). 92 La tabella 2.1 riassume quanto detto finora.
2.3 I caratteri pragmatici
Il cuore degli aspetti non locutori ` e certamente l’aspetto illocutorio. Ci
sono diverse tassonomie degli atti illocutori: noi seguiamo quella di Searle. 93 Ci ` o che ` e nuovo qui rispetto alla tassonomia di Searle ` e il trattamento
in termini costruttivi: il nostro modello integra l’analisi dell’aspetto illo-cutorio con l’analisi morfosintattica e semantica dell’aspetto locutorio in maniera del tutto naturale. Difatti, dal nostro punto di vista i cinque tipi di atti illocutori sono semplicemente dei caratteri grammaticali nascosti sotto il carattere grammaticale verbante. Li chiamiamo collettivamente lambda (λ) per sottolineare la loro natura di astrazione rispetto ai caratteri grammaticali
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Capitolo 2. Seconda lezione
visti nella prima lezione. Per distinguerli da essi, li chiameremo
caratteri pragmatici.
Un fatto di particolare interesse ` e che ogni frase, nel senso di ogni albero adposizionale retto da un gruppo verbante, veicola un carattere pragmatico che funge da reggente (gov) e instaura una relazione di reggenza (government).
94
Tale carattere pragmatico, lo vedremo, pu ` o essere “passato” da un gruppo verbante all’altro cos´ ı com’` e in caso di turni lunghi, ma questo non significa che non ci sia la possibilit` a che venga cambiato nel corso del turno dal parlante stesso, come vedremo. Nel proseguo di questa sezione presenter `
caratteri pragmatici, il che ` e lo stesso - in senso del tutto generale, poi vedremo che gli esempi si focalizzeranno ben presto su contesti terapeutici specifici. Sono in tutto cinque (tra parentesi i nomi inglesi originali):
1. assertivi (assertives);
2. direttivi (directives);
3. commissivi (commissives);
4. espressivi (expressives);
5. Dichiarazioni (Declarations).
Nel descrivere i cinque tipi, user ` o la nozione di valenza riferendomi
al numero degli attanti che il carattere pragmatico prevede: questo valore ` e indipendente dalla valenza propria del verbante a livello locutorio. La valenza pragmatica, per cos´ ı dire, ` e solo un indizio per aiutare l’analista
della conversazione a classificare correttamente il tipo di atto illocutorio.
2.3.1 Assertivi
Gli assertivi sono frasi aventi come forma generale la costruzione astratta seguente:
P asserisce che ‘esiste credenza Y di P’.
Una descrizione di un fatto accaduto o un’affermazione su uno stato di cose, sono tipici assertivi. Lo stato intenzionale corrispondente `
P pone a se stesso nei confronti del ricevente R ` ricevente R ` e vincolato a credere che la credenza sia veritiera. Come direzione di adattamento, gli assertivi partono dalla mente (quanto asserito,
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2.3. I caratteri pragmatici r
indicato con il simbolo Y ) per descrivere il mondo (simbolo: ↓). Il mondo e dato, la mente vi si adatta. 95 ` La figura 2.3 mostra come ` e fatto un assertivo: al ramo destro del reggente (gov) sta l’aspetto illocutivo (λ) che prende il carattere pragmatico
assertivo (↓ A). ` E molto importante notare che gli assertivi hanno due valenze: la prima valenza (X) corrisponde al parlante, la seconda valenza (Y ) corrisponde a quanto asserito, vale a dire la credenza, che ` e sempre
riferita al parlante (naturalmente, ci ` o non implica che il locutorio sia sem-
pre bivalente). Si noti che la credenza deve riferirsi a un fatto o un evento, non a un sentimento o emozione (nel qual caso si tratta di un espressivo, come vedremo). Questo punto ` e cruciale per riconoscere gli assertivi. Facciamo un esempio concreto per capire.
(14.) Ho freddo. 96
L’albero ` e composto da un singolo gruppo verbante, ho come lato locu-torio, mentre il verbo che attiva l’assertivo non viene qui esplicitato, e lo
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Capitolo 2. Seconda lezione
indicheremo con assert (in simboli: λ =↓ A).
q
Figura 2.4: Albero pragmatico di ho freddo esplicito (sn) e ridotto (dx)
` E evidente che la prima valenza pragmatica (X) coincide con il parlante, mentre la seconda valenza pragmatica (Y), vale a dire la credenza, qui coincide con il sentore del freddo. 97 La credenza pu ` o veicolare eventi
sul parlante, come in questo caso, oppure sul mondo, come negli esempi seguenti:
(15.) ← ↓ A ((C’ ` e un cane in giardino.) I 1 , ↓ A ) (16.) ← ↓ A ((Adesso ti racconto cosa ho fatto a scuola.) I 3 , ↓ A )
Notiamo come in (15) il verbo del locutorio sia monovalente, mentre in (16) ` e trivalente: la valenza di cui parlavo sopra riguarda il livello di analisi pragmatico, si badi bene, non quello morfosintattico. Da un punto di vista pragmatico, l’intero aspetto locutorio (ho freddo) ` e “solo” la seconda
valenza pragmatica dell’illocutorio (↓ A). 98
2.3.2 Direttivi
I direttivi sono molto diversi dagli assertivi. La loro forma generale di costruzione astratta ` e la seguente: P richiede che ‘R faccia Z’. Richieste, ordini, comandi, sono tutti direttivi. Lo stato intenzionale dei direttivi ` e il
desiderio: la direzione di adattamento parte dal mondo e arriva a quanto richiesto dalla mente. In altre parole, il mondo si deve adattare a quanto la mente ordina (simbolo: ↑). 99
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2.3. I caratteri pragmatici
q
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Capitolo 2. Seconda lezione
La figura 2.5 mostra la costruzione astratta in maniera esplicita. ` E
chiaro che i direttivi sono trivalenti: abbiamo il parlante (P ) che fa una richiesta, o d` a un comando, o un ordine (Z) al ricevente R. Per specificare che l’ordine deve effettuarlo il ricevente, scriveremo: (Z, R). 100
(17.) ← ↑ D ((Puoi aprire il forno, per favore?) I 2 , (R aprire f orno(cortesia)) ↑ D ) (18.) ← ↑ D ((Corri subito a casa!) I 1 , (R correre a casa(ordine)) ↑ D )
(17) e (18) mostrano due direttivi d’esempio, il primo con una forma di cortesia e un verbo bivalente, il secondo senza cortesia e monovalente.
2.3.3 Commissivi
I commissivi assomigliano ai direttivi, tranne per il fatto che non sono diretti al ricevente (R), bens´ ı al parlante (P ). 101 Infatti, la loro forma generale di costruzione astratta ` e la seguente: P promette che ‘P faccia Z’. Promesse, voti, giuramenti, sono tutte forme di impegni in prima persona (in inglese committment, da cui il nome commissive). Lo stato intenzionale dei commissivi ` e puro, perch´ e coincide con l’intenzione: la direzione di adattamento parte di nuovo dal mondo e arriva a quanto richiesto dalla mente, analogamente al caso precedente (simbolo: ↑). 102 Scriveremo (Z, P) per indicare che l’impegno viene preso dal parlante in persona. La figura 2.7 mostra un commissivo generico. Si noti come la struttura dell’albero sia analoga a quella mostrata in figura 2.5 a proposito dei direttivi. La differenza principale, come detto, ` e negli attanti coinvolti: i
commissivi sono bivalenti, coinvolgendo solo il parlante e la promessa fatta.
(19.) ← ↑ C ((Lo far ` o.) I 2 , (P f are Z(promessa)) ↑ C ) (20.) ← ↑ C ((Ti giuro che vengo!) I 1 , (P venire (giuramento a Y )) ↑ C )
(19) mostra un commissivo implicito e bivalente, mentre (20) mostra un commissivo in cui la forma ` e resa esplicitamente nell’aspetto locutorio, con ti giuro che Y (figura 2.8). 103
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q
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Capitolo 2. Seconda lezione
2.3.4 Espressivi
Gli espressivi sono il pane quotidiano dei terapeuti. Chiarimenti, scuse, congratulazioni, ringraziamenti, risate, pianti, sono tutti atti linguistici che esprimono (express) uno stato emotivo C del parlante. 104 Si tratta di una categoria residuale: non c’` e una forma linguistica univoca e precisa come negli altri casi, l’inventario dei verbi che attivano gli espressivi sarebbe troppo lungo. Prendiamo allora la forma astratta, generica ma esplicita, degli espressivi con l’espressione pseudo-linguistica P esprime ‘emozione Y di P su R’ e consideriamo che prende tutti i casi. La figura 2.9 mostra un espressivo generico. Gli espressivi sono pragmaticamente trivalenti: il parlante P , l’emozione Y e il ricevente R dell’emozione e la promessa fatta.
(21a.) (io esprimo) Grazie (a te).
(21b.) (io) Sono orgoglioso della mia macchina nuova. (21c.) (io) Mi vergogno del mio naso. (21d.) (io) Me ne infischio.
Cosa c’` e in comune in (21abcd), apparentemente cos´ ı diverse? La struttura attanziale: il primo attante ` e il parlante (P ), dopodich´ e come secondo attante viene espresso nel locutorio e obbligatoriamente un sentimento o un’emozione sempre appartenente al parlante (rispettivamente: ringraziamento, orgoglio, vergogna, l’infischiarsi di qualcosa). Lo indicheremo con la forma (Y, P). Si noti che un espressivo pu ` o avere un ricevente
(R) non animato (la macchina nuova in 21b e il naso in 21c). Al limite, pu ` o essere presupposto come noto all’ascoltatore (21d), ma comunque c’` e. In (21d), non solo sappiamo l’emozione (o sentimento) dell’infischiarsene del parlante (Y, P) ma sappiamo anche che esiste qualcosa di cui infischiarsi. Infatti, la frase *Mi infischio non ` e accettabile. Detto in altri termini, non possiamo avere un espressivo se non vengono espressi esplicitamente l’emozione e il ricevente della stessa. 105 Possiamo fare una osservazione riguarda gli enunciati di riparazione (o repair), dove il parlante cerca di ‘aggiustare il tiro’ di quanto detto in precedenza - il ‘rinarrare la propria storia’, come dicono gli psicologi, potrebbe considerato una serie di enunciati di riparazione. Nelle ripara- C Lascio volutamente l’espressione “stato emotivo” nel vago. Riprenderemo il tema
del rapporto tra caratteri pragmatici ed emozioni pi ´ u avanti.
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2.3. I caratteri pragmatici
q
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Capitolo 2. Seconda lezione
zioni, diventa molto evidente che
in tutti gli espressivi ci` o di cui si parla in e al metalivello.
In particolare, il meta-
realt`a ` e il livello oggetto, ma il parlante `
livello ` e chiaro proprio nelle riparazioni: il sentimento ` parlante, mentre il ricevente ` e un atto linguistico precedente: P esprime ‘chiarezza di P per R’. Il parlante si sta ponendo al di fuori del sistema ‘parlante nell’atto linguistico’. Alcuni esempi:
(22a.) Quello che intendevo prima era ‘chiudere la finestra’. (22b.) Non mi sono spiegato bene sul nostro rapporto. (22c.) Le chiarisco cosa voglio dire quando parlo di ‘gioia’. q
La figura 2.10 mostra l’albero pragmatico di (22c). Per completezza, ecco gli alberi pragmatici linearizzati di (21) e (22):
(21a.) ← = E (a ← = E (te R , (gratitudine) = E ), (P esprime) = E )
= E (su ← (21b.) ← = E (macchina nuova R , (orgoglio) = E ), (P esprime) = E )
(21c.) ← = E (su ← = E (naso R , (vergogna) = E ), (P esprime) = E )
(21d.) ← = E (su ← = E (qualcosa R , (infischiarsene) = E ), (P esprime) = E )
(22a.) ← = E (su ← = E (chiudere la finestra R , (chiarimento) = E ), (P esprime) = E )
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2.3. I caratteri pragmatici
(22b.) ← = E (su ← = E (nostro rapporto R , (chiarimento) = E ), (P esprime) = E )
(22c.) ← = E (su ← = E (gioia R , (chiarimento) = E ), (P esprime) = E )
2.3.5 Dichiarazioni
Le Dichiarazioni (in inglese Declarations) sono il carattere pragmatico pi ´ u
importante: secondo Searle (2010), le istituzioni della societ` a umana sono fatte da catene di Dichiarazioni, che in ultima analisi ne creano la realt` a. Per esempio, sono le Dichiarazioni che ci permettono di andare in un negozio e uscirne con un oggetto acquistato, avendo dato in cambio qualche peculiare foglio di carta con scritto sopra “euro”. 106 Scriviamo le Dichiarazioni in maiuscolo per segnalare la loro importanza: la loro abbreviazione ` e Declare. Per distinguere le Dichiarazioni
dai direttivi usiamo questa sottolineatura della lettera che li contraddistingue: D.
Ma allora, cosa sono queste Dichiarazioni, e perch´ e sono cos´ ı importanti? All’inizio, quando stavo facendo i primi test di analisi della conversazione sui trascritti, non avevo incluso le Dichiarazioni, perch´ e pensavo che non ne avrei mai incontrate. La classificazione degli atti linguistici originaria di Austin (1987) non li comprendeva nemmeno, perch´ e erano considerati a parte. Le Dichiarazioni, infatti, combinano le direzioni di adattamento mente-a-mondo (↓) e mondo-a-mente (↑) in un’unica soluzione mente-&-mondo (): prima della Dichiarazione, qualcosa non c’era che adesso c’` e 107 : lo Status Dichiarato sul ricevente (R). Indicheremo lo Status Dichiarato con S.
(23.) Per i poteri conferitemi dal Magnifico Rettore, la dichiaro Dottore Magistrale in Psicologia. (24.) Vi dichiaro marito e moglie. (25.) Battezzo questa nave l’Olandese Volante.
Lo Status Dichiarato, che prima non c’era e adesso c’` e, ` e sempre esplicito: l’essere laureato magistrale in psicologia (23), l’essere sposati (24), l’avere un nome, da parte della nave, al momento del varo (25). Lo Status Dichiarato crea la realt` a umana: l’essere laureati o l’essere sposati sono status sociali ben definiti, che comportano diritti e doveri. I filosofi chia-
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Capitolo 2. Seconda lezione
mano questi diritti e doveri potere deontico: l’insieme dei vincoli e delle possibilit` a a cui si deve attenere sia il detentore dello status (il ricevente R dell’atto di Dichiarazione) sia - soprattutto - l’istituzione di riferimento. Ci ` o che differenzia la Dichiarazione dagli altri atti linguistici ` e la loro
forza illocutoria, che va ben al di l` a dell’aspetto locutorio (quanto viene detto): l’effetto perlocutorio dell’atto ` e permanente o quantomeno dura finch´ e
non viene modificato da un’altra appropriata Dichiarazione.
108
Per esempio, non posso perdere lo status di laureato magistrale in psicologia (23), ma posso sussumere detto Status diventando dottore di ricerca in psicologia, che altro non ` e se non una Dichiarazione. Analogamente, posso divorzia-
re, il che significa che non sono pi ´ dell’essere sposati comunque (un divorziato non ` e lo stesso di un celibe).
Mi ` e stata sollevata l’obiezione che il matrimonio cattolico pu ` annullato dal tribunale della Sacra Rota, e quindi esiste un controesempio. Ebbene, non le cose non stanno esattamente cos´ ı: la Sacra Rota non annulla il matrimonio, lo invalida, il che `
e mai avvenuto. 109
Dunque la Sacra Rota certifica che il matrimonio non ` che la Dichiarazione non era mai avvenuta, Austin (1987) direbbe ` e stata
un “colpo a vuoto”. L’obiezione ci d` a l’occasione per chiarire un elemento peculiare delle Dichiarazioni: il contesto di attivazione. Per esempio, se io sono ubriaco al pub e dichiaro marito e moglie (24) il mio amico di bevute e un cane che passava di l´ ı in quel momento, ho fatto una Dichiarazione s´ ı o no? Da un punto di vista locutorio, il mio atto ha tutta l’aria di essere tale, ma in realt` a la Dichiarazione andata a vuoto
& (simbolo: & D) viene declassata a mera credenza del parlante: in ultima analisi il carattere pragmatico finale sar` a quello di assertivo (in simboli:
& D ↓ A). La Dichiarazione infatti ` e andata a vuoto perch´ e non c’` e il
&
contesto
sociale appropriato che permette alle Dichiarazioni di costruire la realt` a, una Dichiarazione sopra l’altra. Infatti, non a chiunque il Magnifico Rettore (tale per una serie di Dichiarazioni) conferisce i suoi poteri di laureare (altra Dichiarazione), che pu ` o essere fatta solo se il laureando ha fatto tutti gli esami (ognuno `
(la consegna in Segreteria ` e una Dichiarazione). Solo allora, e davanti a una commissione, in Aula Magna, il dichiarante pu ` (23) al ricevente. 110 Riassumendo, per avere una Dichiarazione dobbiamo avere:
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2.3. I caratteri pragmatici
1. il parlante P , avente il ruolo di colui che dichiara;
2. lo status S, che viene dichiarato nell’atto;
3. il ricevente R, che recepisce lo status S.
4. il contesto C, che recepisce lo status S.
Una Dichiarazione ha dunque due attanti,
R
e
P
, e uno status ob-bligatoriamente esplicito
S,
che modifica permanentemente l’attante
R,
e un circostanziale implicito, il contesto di attivazione
C.
Quest’ultimo normalmente non viene espresso esplicitamente in forma locutoria, viene dato per scontato perch´ e non si tratta di un attante, ma di una circostanza di sfondo. La forma generica della Dichiarazione pu `
e
S’
(figura 2.11).
111
espressa in questo modo:
P dichiara che ‘R `
q
Come ` e possibile trovare, mi chiedevo all’inizio, Dichiarazioni nei trascritti terapeutici? Tutto dipende dalla nozione di istituzione, a cui Searle (2010) indica gran parte del capitolo 5 (riassumo qui, per ci ` o che ci compete). Le Dichiarazioni non valgono in assoluto: vengono istituite (termine quanto mai appropriato) dentro un’istituzione e valgono all’interno
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Capitolo 2. Seconda lezione
di certe istituzioni, mentre in altre non valgono. Per esempio, un matrimonio cattolico (istituzione di cornice alla Dichiarazione) ha valore legale per lo Stato italiano (altra istituzione). Un matrimonio omosessuale non ha valore nello Stato italiano, in altri Stati dell’Unione Europea s´ ı: la Di-
e la stessa, cambiano le istituzioni di riferimento. ` chiarazione ` E il motivo
per cui, se emigriamo, ci sentiamo fuori posto, soprattutto all’inizio: le istituzioni di riferimento, che tutti danno per scontate, non sono le stesse
di casa nostra. ` E anche il motivo per cui siamo affascinati dal turismo in paesi esotici (a parte il paesaggio o i reperti, naturalmente). Come si fa a capire se un fatto sociale ` e un’istituzione? Un fatto sociale ` e un’istituzione se esiste una deontologia sociale, un potere deontico riconosciuto dalla societ` a.
Il test pi ´ u semplice per verificare se un atto `
istituzionale ` tici, cio` e quei poteri come i diritti, i doveri, gli obblighi, le richieste e le autorizzazioni? [. . . ] Sulla base di questo test, la Chiesa Cattolica ` e un’istituzione ma non lo ` e la religione. [. . . ]
Nella mia cultura [gli Usa, NdA], essere un seccatore, un alcolista o un intellettuale non sono fatti istituzionali. Perch´ e no? Perch´ e nessuna deontologia speciale riconosciuta collettivamente ` e presupposta a queste descrizioni. Posso sentire, a livello personale, che in quanto intellettuale ho un obbligo, ma, nell’intera societ` a, non c’` e nessuna deontologia che viene assegnata alle persone che rientrano sotto la descrizione di “intellettuale”. Da questo punto di vista, essere un intellettuale ` e diverso dall’essere un professore, dal possedere un’automobile o dall’essere condannato per un reato. (Searle 2010, 120-122)
A questo punto possiamo capire perch´ e vengono incluse tra le istituzioni anche forme di attivit` a umane collettive o comunitarie non particolarmente strutturate o codificate, come “amicizia, famiglia, storia d’a-more, i party” (quest’ultima suona molto americana) (Searle 2010, 121). 112
(26a.) Mio padre diceva sempre che sono la pecora nera della famiglia. (27a.) Sei un marito stronzo.
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2.3. I caratteri pragmatici
(28a.) Mio figlio non mi rispetta.
In (26a) il padre del parlante ha pronunciato una Dichiarazione sul figlio che suona come una vera e propria maledizione: essere la pecora nera della famiglia implica un potere deontico sul parlante quando ` e nel ruolo di figlio (membro della famiglia), che, drammaticamente,
si avvera nel momento in cui viene pronunciato
- se poi viene reiterato, si rafforza sempre pi ´ u. (27a) `
chi non ` e cambiato il rapporto di coppia nel momento in cui ci si sposa? Non dico in negativo, ma qualcosa cambia! Il caso (28a) ` il parlante ` e la madre, che Dichiara che il figlio non la rispetta. Non che
qualche volta le risponde male, o che pu ` no, il figlio non la rispetta. Punto e basta. ` per “disinnescare” una Dichiarazione ` di forma: non ` e sempre cos´ ı, delle volte i dati di realt` a mostrano che quel figlio rispetta la madre. A quel punto la Dichiarazione viene “declassata” a semplice asserzione: la credenza della madre ` e supportata da alcuni
fatti che induttivamente sono veri, ma non permangono nelle fibre del figlio. Possiamo dire che le Dichiarazioni sono profezie che sia autoavverano, perch´ e si realizzano nel momento in cui vengono pronunciate. E non possono essere ritirate, ma solo invalidate o sostituite da altre equivalenti.
(29.) Non posso annullare l’incantesimo della fata malvagia, ma posso cambiarlo: la fanciulla non morr` a, ma quando si punger` a con il fuso dormir` a un sonno di morte lungo cent’anni (da La bella addormentata).
(29) ci ricorda che le fiabe tradizionali, come, contengono frammenti di verit` a. La fata buona reinterpreta la Dichiarazione della fata cattiva in questo modo: la fanciulla a sedici anni si punger` a con il fuso ma non morir` a, perch´ e un sonno di morte di cent’anni ` e equivalente alla morte -
funziona nel mondo ancestrale della magia, specchio del nostro cervello rettile, il pi ´ u primitivo, che viene soddisfatto da un opportuno atto meta-
forico. 113 ` E il motivo, secondo me, perch´ e ammonimenti del tipo se non guardi la strada, un’auto ti investir` a che spesso vengono usate da genitori ed educatori a bambini e ragazzi, sono pericolossime. Non ` e affatto detto che se non guardo la strada mentre attraverso, sar ` o investito. Sar ` o un
incosciente e basta. Voglio dire, non ` e garantito che sempre verr ` o investi-
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Capitolo 2. Seconda lezione
to. Tutto cambierebbe se si dicesse qualcosa come: ` e pericoloso attraversare
senza guardare: vedi che ci sono le auto? Stai attento! Si tratta di credenze e dunque di assertivi, non di Dichiarazioni.
(26b.) Mio padre credeva che io fossi la pecora nera della famiglia. (27b.) Ti comporti da marito stronzo. (28b.) Quando sono stanca mio figlio non mi rispetta.
Le varianti (26-28b) mostrano come disinnescare le Dichiarazioni negative per il parlante: in (26b) si riporta la credenza del padre, che non necessariamente si assume come vera; in (27b) di nuovo si constata un comportamento da “marito stronzo”, senza dare una permanenza di status a tale comportamento; infine, in (28b), la presenza del circostanziale quando sono stanca impedisce che scatti il valore di verit` a permanente e immutabile.
Riassumendo, le Dichiarazioni non possono essere annullate ma posso essere (opzione a) modificate da altre Dichiarazioni (opzione b) invalidate trovando un vizio formale. La Dichiarazione di dottore di ricerca sussume e supera la Dichiarazione di dottore magistrale (esempio di opzione a) mentre rinarrare o riconstestualizzare il dichiarato togliendone il valore assoluto e permanente, come nel passaggio da (26abc) a (27abc) sono tutti esempi dell’opzione b.
Un’ultima osservazione. Le Dichiarazioni non sono necessariamente negative o limitanti: possono anche essere un rinforzo egoico, per usare un termine caro ai terapeuti. Nella mia carriera accademica, quante persone ho visto, dopo laureate, non pi ´
pi ´ u mature, pi ´ u adulte! Molto probabilmente alcune Dichiarazioni sono l’espressione, nelle nostre societ` a post-industriali, dei riti di passaggio, ancestrali quanto la specie umana. 73
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2.3. I caratteri pragmatici
Tabella 2.2: I caratteri pragmatici
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Capitolo 2. Seconda lezione
2.3.6 Riepilogo
La tabella 2.2.1 mostra tutti le propriet` a dei cinque diversi caratteri pragmatici a confronto. Guardiamo le direzioni di adattamento: le credenze vanno da mente a mondo, mentre direttivi e commissivi vanno da mondo a mente. Gli espressivi presuppongono la mente e il mondo, mentre le Dichiarazioni
creano
mente e mondo insieme. Guardiamo adesso le valenze pragmatiche: ci sono due tipi di atto illocutorio bivalenti (assertivi e Dichiarazioni) e tre tipi di atto illocutorio trivalenti (direttivi, commissivi, espressivi). Ma se guardiamo gli attanti con un po’ di attenzione, noteremo che l’unica costante ` e la presenza del parlante come primo attante
(X = P). Il secondo attante degli assertivi ` tre quello degli espressivi ` e l’emozione o il sentimento (Y, P), ma negli
espressivi questo sentimento viene rivolto a un ricevente (R), mentre non c’` e nessun terzo attante negli assertivi. Al contrario, il secondo attante dei commissivi ` e il parlante stesso, che poi si impegna a realizzare l’impegno (Z), cosa che lo differenzia dai direttivi, dove la realizzazione del terzo attante ` e affidata al ricevente R. Il secondo attante dei direttivi e delle Dichiarazioni invece ` e il ricevente, ma solo le Dichiarazioni hanno lo status S e il contesto di attivazione C, il che le rende uniche.
2.4 Il carattere pragmatico delle domande
Bisogna sempre stare attenti a non confondere i piani morfosintattico, semantico e pragmatico, vanno tenuti distinti. Lo dico a seguito di un’osservazione venuta dalla prima lezione. Le domande, quale carattere pragmatico hanno? In realt` a, il quesito non ` e ben posto, perch´ e - da un punto
di vista costruttivo - le domande sono tali a livello morfosintattico, non pragmatico. Ma ` e vero che alcuni pragmatisti usano il “rogativo” come tipo di atto illocutorio a parte. Da un punto di vista linguistico costruttivo
e un errore, perch´ e si sta sbagliando prospettiva. ` ` E abbastanza semplice mostrarlo.
(30.) Ha letto il giornale?
(31.) Perch´ e non hai ancora fatto i compiti? (32.) Dove ho la testa stamane?
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2.5. Illocuzione ed emozione
(33.) Come diamine mi sono comportato in quella situazione?
Mi sembra evidente quali siano i caratteri pragmatici di questi esempi. In (30), il parlante esprime una propria credenza sul ricevente, perci ` o
si tratta di un assertivo. 114 In (31), la domanda maschera un ordine (un esempio di atto linguistico indiretto), quindi sar` a un direttivo. In (32), la domanda maschera un impegno del parlante, che intende riprenderla, la propria testa, stamane... quindi si tratter` a di un commissivo. Infine, in (33), lo stato della mente e del mondo viene presupposto: si tratta dell’espressione di un vergogna o altro sentimento bloccante. Un espressivo, dunque. Nessun bisogno di estendere la tassonomia. 115 La domanda, comunque, ha portato a un’osservazione importante: le Dichiarazioni non
sono mai domande. `
un indizio in pi ´ u quando dobbiamo dare i caratteri pragmatici alle frasi presenti nei nostri trascritti di seduta.
2.5 Illocuzione ed emozione
In questa breve sezione applicheremo i cinque tipi di atto illocutorio ad alcune emozioni, fondamentali e secondarie. 116 Esistono molte tassonomie delle emozioni, ma non c’` e accordo tra i membri della comunit` a scientifica dedita alla ricerca in psicologia a proposito di un minimo comun denominatore (D’Urso & Trentin 1990).
Comunque sia, prendiamo come emozioni d’esempio le seguenti: paura, disgusto, colpa, speranza, amore, rabbia, vergogna, invidia, felicit` a, tristezza, depressione. Vogliamo vedere se ci sono dei blocchi evidenti agli atti linguistici, istanziati dalle emozioni d’esempio.
(34a.) Ritengo di averne paura (assertivo).
(34b.) Ti chiedo di averne paura (direttivo). (34c.) Ti garantisco che ne ho paura (commissivo). (34d.) Ne ho paura (espressivo.) (34e.) Dichiaro che tu ne sei pauroso (Dichiarazione).
Alcune istanze sembrano pi ´ u fluide di altre: assertivi, commissivi e soprattutto espressivi a mio modo di vedere suonano pi ´ u naturali istanziati
sulla paura rispetto a direttivi e Dichiarazioni - tranne forse in una rela-
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Capitolo 2. Seconda lezione
zione fortemente gerarchica, come genitore-figlio. Vediamo per contrasto un’emozione positiva.
(35a.) Ritengo di sperarlo (assertivo).
(35b.) Ti chiedo di sperarlo (direttivo). (35c.) Ti garantisco che lo sperer ` o (commissivo). (35d.) Lo spero (espressivo.) (35e.) Dichiaro che tu sei speranzoso rispetto a ci ` o (Dichiarazione).
Anche in questo caso, alcune istanze suonano meglio di altre; in particolare, la Dichiarazione (35e) appare alquanto improbabile. Quantunque ci siano delle inclinazioni verso un tipo pragmatico rispetto a un altro, non possiamo concludere che ci sono dei blocchi a priori, deterministici sulle emozioni rispetto ai caratteri pragmatici usabili. Detto in altri termini, non ` e utile pensare “poich´ e qui ho un’emozione X, allora so per certo che non si tratta di un tipo di atto illocutorio”.
2.6 Gli atti illocutori indiretti
Finora tutto gli esempi che abbiamo visto erano di atti illocutori diretti
- tranne forse (17), che abbiamo chiamato ‘forma di cortesia’, e (31), che abbiamo rimandato. Che cosa significa? Significa che il tipo di illocuzione viene passato direttamente al locutorio, in maniera trasparente, senza “giri di parole”. 117 In particolare, non abbiamo mai applicato i caratteri pragmatici al lato locutorio, perch´ e erano identici al lato illocutorio. Ma questa ` e una finzione: nella maggior parte dei casi avviene esattamente il contrario.
q q
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2.6. Gli atti illocutori indiretti
La figura 2.12 mostra l’albero pragmatico astratto generico a un dato turno
x.
Con
λ
loc
indichiamo il carattere pragmatico generico dell’aspetto illocutorio, mentre con
λ
illoc
indichiamo quello dell’aspetto locutorio. Il caso predefinito ` e la reggenza (←, albero di sinistra): il carattere pragma-
tico finale dell’albero sar` a quello dell’illocutorio, perch´ e ` ci ` o che intendiamo dire (illoc) piuttosto di ci ` detto (loc). 118 A volte per ` o, specialmente quando le cose tra i partecipanti a una conversazione stanno andando male, ci si aggrappa alle interpretazioni letterali di quanto detto: “no, non hai capito, quello che intendevo dire era esattamente quello che avevo detto.” Credo che sia esperienza comune a tutti questo tipo di enunciati di riparazione particolari - francamente piuttosto sgradevoli - minoritari in percentuale ma comunque innegabilmente esistenti. In tutti questi casi l’indicatore viene capovolto (→) e il carattere grammaticale viene imposto essere identico a quello del locutorio (λ illoc ). Facciamo un esempio:
(36.) Non l’hai proprio visto?
A prima vista, guardando il locutorio, sembra proprio un assertivo: il parlante
P
esprime una credenza, che il ricevente
R
non abbia visto un tale
Z.
Ma (36) non ` e
non l’hai visto
bens´ ı
non l’hai
proprio
visto:
il parlante
P
comunica anche la propria credenza che
R
avrebbe presumibilmente dovuto vedere
Z
e quindi
richiede
che
R
spieghi perch´ e non l’ha visto. Una richiesta, come abbiamo visto, `
tico del lato illocutorio ` e diverso da quello del locutorio.
(35.) ← ↑ D ((Non l’hai proprio visto?) ↓ A , (R spiegare perch´ e no) ↑ D )
L’albero lineare corrisponde all’albero esplicito in figura 2.13. A questo punto possiamo vedere come (17) e (33) siano frasi pragmaticamente assai simili a (36).
(17.) ← ↑ D ((Puoi aprire il forno, per favore?) ↓ A , (R aprire il forno(cortesia)) ↑ D ) (33.) ← ↑ D ((Perch ´ e non hai ancora fatto i compiti?) ↓ A , (R fare compiti ora) ↑ D )
Noi esseri umani siamo velocissimi a fare questi calcoli pragmatici, al punto tale che da adulti ormai non ne siamo pi ´ u consapevoli - ce ne ri-
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cordiamo quando parlano i bambini in et` a da scuola primaria, che spesso non colgono l’illocutorio, interpretando alla lettera quello che viene detto; addestrarsi a questo calcolo ` e un processo lungo, e mai concluso.
A questo punto, abbiamo tutto l’armamentario per l’analisi conversazionale costruttiva pronto. Non ci resta che applicarlo a un caso studio.
2.7 Un caso studio
Due parole per introdurre il caso studio (Parolin et al. 2006, 1-16).
119
Si tratta di una prima seduta, condotta secondo il processo diagnostico, per molti versi opposto all’assessment collaborativo.
120
Abbiamo preso i primi 15 turni, corrispondenti a qualche minuto di seduta terapeutica di un setting standard: un cliente
C,
un terapeuta
T
. Vedrete quanta informazione possiamo estrarre da un trascritto cos´ ı breve! La trascrizione ` e fedele, vale a dire che sono stati segnate le enfasi del parlato (in grassetto) e qualche tratto paralinguistico (per esempio le risate). Per comodit` a del lettore, il trascritto ` e stato riportato per intero in Appendice.
La trascrizione ` e non solo fedele ma anche affidabile. In un primo senso, ` e affidabile perch´ e
completa,
ovvero tutti i turni sono consecutivi: diventa difficile fare un’analisi CoCAL se abbiamo dei turni scelti arbitrariamente dal terapeuta perch´ e pi ´ u interessanti. No, l’analista CoCAL (L) deve pretendere tutti i dati dal terapeuta (T ), non possiamo avere “salti”
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2.7. Un caso studio
- se avviene questo, il terapeuta non sta collaborando completamente con il linguista, forse. In un secondo senso, il trascritto ` e affidabile perch´ e la registrazione ` e stata palese, vale a dire sia il terapeuta sia il cliente erano a conoscenza del fatto che la seduta sarebbe stata registrata e trascritta; oltre alle considerazioni etiche, che non faremo qui, mi sembra che da un punto di vista epistemologico un’asimmetria informativa sul setting (il terapeuta sa che avviene una registrazione, il cliente no) possa portare a un disagio sia da parte del terapeuta che da parte del cliente, evento evitabile se la registrazione ` e palese. Se non ci sono resistenze a proposito della registrazione, l’analista CoCAL dovr` a pazientemente portarle alla luce: pu ` o
anche essere che non ci siano le condizioni per effettuare l’analisi, in particolare il terapeuta pu ` o sentirsi “messo sotto esame” dall’analista CoCAL
e diventare diffidente o restio; nel tal caso, meglio lasciar cadere l’analisi conversazionale del tutto. 121 Infine, il trascritto ` e affidabile perch´ e sono state prese gli opportuni accorgimenti da un punto di vista legale ed etico: il cliente ha firmato una liberatoria che permette l’uso dei dati, e la sua riservatezza ` e stata garantita da opportune tecniche di anonimizzazione dei dati sensibili, in particolare i nomi propri, i riferimenti a luoghi, e altre informazioni che potrebbero dare indicazioni sull’identit` a del cliente. 122 Tutti gli alberi corrispondenti al trascritto sono riportati in Appendice; qui di seguito viene fornita la tabella 2.3 che permette di seguire agevolmente il caso in analisi, che vale come esempio di report CoCAL. D
Il primo passo da eseguire per effettuare l’analisi CoCAL ` e individuare all’interno del turno i nuclei verbanti che reggono l’albero adposizionale. In questo caso studio, i turni pi ´ u complessi e ricchi sono dalla parte
del cliente - nella mia esperienza sul campo, si tratta del caso pi ´ te: il registro parlato del terapeuta ` e pi ´
del cliente, che quindi richiede maggior attenzione da parte dell’analista CoCAL. Partiamo dal primo turno.
D Naturalmente, tale esempio di report ha un doppio valore, perch´ e spiega anche il
metalivello, vale a dire come scrivere un report CoCAL.
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parlante
C
01a diciamo
C 01b sembra
C 01c
C 01d c’` e da dire
C 01e non avevo
C 01f
C 01g ride
02 spieghi 3 C C : t03 :↓ A ↑ D T Y T
Tabella 2.3: Tabella CoCAL dei turni 1-2 del caso studio
2.7.1 Esordio (turni 1-4)
C:t01a: Allora, diciamo che non mi succede niente di particolare. t01b: Mi sembra, per ` o, (t01c: anche con l’aiuto di alcuni amici ` e venuto fuori, ) che
forse ho bisogno di un aiuto. t01d: C’` e da dire che, pi ´ u che altro, mi sono venute un po’ di paure, un po’ di ansie,
(t01e: che prima non avevo, in particolare prima di avere dei figli). t01f: Ormai, il pi ´ u grande ha 11 anni, (C:t01g: quindi ormai (ride)).
La cliente (C) inizia la seduta con delle affermazioni (↓ A) su di s´ e. Possiamo subito notare che gi` a al turno 01b (figura 4.2) l’assertivo sembra maschera una richiesta esplicita (↑ D) nel locutorio, ho bisogno d’aiuto. Questo pattern di ambivalenza - affermo, mi impegno, e allo stesso tempo indebolisco quanto ho detto - ` e ricorrente nel trascritto. Nel turno 01c
infatti il bisogno d’aiuto diventa il primo attante, ma nel contemporaneamente viene indebolito dal circostanziale forse (albero 4.3a in figura 4.3). Analogamente nel turno 01d, da un lato viene affermato un fatto (mi sono venute paure e ansie, come secondo attante), dall’altro vengono indebolite con la costruzione un po’ di + O (figura 4.4). Nel turno successivo (01e) l secondo attante va sullo sfondo, ed emerge un’informazione circostanziale importante: il collegamento delle paure e delle ansie con l’esistenza dei figli (figura 4.3b).
A questo punto (turno 01f) il tema del discorso passa da s´ e (C) ai figli, e vi rimmarr` a stabilmente. Anche qui vediamo il pattern in azione, mediante l’indebolimento della decisione discorsiva presa, attraverso la risposta (turno 01g) (figura 4.5).
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2.7. Un caso studio
Il terapeuta prende la parola mediante una richiesta (↑ D) di spiegazione su quanto detto, e probabilmente per impedire una possibile deriva del discorso che potrebbe portare il cliente lontano da quanto focalizzato finora (figura 4.6a). Si tratta del primo turno trivalente: il terapeuta (T ) ` e
il beneficiario (Z) della richiesta di spiegazione dei fatti (Y) fatta al cliente (X).
C:t03a: Ma guardi, mi sono sempre preoccupata un po’ per tutte le cose (t03b: che mi succedono: problemi sul lavoro, lo stare con i figli, soprattutto Ercole
(t03c: e anche un po’ per mio marito).
La cliente risponde alla richiesta con una richiesta al terapeuta (guar- di), checontiene come secondo attante (Y) l’espressione (= E) della sua preoccupazione (figura 4.6b). Possiamo considerare questo secondo attante come la proposta del tema generale della seduta, visto che viene esplicitato, anzi generalizzato, sulla scorta del circostanziale sempre all’istituzione familiare (marito e figli) e lavorativa. Sottolineiamo il fatto che la cliente diventa il secondo attante, perch´ e i problemi succedono: siamo in presenza di reggenze (←), le quali indicano che alla cliente, i problemi, accadono quasi come piovesse, senza cio` e un suo intervento attivo e forse nemmeno una possibilit` a di intervento attivo. Da notare inoltre come non ci siano indebolitori nei problemi sul lavoro, mentre abbiamo il rafforzativo soprattutto sul figlio Ercole (nominato per la prima volta esplicitamente). Invece, nel caso del marito, i problemi vengono indeboliti con il pattern un po’ nel breve turno successivo (figura 4.8a).
Quando sono cominciate? :04t:T
Il terapeuta decide allora (turno 04) di circostanziare il tema delle preoccupazioni puntando sul tempo quando: l’aspettativa illocutoria ` e
nuovamente un racconto di fatti (↓ A); figura 4.8b).
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parlante
C
03a guardi
C 03b succedono
C 03c
04 T
C 05a [cominciate]
C 05b aumentate
C 05c
C 05d mi sono detta 3 C
C 05e ho deciso
C 05f
C 05g ho
C 05i
C 05j
C 05k mi accorgo
Tabella 2.4: Tabella CoCAL dei turni 3-5 del caso studio
2.7.2 Le preoccupazioni (turno 5)
C:t05a: Qualche anno fa,
t05b: ma adesso sono aumentate.
t05c: Ho sempre pensato di riuscire a cavarmela, anche adesso, t05d: ma mi sono detta che forse un aiuto pu ` o essermi utile in questo senso
t05e: e quindi ho deciso di provare ad andare a fare un colloquio, per fare quattro
chiacchiere, per vedere un po’. t05f: Cosa posso dirle?
t05g: Un problema particolare ce l’ho con mio figlio di nove anni. t05h: C’` e un rapporto un po’ strano fra di noi, un po’ conflittuale. e un bambino molto sensibile, t05i: Lui `
t05j: quindi ha queste crisi di nervi, queste sfuriate per poi placarsi, t05k: solo che mi accorgo che con lui c’` e qualcosa che non va.
La cliente non disattende l’aspettativa e comincia a raccontare delle sue preoccupazioni - sempre come primo attante, come se le preoccupazioni “piovessero” sulla paziente (figure 4.9a,4.9b). L’assertivo seguente cerca di riparare (nel senso tecnico di repair) questa prospettiva di ineluttabilit` a mediante un assertivo, comunque non molto forte: cavarmela fa pensare che i margini di manovra rispetto alle preoccupazioni rimangono
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2.7. Un caso studio
molto limitati (figura 4.10a). A questo punto compare il primo commissivo (↑ C ), vale a dire la prima assunzione di impegno in prima persona della paziente: mi sono detta che ho bisogno d’aiuto, non ci sono pi ´ u gli
amici, come nel turno 01c (figura 4.10b). Tale assunzione viene rafforzata nel turno successivo, con la forma ho deciso di fare un colloquio. Di particolare interesse, qui, ` e l’insieme di strategie indebolenti messe in campo
dalla cliente: provare ad, andare a, quattro chiacchiere, vedere un po’. Si tratta di uno dei turni in cui il pattern di ambivalenza diventa particolarmente chiaro nel locutorio (figura 4.11a).
La cliente cambia strategia e inserisce una richiesta (↑
D)
esplicita al terapeuta (figura 4.11b), poi per ` o si risponde da sola, e riprende a raccon-
tare al turno 05g. Questa volta il tema non sono pi ´ ma un problema con mio figlio di nove anni (da notare che non viene chiamato per nome esplicitamente). La costruzione usata viene chiamata dai linguisti dislocazione a sinistra: la paziente non dice ho un problema bens´ ı un problema ce l’ho. Tale costruzione viene usata per portare in rilievo il secondo attante (figura 4.12). Segue una credenza forte, del fatto che il bambino ` e molto sensibile. Non si tratta di una Dichiarazione perch´ e non c’ ` e potere deontico in una qualche istituzione di riferimento, ma comunque si tratta di un’indicazione importante (figura 4.14). A questo punto il bambino diventa il primo attante, avendo crisi di nervi e sfuriate (figura 4.15), che viene commentata mediante una constatazione (qualcosa non va) esplicitata attraverso il verbo accorgersi (figura 4.16a).
q
La figura 2.14 mostra le relazioni tra i tre assertivi appena analizzati, per aiutare il lettore nella ricomposizione degli alberi dei singoli
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verbante parlante
turno
06 T
07abc ubbidisce 2 [Ercole] C
07d C
07e C
07f C
07g C
Tabella 2.5: Tabella CoCAL dei turni 6-7 del caso studio
sottoturni appena analizzati (figure 4.14,4.15,4.16a).
2.7.3 Il problema col figlio Angelo (turni 6-7)
Fa fatica... :06:T
C:t07a: S´ ı.
t07b: Ercole. t07c: Il primo ubbidisce.
t07d: Poi, in realt` a, non so come interiorizzi le cose. t07e: Mi sembra un bambino semplice, abbastanza forte. t07f: Con Angelo invece c’` e sempre questo: “no, non lo faccio.” t07g: Io mi accorgo che l’assillo.
L’intervento del terapeuta al turno 06 rinforza mediante una constatazione quanto detto al turno 05 (figura 4.16b), e ottiene l’effetto desiderato: la cliente continua a fornire informazioni sul tema. Ci sono tre turni molto veloci ed ellittici (07abc) a questo punto. La cliente sta probabilmente confrontando i due figli: Ettore viene nominato per la prima volta. Viene espressa la credenza che il primo (Ettore?) ubbidisce (figura 4.17a). L’obiettivo della cliente ` e forse quello che anche l’altro (il secondo) obbedisca come il primo? L’informazione non ` e chiara: nel turno 07d ci sono diversi
circostanziali (poi, in realt` a, non) indicatori della difficolt` a della cliente di mettere a fuoco il punto. L’assertivo del turno 07e ` e piuttosto debole, perch´ e retto dalla costruzione mi sembra (figura 4.18), mentre il turno successivo ` e molto pi ´ u infor-
mativo. Si tratta di un assertivo mediante la costruzione presentativa c’` e, che marca, sottolinea, evidenzia il primo attante, in questo caso formato
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2.7. Un caso studio
da un’intera frase, e questa frase riferisce un commissivo del figlio problematico, Angelo, per la prima volta chiamato per nome (figura 4.19a). Il problema relazionale, in termini pragmatici, pu ` o essere descritto nel modo seguente:
1. la cliente d` a dei direttivi ad Angelo;
2. Angelo risponde con un commissivo di diniego;
3. la cliente (la madre) ripete il punto 1.
Si tratta di un circolo vizioso, senza uscita.
123
Questo ` e un punto cen-
trale, su cui avremo maggiori informazioni pi ´ u avanti. Il settimo turno
si conclude (figura 4.19b) con un assertivo che riporta il discorso sulla cliente.
2.7.4 Cosa fa il figlio (turni 8-9)
C:t09a: Eh...
t09b: quando torna a casa da scuola, t09c: butta sempre tutto in giro, 09d: e io gli ripeto sempre le stesse cose. t09e: Sono anche stufa.
A questo punto il terapeuta prende il turno attivamente, facendo due richieste di esposizione di fatti sul problema con Angelo (figura 4.20a). Il nono turno, della cliente, risponde alla richiesta illocutoria del terapeuta, dando l’esempio richiesto. Dopo un breve ma significativo turno completamente ellittico (Eh..., come a dire, “ne ho finch´ e ne vuole”, presumibilmente) la cliente d` a tre assertivi per narrare l’esempio (turni 09bcd, figure 4.20b, 4.20c, 4.20d) per poi chiudere il turno con un espressivo forte (turno 09e, figura 4.21a), vista l’esplicitazione del primo attante io. L’intreccio dell’esempio fornito dalla cliente da un punto di vista morfosintattico non ` e affatto semplice, cos´ ı si ` e scelto di dare la struttura
dell’albero corrispondente nella figura 2.15, per comodit` a del lettore.
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Capitolo 2. Seconda lezione
verbante parlante valenza
turno X Y Z loc illoc
08a faccia capire 3 C [assillo] ↑ D ↑ D T T
08b faccia 2 C un esempio Ø ↑ D ↑ D T
C 09a Eh ? ? ? ? λ λ
C
09b torna
C 09c butta
C 09d ripeto
C 09e sono stufa
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2.7. Un caso studio
2.7.5 Mi faccia capire (turni 10-13)
Tipo? :10:T
C:t11a: Tipo:
t11b: “togliti le scarpe t11c: e vai a lavarti le mani.” t11d: Magari c’` e il pi ´ u grande davanti alla tiv ´ u.
Il terapeuta per ` o non ` e soddisfatto, e richiede al turno 10 maggiori delucidazioni (figura 4.21b): di fatto riprende la struttura del turno 08a mi faccia capire. La cliente soddisfa la richiesta illocutoria al turno 11 immediatamente successivo, in cui viene ripresa la parola spia tipo del turno 10 per soddisfare detta richiesta (assertivo in figura 4.21c) e la narrazione di due ordini dati ad Angelo. Tecnicamente, si tratta di due direttivi locutori innestati su un assertivo illocutorio (figure 4.21c, 4.21d). Nel turno 11d l’assertivo ha quasi una funzione di circostanziale, una specie di sfondo della scena descritta dalla cliente (figura 4.22a). Ma forse - come ipotesi di lavoro - possiamo dire che i due attori della comunicazione, Angelo ed Ettore, vengono comunque messi in relazione e contrasto dalla cliente: appena ha parlato di Angelo, deve subito metterlo in relazione con Ettore. Inoltre ` e interessante notare come siano due i direttivi ad Angelo, non riportati dalla cliente (turni 11bc). Tutti i pattern rilevati finora (ambivalenza, Angelo ed Ettore, doppio direttivo) hanno in comune il fatto di essere doppi.
Il terapeuta non molla la presa, e ripete con le stesse parole al turno 12a quanto detto al turno 08a (albero omesso), questa volta specificando la richiesta esplicitamente: come ` e composta la famiglia della cliente? (figura 4.22b). Per attenuare la forza illocutoria della richiesta (direttivo), comincia a rispondere lui stesso (turno 12c), per instradare la cliente: qui notiamo l’uso del noi inclusivo del terapeuta (il parlante) e della cliente (la ricevente), mediante la forma abbiamo (figura 4.22c).
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parlante
turno
T
C 11a tipo
C 11b togli-
C 11cvai
C 11d ` T
T
C 13a s´ ı
C 13b [ha]
C 13c [ha]
C 13d mette
C 13e fare
C 13f
C 13g deve andare 2 [Ercole]
C 13h prende
C 13i
C 13j
Tabella 2.7: Tabella CoCAL dei turni 10-13 del caso studio
C:t13a:S´ ı.
t13b:Ercole di 11 anni, t13c:Angelo ne fa 9 a Marzo... t13d:Allora, Angelo, si mette davanti alla tiv ´ u
t13e:invece di fare i compiti... t13f:Ercole sa da solo che t13g:deve andare a fare i compiti t13h:(per cui prende) e C:t13i:(va).
t13j:L’altro, si trascina fino alle sei, sette, otto di sera e poi...
La cliente prende in carico la richiesta del terapeuta mediante il commissivo s´ ı: si tratta di un momento importante, perch´ e viene accettato quello spazio comune d’intesa, proposto con il noi inclusivo, per gettare le fondamenta dell’alleanza terapeutica. Comunque, la cliente risponde rapidamente (turni 13bc) alla richiesta, dando i nomi dei rispettivi figli e le loro et` a - con un circostanziale in pi ´ u per Angelo, il giorno del com-
pleanno (figura 4.23). Poi riprende il proprio filo narrativo, descrivendo cosa Angelo fa (turno 13d) in contrasto con cosa dovrebbe fare (turno 13e):
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2.7. Un caso studio
anche se non abbiamo un direttivo esplicito, vediamo questo ennesimo pattern doppio “fare vs. dover fare” (figure 4.24a e 4.24b). Il pattern viene applicato a Ettore per contrasto in ordine inverso, dicendo prima quanto deve fare (turni 13fg, figure 4.25a e 4.25b) e poi cosa fa (turni 13hi, figura 4.26a). Non solo: Ettore prende l’impegno di fare i compiti come suo, quindi qui emerge - finalmente - che le richieste (direttivi) della madre ai figli non riguardano tanto il fare i compiti (atto extralinguistico) bens´ ı di prendersi l’impegno su di s´ e di fare i compiti (commissivo). Questo ` e il
nodo centrale di tutto il brano, da un punto di vista pragmatico: Ettore recepisce i direttivi come commissivi, e li esegue extralinguisticamente, Angelo no. Come se il contrasto tra il fratello buono (Ettore) e quello cattivo (Angelo) non bastasse, la cliente rincara la dose nel turno successivo (13j), dove Angelo diventa semanticamente l’altro (sic! figura 4.26b). Da un punto di vista semantico, ora la scena ` e chiara: esiste un figlio,
il maggiore, Ettore, buono e bravo, ed esiste l’altro, a volte ha un nome (Angelo: ricordo che sono nomi di fantasia per tutelare l’anonimato), a volte no, che non ubbidisce, dice “no, non lo faccio”, butta sempre tutto in giro. Questo ` e il vissuto della cliente da dove partire.
2.7.6 Il doppio legame (turni 14-15)
Lei cosa ripete sempre? :14:T
C:t15a: Io ripeto sempre:
t15b:“mettiti a lavorare! t15c:Lo facciamo insieme”, t15d:ma lui ha mille scuse. t15e: ` E un bambino molto intelligente, t15f:ma ` e indolente.
t15g:Ci sono queste mie continue richieste t15h:e questi suoi continui rifiuti... t15i:Non rifiuti,
t15j:ma: “s´ ı, adesso lo faccio”, ma
t15k:sta in giro,
t15l:pittura,
t15m:gioca con le macchinine, t15n:guarda la televisione, etc.
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parlante
turno
T
C
C
C
C
C
C
C
C
C
Angelo 15j C
C
Tabella 2.8: Tabella CoCAL dei turni 14-15 del caso studio
t15o:Questa ` e la normalit` a delle cose.
Il terapeuta ha capito che questo ` e un buon momento e al turno 14
fa una richiesta alla cliente, enfatizzando mediante la dislocazione a sinistra del soggetto lei (la cliente, non qualcun altro) l’interesse manifesto verso una affermazione esplicita di cosa pensa la cliente (figura 4.26c). La cliente raccoglie in pieno, ed enuncia l’informazione forse pi ´ u importante
di tutto il brano: ella ripete sempre (turno 15a, figura 4.27a) una coppia di proposizioni (di nuovo una struttura doppia!) del tutto contraddittorie l’una all’altra. Infatti, il turno 15b ` e un ordine, un direttivo molto forte e diretto: mettiti a lavorare!; al contrario, il turno 15c ` e evidentemente una presa
d’impegno della cliente, vale a dire un commissivo: lo facciamo insieme (figure 4.27b e 4.28a).
Delle due, l’una: o si d` a un direttivo, e si delega, oppure ci si prende un impegno, e ci si rende corresponsabili, e dunque non si delega. In Watzlawick et al. (1967, 1974), due classici della scuola di Palo Alto, questo cortocircuito viene chiamato ‘doppio legame’: qualsiasi scelta il ricevente compi, sar` a sempre in torto. Infatti, se Angelo fa i compiti da solo, obbedisce all’ordine ma fa disattendere l’impegno alla madre; al contrario, se fa i compiti con sua madre, l’impegno della madre ` e salvo ma l’ordine impartitogli ` e disatteso. A quel punto, la scelta pi ´ u semplice ` e non
farli proprio, i compiti, prendendosi addosso la “colpa” sia della propria
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2.7. Un caso studio
disobbedienza all’ordine esplicito sia del mancato impegno della madre (siccome ho disobbedito io, mia madre ` e salva, il fatto che abbia mancato alla parola data non ` e pi ´ u importante).
La cliente prosegue con una coppia di giudizi negativi (credenze, e dunque assertivi) sul figlio, significativamente chiamato un bambino: intelligente ma indolente (turni15ef, figure 4.28c,4.28d). Il pattern ` e doppio,
dove il primo termine (intelligente) viene indebolito dal secondo (indolen- te), inposizione di salienza (lo indica l’adposizione ma).
Immediatamente a seguire viene usato un altro pattern doppio del tipo “A vs. B”, pattern introdotto ci sono, come se piovesse, in una sorta di ineluttabile avalenza: queste mie richieste (turno 15g, dove i due aggiuntivi sono molto forti) vengono contrastati da questi suoi continui rifiuti (turno 15h, dove gli aggiuntivi che rafforzano sono addirittura tre - si vedano rispettivamente le figure 4.29 e 4.30a.
Davanti a tutta questa forza illocutoria dei turni 15gh, la cliente fa un passo indietro e corregge il tiro indebolendo la forza illocutoria, mediante l’uso di diversi ma e un non (turni 15ij, figure 4.30b e 4.31a).
A questo punto la cliente prende la carica, e spara una raffica di assertivi che le permettono, in una sorta di crescendo, di arrivare all’apice di tutta la sua narrazione: i turni 15klmn mostrano delle credenze, tutte con una forte rilevanza semantica: da sta in giro (15k) si arriva a guarda la televisione - che mostra una sorta di setting di relazione familiare tra la cliente e i due figli. Ci ` o che riesce inaccettabile da parte della cliente, ` e
la disattesa presa d’impegno del commissivo del figlio Angelo, al turno 15j: s´ ı, adesso lo faccio, e invece non lo fa. Si tratta dell’unico attribuito ad Angelo di tutto il brano: si noti che anche ad Ettore viene attribuito un solo commissivo - al turno 13f - che invece rispetta.
Il crescendo delle credenze viene chiuso dall’unica Dichiarazione del brano, che fa riferimento all’istituzione familiare: questa ` e la normalit` a delle
cose, come dire, non c’` e nulla da fare, nessuno mi pu ` o aiutare, nemmeno
il terapeuta. Il compito del terapeuta da questo momento sar` a quello di minare alle fondamenta questa Dichiarazione dimostrando cos´ ı fattualmente che egli (o ella, non sappiamo) ` e effettivamente in grado di aiutare la cliente.
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Capitolo 2. Seconda lezione
2.7.7 Osservazioni finali
Quali sono le informazioni pragmatico-linguistiche pi ´ u importanti che
abbiamo ricavato mediante la CoCAL? Possiamo riassumerle in questo modo:
• la cliente narra dei vissuti in cui lei attua la stessa strategia comunicativa a entrambi i figli, ma ottiene delle risposte diametralmente opposte, l’una positiva (Ettore), l’altra negativa (Angelo);
• la cliente pone come tema principale il suo problema relazionale con Angelo, il quale viene visto sempre come il secondo termine di un confronto “Ettore vs. Angelo”, in cui Angelo esce perdente agli occhi della madre (la cliente);
• la cliente usa pattern linguistici doppi, in cui il secondo elemento serve a indebolire la forza illocutoria del primo, oppure il secondo elemento viene definito esclusivamente in rapporto al primo (non ha cio` e un’esistenza indipendente), oppure infine fornisce in-formazione incongruente rispetto al primo termine (vedi il “doppio legame”);
• la richiesta illocutoria non di fare i compiti (extralinguistico) ma di prendersi l’impegno di farli (commissivo linguistico) viene rifiutata da Angelo perch´ e ambivalente: da un lato la cliente comanda e delega la responsabilit` a, dall’altro per ` o comunica un suo sostegno - dunque una corresponsabilit` a - nell’esecuzione del compito extralinguistico (fare i compiti, mettere in ordine, spegnere la televisione...):
• la strategia di Ettore (il figlio “buono”) ` e quella di eseguire l’atto extralinguistico, che la cliente interpreta come una presa d’incarico, da parte sua, ma potrebbe essere anche “cieca” obbedienza agli ordini
- ipotesi da verificare da parte del terapeuta;
• la strategia di Angelo (il figlio “cattivo”) ` e quella di attuare un commissivo di rifiuto (“io mi impegno a non eseguire il tuo direttivo”) che mette in discussione la richiesta illocutoria della madre (la cliente) probabilmente - ipotesi di lavoro - perch´ e ambivalente e con-traddittoria.
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2.7. Un caso studio
L’analisi CoCAL ` e a grana fine: i 15 turni analizzati equivalgono, in termini di tempo, a pochi minuti dell’inizio di una prima seduta. Ciononostante, molti temi degni di interesse per una ulteriore analisi clinica sono stati focalizzati cone estrema chiarezza, perch´ e individuati nella materialit` a del testo trascritto.
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Capitolo 3
Conclusioni e prospettive
Abbiamo visto da un punto di vista teorico e pratico a cosa pu ` o servire l’analisi linguistica costruttiva dei trascritti terapeutici. L’esplicitazione dell’albero morfosintattico permette di capire la valenza e gli attanti ricorrenti oppure omessi, e la loro salienza informativa. Inoltre, permette di riconoscere pattern d’uso linguistici, che possono indicare atteggiamenti pi ´ u
o meno consapevoli, di aiuto al terapeuta. L’analisi pragmatica degli atti linguistici costruttivi - costruita sopra la morfosintassi - d` a informazioni ulteriori al terapeuta (e al cliente).
Ci sono due questioni aperte che mi sembrano primarie per l’eventuale sviluppo e affermazione della tecnica CoCAL. La prima ` e la questione
dei costi, la seconda questione riguarda invece la validit` a della tecnica. Per quanto riguarda i costi, ` e evidente che ` e necessario un addestramento, o meglio un apprendistato, per applicare correttamente la CoCAL: a titolo del tutto esplorativo, le prime esperienze mostrano che un parlante nativo dell’italiano, motivato e attento, in 6-8 ore di corso immersivo acquisisce un’abilit` a nel descrivere gli alberi adposizionali che si discosta di meno del 20% da un esperto. Si consideri inoltre che per un terapeuta nella maggior parte dei casi basta estrarre le informazioni sulla valenza e gli attanti in forma tabellare. Questo primo rilievo va unito al fatto che avere una trascrizione di seduta in molti casi ` e un lusso perch´ e si tratta di un processo dispendioso in termini di tempo (un trascrittore molto allenato pu ` o arrivare a un rapporto 1:2, vale a dire un’ora di seduta terapeutica viene trascritta in due ore). Senza parlare delle resistenze alla registrazione delle sedute, che abbiamo assunto come inesistenti per flui-
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dit` a di discorso, ma si tratta di una finzione. Un fatto ` e imprescindibile:
senza una seduta trascritta per intero, l’analisi ha un vizio di forma che difficilmente pu ` o fornire dati validi.
Come ovviare a questi limiti, vale a dire come abbattere i costi? Per il professionista della relazione d’aiuto, il consiglio ` e addestrarsi in prima
persona alla CoCAL. Non avendo esigenze di scientificit` a bens´ ı di operativit` a, il professionista della relazione d’aiuto pu ` o trascrivere e analizzare
solo quello che gli interessa in prima persona. Altrimenti, se il terapeuta e il linguista CoCAL non coincidono, si profilano a mio modo di vedere due direzioni possibili e complementari: ridurre a priori la quantit` a dei turni da analizzare, oppure avere a priori delle informazioni sulla semantica, vale a dire sul tema e gli argomenti, del trascritto di seduta. La prima direzione vede la CoCAL in applicazione complementare con altri metodi di analisi linguistica dei trascritti terapeutici, su base statistica, che individuano a livello macro dei brani o cluster da analizzare successivamente con la CoCAL. La seconda direzione ` e l’applicazione in sedute mirate, per esempio
nel caso di terapie focali, o ancora nel caso di test proiettivi a carattere narrativo, dove cio` e quello che viene richiesto al cliente ` e di narrare delle storie sulla base di tavole disegnate con dei personaggi ricorrenti. 124 Da un punto di vista linguistico, gli attanti delle frasi sono ricorrenti: vedere quali vengono espressi, quali omessi, in quale posizione rispetto alla struttura della valenza, pu ` o certamente confermare o confutare certe letture teoriche o modelli interpretativi.
La seconda questione riguarda la validit` a della tecnica. La strada da intraprendere ` e induttiva. Per prima cosa si prende un trascritto, si prepara un manuale con l’indicazione della valenza e degli attanti (con il loro ruolo pragmatico) dei verbi usati nel trascritto, una tassonomia degli atti linguistici, e una tabella vuota, come quella usata nel caso studio. Si fornisce questo materiale a un numero sufficiente di terapeuti addestrati e si confrontano gli esiti delle rispettive analisi CoCAL. 125 A questo punto si pubblicano i risultati di questa validazione in una rivista scientifica del settore, e poi si fa riferimento all’articolo pubblicato nei lavori successivi. Possiamo concludere dicendo che la CoCAL ha delle potenzialit` a interessanti per la psicoterapia e la pratica delle relazioni d’aiuto pi ´ u in
generale, potenzialit` a tutte da esplorare.
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Capitolo 4
Appendice
4.1 Trascritto del caso studio
Qui di seguito la sequenza completa dei primi 15 turni del caso studio come dal trascritto (Parolin et al. 2006, 1-16).
C:t01: Allora, diciamo che non mi succede niente di particolare. Mi sembra, per ` o, anche con l’aiuto di alcuni amici ` e venuto fuori, che forse ho bisogno di un aiuto. C’` e da dire che, pi ´ u che altro, mi sono venute un
po’ di paure, un po’ di ansie, che prima non avevo, in particolare prima di avere dei figli. Ormai, il pi ´ u grande ha 11 anni, quindi ormai (ride).
Mi spieghi meglio? :02t:T
C:t03: Ma guardi, mi sono sempre preoccupata un po’ per tutte le cose che mi succedono: problemi sul lavoro, lo stare con i figli, soprattutto Ercole e anche un po’ per mio marito.
Quando sono cominciate? :04t:T
C:t05: Qualche anno fa, ma adesso sono aumentate. Ho sempre pensato di riuscire a cavarmela, anche adesso, ma mi sono detta che forse un aiuto pu ` o essermi utile in questo senso e quindi ho deciso di provare ad andare a fare un colloquio, per fare quattro chiacchiere, per vedere un po’. Cosa posso dirle? Un problema particolare ce l’ho con mio figlio di nove anni. C’` e un rapporto un po’ strano fra di noi, un po’
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4.1. Trascritto del caso studio
conflittuale. Lui ` e un bambino molto sensibile, quindi ha queste crisi di nervi, queste sfuriate per poi placarsi, solo che mi accorgo che con lui c’` e qualcosa che non va.
Fa fatica... :06:T
C:t07: S´ ı. Ercole. Il primo ubbidisce. Poi, in realt` a, non so come interiorizzi le cose. Mi sembra un bambino semplice, abbastanza forte. Con Angelo invece c’` e sempre questo: “no, non lo faccio.” Io mi accorgo che l’assillo.
Mi faccia capire, mi faccia un esempio. :08:T
C:t09: Eh... quando torna a casa da scuola, butta sempre tutto in giro, e io gli ripeto sempre le stesse cose. Sono anche stufa.
Tipo? :10:T
C:t11: Tipo: “togliti le scarpe e vai a lavarti le mani.” Magari c’` e il pi ´ u grande davanti alla tiv ´ u.
Mi faccia capire come ` e composta la sua famiglia. Allora, abbiamo:
C:t13: S´ ı. Ercole di 11 anni, Angelo ne fa 9 a Marzo... Allora, Angelo, si mette davanti alla tiv ´ u invece di fare i compiti... Ercole sa da solo che deve andare a fare i compiti per cui prende e va. L’altro, si trascina fino alle sei, sette, otto di sera e poi...
Lei cosa ripete sempre? :14:T
C:t15: Io ripeto sempre: “mettiti a lavorare! Lo facciamo insieme”, ma
lui ha mille scuse. ` E un bambino molto intelligente, ma ` e indolente. Ci
sono queste mie continue richieste e questi suoi continui rifiuti... Non rifiuti, ma: “s´ ı, adesso lo faccio”, ma sta in giro, pittura, gioca con le macchinine, guarda la televisione, etc. Questa ` e la normalit` a delle cose.
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Capitolo 4. Appendice
4.2 Alberi adposizionali del caso studio
Qui di seguito gli alberi adposizionali del caso studio. I turni seguono la suddivisione vista nella sezione 2.7. 126 q
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4.2. Alberi adposizionali del caso studio
q
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4.2. Alberi adposizionali del caso studio
q
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4.2. Alberi adposizionali del caso studio
q
¡
¡
C : t03
↓ A Y
(b) albero del turno 03a (a) albero del turno 02
Figura 4.6: Alberi dei turni 02-03a
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4.2. Alberi adposizionali del caso studio
q
¡
¡
A > Y ¡
¡
mio
A
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4.2. Alberi adposizionali del caso studio
q
t05d
↑ C
cavarmela I > O I > O A > Y > A Y (a) albero del turno 05c (b) albero del turno 05d
Figura 4.10: Alberi del turno 05cd
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4.2. Alberi adposizionali del caso studio
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4.2. Alberi adposizionali del caso studio
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4.2. Alberi adposizionali del caso studio
q
¡
¡ (la quale)
Y
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(me)
Y
(a) alberi dei turni 07abc (b) albero del turno 07d
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4.2. Alberi adposizionali del caso studio
q
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¡
E > I 2
¡ no
I > E
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4.2. Alberi adposizionali del caso studio p
q
un esempio
Y
¡
¡
¡
giro
O
tutto
(c) albero del turno 09c (d) albero del turno 09d
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¡
¡ ←
¡
I 1 ¡
¡ io
X
D
(a) albero del turno 09e (b) albero del turno 10 (c) albero del turno 11ab q
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4.2. Alberi adposizionali del caso studio
q
¡
-lla tiv ´
O
¡
il pi ´ u grande Y = X
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4.2. Alberi adposizionali del caso studio
q
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↑ C Y
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4.2. Alberi adposizionali del caso studio
q
I 1 ↓ A
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¡
¡
t15c ↑ C
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4.2. Alberi adposizionali del caso studio q
¡
¡ molto
E
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4.2. Alberi adposizionali del caso studio
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t15klmn ↓ A
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4.2. Alberi adposizionali del caso studio
q
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Indice
1 Prima lezione 13
1.1 Morfosintassi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 15
1.2 Semantica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 48
2 Seconda lezione 51
2.1 L’atto linguistico costruttivo . . . . . . . . . . . . . . . . . . 52 2.1.1 A proposito dell’aspetto perlocutorio . . . . . . . . 53 2.1.2 Cooperazione e competizione . . . . . . . . . . . . . 55 2.2 L’albero adposizionale pragmatico . . . . . . . . . . . . . . 55 2.2.1 Le direzioni di adattamento degli stati intenzionali 57
2.3 I caratteri pragmatici . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 58
2.4 Il carattere pragmatico delle domande . . . . . . . . . . . . 75 2.5 Illocuzione ed emozione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 76 2.6 Gli atti illocutori indiretti . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 77
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Elenco delle figure
1.1 Lo scheletro di un albero adposizionale . . . . . . . . . . . 27 1.2 Alberi astratti di risalita (a sinistra) e imposizione (a destra) 30 1.3 Esempi di risalita (a sinistra) e di imposizione (a destra) . . 31 1.4 Esempi di ridondanza stativa (a sinistra) e verbale (a destra) 32 1.5 Coppia minima strutturale sul gruppo verbale cade . . . . 34 1.6 Coppia minima strutturale fortes ventos e ventos fortes . . . 35 1.7 Le due interpretazioni possibili di amor patris . . . . . . . . 36 1.8 Alberi circostanziali astratti . . . . . . . . . . . . . . . . . . 37 1.9 Alberi separati di Quando vieni? / Domani . . . . . . . . . . 38 1.10 Albero di meravigliosamente bello normale e compatto . . . . 39 1.11 Albero di piove . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 40 1.12 L’adtree di (11a), a sinistra, e (11b), a destra . . . . . . . . . 42 1.13 L’albero di (11c.), in alto, e (11d.), in basso . . . . . . . . . . 43 1.14 Albero del dialogo Quando vieni? Domani. . . . . . . . . . . 45 1.15 Albero astratto di congiunzione tra frasi . . . . . . . . . . . 45 1.16 Alberi di Alfredo pu` o pagare {poich´ e|dunque} ` e ricco. . . . . . 46
2.1 Albero pragmatico astratto generico al primo turno . . . . 56 2.2 Albero pragmatico astratto generico al secondo turno . . . 57 2.3 Albero pragmatico assertivo generico . . . . . . . . . . . . 60 2.4 Albero pragmatico di ho freddo esplicito (sn) e ridotto (dx) . 61 2.5 Albero pragmatico direttivo generico . . . . . . . . . . . . . 62 2.6 Albero pragmatico di (16.) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 62 2.7 Albero pragmatico commissivo generico . . . . . . . . . . . 64 2.8 Albero pragmatico di (20.) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 64 2.9 Albero pragmatico espressivo generico . . . . . . . . . . . . 66 2.10 Albero pragmatico di (22c.) . . . . . . . . . . . . . . . . . . 67
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Elenco delle figure
2.11 Albero pragmatico di Dichiarazione generico . . . . . . . . 70 2.12 Alberi pragmatici astratti generici . . . . . . . . . . . . . . . 77 2.13 Albero pragmatico di Non l’hai proprio visto? . . . . . . . . . 79 2.14 Struttura dei turni 05ijk . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 84 2.15 Struttura del turno 09abcd . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 87
4.1 Albero del turno 01a . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 99 4.2 Albero del turno 01b . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 100 4.3 Alberi dei turni 01ce . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 101 4.4 Albero del turno 01d . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 102 4.5 Albero del turno 01fg . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 103 4.6 Alberi dei turni 02-03a . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 104 4.7 Albero del turno 03b . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 105 4.8 Alberi dei turni 03c-04 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 106 4.9 Alberi dei turni 05ab . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 107 4.10 Alberi del turno 05cd . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 108 4.11 Alberi dei turni 05ef . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 109 4.12 Albero del turno 05g . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 110 4.13 Albero del turno 05h . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 111 4.14 Albero del turno 05i . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 112 4.15 Albero del turno 05j . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 113 4.16 Alberi dei turni 05k e 06 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 114 4.17 Alberi dei turni 07abcd . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 115 4.18 Albero del turno 07e . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 116 4.19 Alberi dei turni 07fg . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 117 4.20 Alberi dei turni 09abcd . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 118 4.21 Alberi dei turni 09, 10, 11abc . . . . . . . . . . . . . . . . . . 119 4.22 Alberi dei turni 11d e 12bc . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 120 4.23 Albero dei turni 13abc . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 121 4.24 Alberi dei turni 13de . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 122 4.25 Alberi dei turni 13fg . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 123 4.26 Alberi dei turni 13hij e 14 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 124 4.27 Alberi dei turni 15ab . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 125 4.28 Alberi dei turni 15cdef . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 126 4.29 Albero del turno 15g . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 127 4.30 Albero del turno 15hi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 128 4.31 Alberi dei turni t15jk . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 129 4.32 Albero del turno t15o . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 130
Page 136
Note
Note
1 Tali incontri si sono svolti il 15 Dicembre 2010 e il il 26 Gennaio 2011 presso la sede
del CEAT-ASAG.
2 In ambito linguistico e filosofico analitico ci sono precedenti illustri di volumi scritti
in maniera analoga. Mi vengono in mente almeno Austin (1987) e De Saussure (1970).
3 La CoCAL ` e un’applicazione dell’approccio generale al linguaggio chiamato ‘lingui-stica costruttiva’ (constructive linguistics), poich´ e applica alle problematiche della linguisti-ca i metodi e gli strumenti della matematica costruttiva. Poich´ e la matematica costruttiva
` e per definizione computabile, la linguistica costruttiva pu ` o a rigore essere considerata
parte della linguistica computazionale. I primi risultati della linguistica costruttiva sono
nel campo della morfologia e della sintassi, e del loro interfacciamento con la semantica e
la pragmatica. In particolare, nell’applicazione a morfologia e sintassi, la linguistica com-
putazionale ha prodotto un approccio specifico, detto ‘paradigma adposizionale’ (Gobbo
2009), per ragioni che saranno evidenti nel corso del testo. La CoCAL si basa sul nucleo
teorico della pragmatica costruttiva (constructive pragmatics). Di conseguenza, il contesto
delle sedute terapeutiche ` e solo un caso specifico della CoCAL; d’altro canto, vedremo
proprio come questo contesto offra interessanti riflessioni di carattere generale.
4 Da un certo punto di vista, ` e meglio non avere conoscenze pregresse in questo cam-po, perch´ e la linguistica costruttiva, elaborata in questi ultimi anni - in collaborazione con
Marco Benini (Universit` a degli Studi dell’Insubria) per la parte di formalizzazione mate-
matica - ` e eterodossa sotto la maggior parte degli aspetti (Gobbo & Benini 2011, Gobbo
2009).
5 Gli articoli classici della teoria degli atti linguistici sono raccolti nel volume a cura di
Sbis` a (1978).
6 Lascer ` o volutamente nel vago i concetti pi ´ u propriamente psicologici come ‘alleanza
terapeutica’, perch´ e dal punto di vista della CoCAL questi vengono definiti non a priori
bens´ ı a posteriori dell’analisi stessa.
7 Le questioni etiche sulla registrazione non verranno trattate qui, le assumiamo come
risolte a priori, vale a dire entrambi gli attori della conversazione accettano la registrazio-
ne senza difficolt` a.
8 La CoCAL non ` e ancora stata testata su trascritti di setting non-standard, in particola-
re quelli collaborativi - dove il termine ‘collaborativo’ va inteso nel senso dell’Assessment
Terapeutico, e significa che il terapeuta non vuole essere “neutro” o “oggettivo” mentre il
cliente effettua un test.
9 Ci sono alcune eccezioni, naturalmente, vale a dire fenomeni che vanno segnala-ti esplicitamente pena il fraintendimento o la perdita di parte del significato inteso dal
parlante. Tali eccezioni, essendo rilevanti per l’analista conversazionale, verranno debita-mente spiegate al momento opportuno.
10 Vedremo comunque che il metodo ` e piuttosto preciso e lascia ben poco spazio alle
ambiguit` a di interpretazione, proprio per permettere una lettura dei dati ben direzionata
e chiara negli intenti e nei risultati.
11 Torneremo pi ´ u avanti su questo punto.
12 Lasciamo da parte le questioni, filosoficamente interessanti, riguardanti il rapporto
tra pensiero, linguaggio ed intenzionalit` a: usando il rasoio di Occam, assumiamo che
Page 137
Note
il linguaggio verbale umano veicoli parte della facolt` a del pensiero proprio della specie
umana.
13 In altri termini, assumiamo che gli attori della seduta siano in grado di usare il lin-
guaggio in maniera psichicamente sana, non considerando usi linguistici dichiaratamente
patologici, come per esempio il linguaggio degli schizofrenici.
14 Gli eventuali lettori linguisti mi scuseranno, ma ` e importante per i terapeuti costruire
tutta l’impalcatura teorica a partire dalle fondamenta.
15 Se vengo interrotto a met` a parole si danno due casi: o l’ascoltatore completa l’infor-
mazione fonetica mancante, oppure non ci riesce. Esempio: “ma che vai dice—” viene
facilmente completato (dicendo), mentre “mi piace la pi—” risulta pi ´ u difficile (pizza?
piscina?).
16 Intendo un infinito grande come quello dei numeri naturali, per i pi ´ u avvezzi alla
terminologia matematica.
17 Naturalmente sto semplificando notevolmente la situazione, perch´ e non serve qui
andare nel dettaglio. Il lettore interessato a maggiori dettagli pu ` o consultare il bel volume
di Thornton (2005).
18 Uno storico della lingua italiana probabilmente avrebbe da ridire sul gruppo mor-
femico giornata, e lo segmenterebbe come giorn-at-a. Non sarebbe utile in questo conte-
sto affrontare nell’ambito della linguistica costruttiva l’analisi del linguaggio da una pro-spettiva diacronica, argomento di massima interesse, soprattutto perch´ e la prospettiva
diacronica permette di svelare i meccanismi di molte grammaticalizzazioni.
19 User ` o indifferentemente le espressioni ‘gruppo di morfemi’ e ‘gruppo morfemico’
come sinonimi nel corso del testo.
20 Non ci interessa andare nel dettaglio dell’analisi della morfosintassi, che pu ` o essere
descritta in termini formali e computabili, vale a dire possiamo delegare questo compito
a una macchina opportunamente programmata (Gobbo & Benini 2011).
21 In termini pi ´ u precisi, assumo che l’analista conversazionale abbia tra le sue capacit` a
l’intuizione non smaliziata del parlante nativo della lingua del trascritto (per comodit` a
l’italiano), e analogamente gli altri attori del setting.
22 Gli eventuali lettori filosofi del linguaggio mi scuseranno se vado via veloce su questi
punti, ma quanto detto va qui preso cos´ ı com’` e, altrimenti il seminario non dura due
lezioni ma venti.
23 Molti linguisti potrebbero discure la validit` a translinguistica dei caratteri grammati-cali che uso. In particolare, un tipologo potrebbe trovare che in qualche lingua del Borneo
o dell’Amazzonia esisterebbe una lingua che non possiede questa distinzione. Potrebbe
anche essere, bisognerebbe vedere con quali criteri la grammatica di tale lingua ` e stata
scritta, visto che i suoi parlanti nativi si limitano a parlarla. Sta di fatto che nella maggior
parte delle lingue di cultura (quindi con una lunga e ricca tradizione di uso scritto) i quat-tro caratteri che uso mi sembrano validi universalmente perch´ e legati a facolt` a percettive
umane, quindi pre-linguistiche (Gobbo & Benini 2011). Non ` e questa la sede per discuter-li: chiedo al lettore di assumerli come validi perlomeno per l’italiano nel nostro contesto
di analisi di trascritti terapeutici.
24 Naturalmente, pronomi e dimostrativi vanno trattati con attenzione e riguardo, perch´ e
sono ancore a quanto detto (anafore) o a quanto sta per essere detto (catafore). La riso-
luzione di queste ancore - vale a dire a cosa si riferisce il segnaposto - dipende dalla
semantica e dalla pragmatica - si vedano le rispettive sezioni apposite 1.2 e 2.1.
Page 138
Note
25 La descrizione del modello adposizionale per lo strato interfrasale, vale a dire tra
pi ´ u frasi diverse, viene omessa perch´ e non ` e centrale per i nostri scopi. Si veda Gobbo &
Benini (2011) a questo proposito.
26 La distinzione la vediamo dopo nel dettaglio. Per ora, basti un esempio contrastivo.
L’aggettivo ‘alto’ ` e epitetico in
un alto funzionario
(tipo un direttore di divisione) mentre `
predicativo in un funzionario alto (il funzionario `
27 Se nella frase ieri sera ho mangiato meravigliosamente l’avverbio meravigliosamente ha
valore di circostanziale, perch´ e modifica il gruppo verbante ho mangiato, lo stesso avverbio
nella frase lo spettacolo meravigliosamente bello degli Squerez sbarca a Milano ` e un modificatore
dell’aggiuntivo bello che a sua volta modifica lo stativo spettacolo e andr` a quindi indicato
come un aggiuntivo di secondo livello - dunque, con il segno A, eventualmente A E se
vogliamo enfatizzare il tratto morfologico avverbiale (vedi sezione 1.1.5).
28 Vedremo oltre che queste informazioni sono mappate nel paradigma adposizionale
sotto forma di salienza informativa.
29 Gli alberi adposizionali corrispondenti sono i seguenti (1a a sinistra, 1b a destra):
Nella sezione 1.1.3 chiarisco cos’` e un albero adposizionale (‘adtree’ o semplicemente ‘al- p
ora
E
bero’); per ora, basti sapere che ` e il risultato dell’analisi di una frase. Ho scelto di mostrare
solo esempi corretti e completi in tutto il testo, cos´ ı possono essere rivisti alla fine quando
tutto l’armamentario adposizionale sar` a stato presentato completamente.
30 Tesni` ere (1959) dedica un’ampia porzione del suo trattato a questo fenomeno del
“girare le frasi” che egli chiama, con parola francese, translation (in italiano traslazione, in
inglese transference).
31 Il trattino indica la necessit` a di un legame morfologico esplicito, in altri termini il
lessema non pu ` o stare in piedi da solo quando collocato nell’ordine lineare.
Page 139
Note
32 Ovviamente queste similitudini valgono per il livello morfosintattico, non quello
semantico.
33 Non ho trovato un esempio di walk come circostanziale, ma ritengo che il concetto
sia sufficientemente chiaro.
34 Sull’importanza della ridondanza nel linguaggio, si veda Chiari (2002).
35 Possiamo estendere la terminologia whorfiana dai lessemi ai morfemi in genera-
le. Cos´ ı facendo, i traslatori (e i traslati) saranno per definizione morfemi per selezione.
Purtroppo per ` o, nella stragrande maggioranza delle lingue esistono traslatori diversi ma
omografi. Per esempio, in italiano il morfema -a corrisponde a un traslato stativo (O > O)
femminile, come in ragazz-a, e a uno maschile, come in eremit-a. Potremmo costruire il
dizionario della lingua italiana basandoci sui caratteri grammaticali, sui traslatori e sui
traslati, scoprendo relazioni morfosintattiche tra parole o gruppi morfemici alquanto inte-
ressanti e inaspettate, perch´ e non trasparenti, non riconoscibili a prima vista. Ma questo ci
porterebbe troppo lontano e non ` e centrale per i nostri scopi di analisti delle conversazioni
terapeutiche.
36 In nessun modo quanto presentato in questa sottosezione ` e esaustivo. Il lettore in-
teressato alle meccaniche sottostanti la traslazione pu ` o rivolgersi al volume di Gobbo &
Benini (2011).
37 Consideriamo l’oggetto ‘lingua italiana’ da un punto di vista sincronico, vale a dire
nella competenza del parlante nativo medio attuale di italiano, senza considerare l’aspetto
dell’evoluzione storica della lingua (punto di vista sincronico).
38 Si noti che non si pu ` o fare il plurale ?le calme, che vuol dire un’altra cosa.
39 Vediamo infine che *calmamente in italiano ` e inaccettabile, mentre in portoghese in-
vece s´ ı!
40 Riccardo Preziosi ci fornisce un esempio in italiano: uomo (stativo) diventa umano (ag-
giuntivo), mediante la rotazione della {o}. Il dittongo mobile {o|uo} rende il fenomeno
pi ´ u opaco, ma di principio si tratta sembre di Ablaut.
41 Tuttavia, ` e fondamentale non identificare le adposizioni costruttive con le preposizio-ni o le posposizioni. Ad esempio, le preposizioni dell’italiano sono casi particolari delle
sue adposizioni.
42 Mi sono limitato al livello sintattico, ma era possibile fare lo stesso test a livello mor-
fologico. Infatti, la pseudofrase ?Lo spettacol meravigl bell de Squerez sbarc Milan, costruita
buttando via traslatori e traslati, ` e al limite della comprensibilit` a, mentre *Lo o amente o
de Squerez a a Milan, costruito buttando via tutti i lessemi non lo ` e affatto, anche salvando
i nomi entit` a Squerez e Milano. A livello morfologico i reggenti sono i lessemi, mentre
traslatori e traslati avranno valore di adposizioni o dipendenti. I traslati sono in assoluto
i pi ´ u deboli, perch´ e per definizione sono ridondanti.
43 Il lettore che volesse cimentarsi nella produzione di alberi adposizionali sappia che
l’autore e Marco Benini hanno scritto appositamente una macro in L A T E X. Questa macro
disegna gli adtree a partire da una convenzione di scrittura ragionevole e li linearizza in
maniera completamente automatica. Tale macro ` e disponibile presso gli autori. Non ` e
previsto per il momento lo sviluppo software di un applicativo con interfaccia grafica per
il disegno degli alberi adposizionali.
44 Lascio al lettore come esercizio il riprendere le tabelle precedenti e scrivere gli alberi
corrispondenti che esplicitino le traslazioni, come istanze degli alberi astratti in figura 1.2.
45 Per aiutare a ricordarli: D sta per dependent, G per governor e F per final.
Page 140
Note
46 Naturalmente, la ridondanza avviene a livello di carattere grammaticale, ma i ri-spettivi morfemi hanno i loro tratti semantici, quali per esempio DIMINUTIVO (-ett-) e
3A-PLUR (-ero).
47 Nella terminologia della linguistica cognitiva, il lato saliente viene detto trajector (tr),
mentre l’altro lato viene chiamato landmark (lm) (Langacker 1987a,b). Questa asimmetria
viene vista dall’autore - secondo me limitatamente - solo sul lato semantico, anzich´ e su
quello sintattico e pragmatico, come avviene nel paradigma adposizionale.
48 Stiamo applicando il metodo generale della linguistica costruttiva: prendo due coppie
minime strutturali, vale a dire identiche a meno di un elemento strutturale dell’albero, e
vedo cosa rimane invariato e cosa invece varia.
49 Per l’eventuale pubblico linguista, questa distinzione riprende l’ipotesi dell’inac-cusativo formulata originariamente da Perlmutter (1978). Un gruppo verbale del tipo
← →
I 1 (O accade a I) viene detto inergativo (unergative), mentre il complementare I 1 (O fa I)
viene detto inaccusativo (unaccusative). Su questo argomento nel quadro del paradigma
adposizionale, si veda di nuovo Gobbo & Benini (2011).
50
Il calcolo delle inferenze ` e un ambito della pragmatica, il regno dell’uso della lingua.
51 La grammaticalizzazione non la spiegher `
i nostri scopi: basti sapere che una grammaticalizzazione `
tra alberi che scaturisce dalla frequenza d’uso di una data struttura.
52 La grammaticalizzazione ` e un concetto cardine della linguistica cognitiva (Croft &
Cruse 2004), e in particolare delle varie construction grammars (Goldberg 2006, 1995, Croft
2001). Fatalmente, il lettore interessato alle grammatiche costruzionali viste da una pro-
spettiva di linguistica costruttiva (non ` e un gioco di parole!) ` e rimandato a Gobbo &
Benini (2011).
53 Alcune lingue, come il tedesco, hanno strategie morfosintattiche precise per distin-
guere l’aggettivo attributivo dall’aggettivo predicativo.
54 La terminologia tradizionale pu ` o essere usata a patto che non sia costruttivamente
ambigua. Per noi, aggettivi e sostantivi sono due importanti sottoclassi degli aggiuntivi e
degli stativi rispettivamente, che valgono nelle lingue che stiamo usando ora (portoghese,
italiano, latino).
55 Con la parola ‘senso’ intendo il significato, ambito della semantica, attualizzato nel-l’uso, ambito della pragmatica.
56 Nei termini della grammatica tradizionale si dice ‘genitivo soggettivo’, il padre es-sendo il soggetto (caso nominativo) della frase soggiacente. In realt` a questa terminologia
` e poco trasparente, perch´ e scritta ad hoc, non generalizzabile.
57 Con la parola ‘interpretazione’ intendo un senso possibile dove si debba fare una scel-ta. In altri termini, l’interpretazione ` e un’attualizzazione di significato orientata. Quando
parlo di ‘interpretazione’, sono nuovamente nel dominio della pragmatica.
58 Non ho finora (26 ottobre 2011) trovato esempi di relazioni circostanziali indefi-
nite (↔), che comunque sono possibili, perlomeno a livello teorico, come conseguenza
naturale della struttura adposizionale.
59 Non entro qui nel dettaglio dell’analisi di parole come qu-anto, qu-ando, qu-ale. Il
lettore pu ` o lasciare queste parole intere, e posizionarle sia come adposizioni che come
dipendenti: a questo livello di analisi, il discorso non cambia. Per ulteriori dettagli su
questo punto, si veda Gobbo & Benini (2011).
Page 141
Note
60 Questa operazione, puramente notazionale, viene chiamata epsilon-trasformazione
(epsilon-transformation o -transformation). Si tratta di un fatto tecnico, mediante il quale
nascondiamo un po’ di epsilon non significative, per avere un albero pi ´
meccanismo ` e reversibile, vale a dire `
la costruttivit` a `
opportunamente.
61 La risoluzione delle costruzioni degli ausiliari italiani, come stare+VERBO-endo va
al di l` a degli scopi di questo libro. Il lettore interessato pu ` o consultare Gobbo & Benini
(2011).
62 Una frase come piovono pietre invece s´ ı, ma si tratta di un caso complesso pi ´ u di
quanto sembri, adeguatamente analizzato in Gobbo (2009). Nel nostro contesto, non ci
interessano tali casi. Lingue che non sono pro-drop, vale a dire che devono sempre espri-mere esplicitamente un soggetto, come l’inglese, dicono it’s raining. Nella letteratura,
quel it ` e indicato giustamente come dummy subject: si tratta di una costruzione del tutto
cristallizzata, non modificabile. Per esempio, non `
63 Nel caso dei verbi monovalenti, a volte `
←
simboli I 1 (inergativo, se c’` e reggenza) e
64 Si tratta di un esempio da un paper fondamentale nella storia della linguistica con-
temporanea, di Charles J. Fillmore (2003a). Il lettore lo trova ristampato in Fillmore
(2003b).
65 Per maggiori dettagli tecnici sul trattamento di questo esempio, si veda il capitolo
Syntax in Gobbo & Benini (2011).
66 Per completezza, va menzionato il fatto che esistono verbi a valenza quattro (qua-drivalenti), come vendere o comprare e a valenza cinque (pentavalenti) ottenuti mediante
causativi o grammaticalizzazioni similari, come i fattitivi. Un solo esempio, per dare un’i-dea: gli ho fatto comprare il pane per pochi euro da Mario. Il primo attante ` e io (sottinteso),
il secondo il pane, il terzo gli, il quarto pochi euro e il quinto Mario. Non li vedremo qui
(Gobbo & Benini 2011, per dettagli).
67 Naturalmente, si tratta di una semplificazione eccessiva, ma bisogna partire dal caso
pi ´ u semplice.
68 Non uso il termine tradizionale ‘coordinazione’ perch´ e per la grammatica tradiziona-
le e ` e una congiunzione ‘coordinativa’, mentre ma ` e ‘subordinativa’. In termini costruttivi
questa distinzione non esiste: si tratta in entrambi i casi di gruppi verbanti, cambia solo
la salienza informativa.
69 Si tratta di un esempio di Tesni` ere (1959) che ho sempre trovato molto illuminante.
70 A volte delle intere frasi vengono trasformate in stativi, aggiuntivi o circostanziali
della frase reggente, mediante opportune adposizioni, quali che (soggettivo e oggettivo, il
dass tedesco), quando o la quale. Per approfondire, si veda Gobbo & Benini (2011).
71
Naturalmente, l’approccio composizionale non `
lor (1989) segue l’approccio prototipico, pi ´ u in voga nella comunit` a dei linguisti cogniti-vi. L’approccio composizionale ha una serie di vantaggi e svantaggi che non discuter ` o in
questa sede perch´ e si tratta di un aspetto secondario nell’ambito terapeutico. Per chi fosse
interessato, si veda la discussione in Gobbo (2009).
72 Dato un dominio semantico, ` e sempre possibile costruire un’ontologia avente la
forma di albero, che indichi le gerarchie dei sememi.
73 Due morfi per lo stesso morfema vengono detti allomorfi (Thornton 2005, 39).
Page 142
Note
74 Nel nostro contesto, l’omonimia coincide con l’omografia - morfi scritti identici -
perch´ e consideriamo il linguaggio solo per iscritto. L’omografia ` e una variante debole
dell’omonimia. Per esempio,
ancora
`
giorno non pi ´ u riportato per iscritto, disambigua il significato stativo (l’oggetto pesante
utilizzato per trattenere una imbarcazione su un fondale) dal circostanziale (sinonimo di
di nuovo).
75 ` E possibile anche il caso dei sememi indefiniti (±), come nel caso dei verbi all’infinito,
in cui la persona ` e indefinita. In simboli: [VERBO:±PERSONA].
76 In termini pi ´ u precisi, l’esistenza degli elementi di gente non ` e costruibile.
77 A differenza dell’asse verticale, ahinoi, all’asse orizzontale non corrisponde una sola
distinzione ma a una pluralit` a, oserei dire a una pletora! Sarebbe per me facile introdurre
delle classificazioni di questo asse, magari con dei bei termini tecnici grecizzanti, quali
‘metonimia’ (sostituzione semantica convenzionale per contiguit` a), ‘metafora’ (una cosa
per un’altra), ‘meronimia’ (relazione parte-intero), o altre. Non mi sembra produttivo fis-sare una lista a priori di relazioni sull’asse orizzontale: pertanto tali relazioni semantiche
diverse da iper/ipo saranno lasciate volutamente generiche.
78 Secondo Searle (2010), questa nostra caratteristica biologica - di possedere sia l’in-
tenzionalit` a e il riferimento - `
ultima analisi ci ` o che ci distingue dagli altri esseri viventi.
79 I lettori filosofi mi scuseranno se vado via veloce su questo punto, che qui diventa
funzionale all’introduzione dell’atto linguistico.
80 Uso la parola ‘significato’ in riferimento alla semantica (i sememi e le loro regole di
combinazione) e la parola ‘senso’ in riferimento alla pragmatica (il significato in uso).
81 Potrebbe sembrare strano l’uso della coppia parlante/ricevente per gli attanti di una
conversazione anzich´ e la coppia parlante/ascoltatore o emittente/ricevente. Il motivo
sta proprio qui: chi ascolta deve ricevere il messaggio, che pu ` o essere anche di natura
non linguistica. In questo contesto l’emittente ` e sempre un parlante e non uno scrivente.
Ricordo che stiamo considerando il setting terapeutico standard.
82 Tengo volutamente la nozione di cooperazione come vaga e intuitiva. Il modello qui
esposto non ` e stato ancora messo a confronto con casi complessi di “minaccia della faccia”
(Brown & Levinson 1987). Questo potrebbe essere un lavoro futuro.
83 Vale la pena di menzionare un’osservazione emersa durante la discussione finale
della lezione: un cliente compiacente, che cerca di dare le risposte che lui crede aderiscano
alle aspettative del terapeuta indipendentemente dal valore delle stesse, ` e un cliente non
collaborativo ma nemmeno competitivo: diciamo che si sta autosabotando, e ha bisogno
di aiuto. Esiste dunque una terza via tra collaborazione e competizione.
84 Potremmo farlo con un opportuno linguaggio formale, ma non mi sembra ce ne sia
bisogno. Come vedremo l’albero adposizionale pragmatica ` e gi` a sufficientemente ricco.
85 Detto in altri termini, se l’effetto dell’atto sul ricevente ` e la produzione di un ulteriore
atto linguistico da parte del ricevente, e tale atto locutorio risponde felicemente (o meno)
alle aspettative del parlante.
86 Il peggio che pu ` o capitare ` e la sovrapposizione del parlato - nel qual caso il trascritto
lo segnaler` a opportunamente, per esempio mettendo i due trascritti tra parentesi quadre.
Si presume che in un setting terapeutico non ci si metta a urlare uno sopra l’altro. Casi
estremi di scortesia (unfairness) non verranno qui trattati.
Page 143
Note
87 Le espressioni italiane “parlare a vuoto” o “parlare a vanvera”, ahim` e costume italico
sempre pi ´ u comune, nella mia esperienza, sembrano dar ragione al fatto che normalmen-
te bisognerebbe pensare prima di parlare, e dunque l’intenzione dovrebbe governare la
messa in parole del pensiero.
88 Da un punto di vista formale, non cambia nulla: cambiamo solo le etichette ai carat-
teri grammaticali. La meccanica degli alberi adposizionali rimane la stessa.
89 Se cos´ ı non fosse, la catena della conversazione si chiuderebbe. Per esempio, ` e il
caso del bigliettaio che dice biglietti, prego!: qualsiasi atto linguistico di risposta sarebbe
indesiderabile.
90 Nel mondo fenomenico possiamo includere anche i mondi possibili: quando rac-
contiamo un fatto reale o una storia inventata di sana pianta da un punto di vista della
direzione di adattamento non ci sono differenze.
91 Searle usa il termine P resup come simbolo per indicare questo caso, il che - ol-tre che brutto, come dice l’autore stesso - ` e poco pratico quando si scrivono gli alberi
adposizionali. Si tratta solo di un cambio di notaizone.
92 In quest’ultimo caso, il pi ´ u importante, non c’` e un vero e proprio stato intenzionale,
ma piuttosto un atto di creazione della realt` a sociale. Il caso, detto Dichiarazione, lo
vediamo pi ´ u avanti: basti sapere che ` e talmente importante che Searle vi dedica un intero
libro (Searle 2010).
93 Searle usa questa tassonomia dal 1975 (Searle 1978, 2010) ininterrottamente senza
sostanziali modifiche ottenendo risultati non banali, il che mi sembra un punto forte a
suo favore. Nondimeno, come tutte le tassonomie, anche quella che seguiremo noi pu ` o
essere messa in discussione. In ogni caso, ricordo che questo strato di analisi ` e sganciato
dalla grammatica adposizionale. In altri termini, se qualcuno vuole usare una tassono-mia migliore, pu ` o sganciare la presente tassonomia per agganciarne una nuova senza
problemi.
94 La relazione di reggenza vale a meno di interpretazioni letterali di quanto detto.
Devo questa constatazione ai rilievi fatti dai partecipanti al corso.
95 In termini di aspettualit` a dell’azione, siamo nel “gi` a” (latino: jam; inglese: yet).
96 Assumo che l’albero locutorio di questa frase sia banale, arrivati a questo punto.
Se avessi scritto ho paura, si sarebbe trattato di un espressivo (vedi oltre). ` E importante
sottolineare il fatto che non c’` e corrispondenza tra costruzioni morfosintattiche e caratteri
pragmatici.
97 Diverso sarebbe il caso di un sentimento, invece di un sentore fisico.
98 Il valore numerico della valenza pragmatica degli assertivi - essendo fissa - normal-
mente non viene espressa, per non confondersi con la valenza a livello morfosintattico.
Questo uso vale per tutti i tipi di atto illocutorio.
99 In termini di aspettualit` a dell’azione, siamo nel “non ancora” (latino: non etiam;
inglese: not yet).
100 Si tratta dell’albero adposizionale in notazione compatta e opaca: R ` e lo stativo
reggente, l’ordine Z il modificatore dipendente.
101 Sono una specie di “riflessivi” pragmatici, come ha notato un partecipante al semi-nario.
102 In termini di aspettualit` a dell’azione, siamo nuovamente nel “non ancora” (latino:
non etiam; inglese: not yet).
Page 144
Note
103 Si noti la forma di scrittura compatta dell’aspetto illocutorio: mettiamo in prima
posizione il primo attante, poi gli altri attanti di seguito al verbo messo all’infinito. Si
tratta della notazione che io trovo comoda, perch´ e esplicita gli attanti rispetto al verbo, di
cui si mantiene il nucleo semantico; ma ciascuno pu ` o trovare con un po’ di pratica quella
che pi ´ u preferisce.
104 In termini di aspettualit` a dell’azione, siamo nel “gi` a” (latino: jam; inglese: yet).
105 Una osservazione riguardo alle le scuse. In Searle (1978), che ` e una traduzione in
italiano, si dice che le scuse sono espressivi. Con il rigore costruttivo che ci contraddistin-
gue, mentre una forma come I apologize (to you) ` e s´ ı un espressivo, la forma italiana (tu)
Scusa-mi in realt` a non esprime semplicemente delle scuse ma fa una richiesta al ricevente
di accettarle: piuttosto, si tratta di un direttivo indiretto come espressivo - vedi sotto la
sezione 2.6 dedicata specificamente agli atti linguistici indiretti.
106 Per ulteriori informazioni su questo tema, che Searle chiama ‘filosofia della societ` a’
(da non confondersi con ‘filosofia sociale’), si veda il suo volume pi ´ u recente (Searle 2010).
107 Per questo motivo, da un punto di vista aspettuale, le Dichiarazioni sono l’unico tipo
di atto linguistico che vive nel “qui e ora” (latino hic et nunc)
108 ` E la durevolezza la propriet` a per la quale le Dichiarazioni si chiamano tali: non si
tratta di una propriet` a agganciata all’atto, come suggerisce il suffisso -ivo in assert-ivo,
dirett-ivo, commiss-ivo ed espress-ivo. ` E proprio un’azione fatta e finita. Addirittura,
al limite posso lasciare l’istituzione che mi ha Dichiarato un certo Status ma passare in
un’altra istituzione analoga, e senza accorgermi continuare a seguire la Dichiarazione
dell’istituzione da cui sono uscito.
109 Nei dettagli, ci ` o vale a dire la Sacra Rota certifica che esiste un vizio formale in al-
meno uno dei requisiti per la promessa matrimoniale, cio` e (a) la libert` a e consapevolezza
della decisione di sposarsi, (b) la disposizione ad amarsi ed onorarsi per tutta la vita, e (c)
la disposizione ad accogliere con amore i figli ed educarli secondo la legge di Cristo.
110 Da questo esempio risulta evidente che le Dichiarazioni si combinano e si innestano
in vario modo. Non vedremo qui come.
111
Il lettore attento noter` a che la voce
` e
del verbo essere viene segnata come bivalente.
Non si tratta di un errore: il verbo essere ` e un verbo bivalente del tutto peculiare, perch´ e
il secondo attante viene omesso quando coincide con il primo o a troppo poca forza illo-
e @@ @ @ @
cutoria, come nel caso
Paola `
punto, che non ` e particolarmente rilevante in questo contesto, si veda nuovamente Gobbo
& Benini (2011).
112 Ne consegue che in contesti multiculturali di relazione d’aiuto, bisogna prestare
particolare attenzione a possibili fraintendimenti sulle istituzioni di riferimento.
113 Gli Jodorowsky, padre e figlio, chiamano questi atti metaforici atti psicomagici. Tutto
il suo lavoro di psicomagia, psicogenealogia e psicosciamanesimo - nella mia esperienza
di prima mano con Crist ` obal Jodorowsky - hanno molto a che fare con le Dichiarazioni.
Sulla psicomagia si veda il recente Jodorowsky (2009).
114 Pu ` o sembrare strano dire che una domanda ` e un assertivo, ma stiamo usando i
termini in maniera tecnica: si tratta di abituarsi a un po’ di igiene mentale.
115 Searle (1978) parlava di un tipo ulteriore, quando si recita una poesia a memoria o
una formula, tipo il Credo durante la Messa. A me sembra che si tratti di credenze del
parlante, pertanto assimilerei queste forme di atti linguistici a una classe particolare di
assertivi. In Searle (2010) non ne viene fatto menzione.
Page 145
Note
116 Mi sembra utile farlo visto che molto del lavoro dei professionisti impegnati nelle
relazioni d’aiuto ha a che fare con le emozioni.
117 Naturalmente, se questo fosse l’unica possibilit` a il lavoro dell’analista costruttivo
della conversazione sarebbe alquanto facile (ma poco divertente).
118 Non mi sembra siano possibili relazioni generiche o indefinite (↔).
119 Ringrazio Riccardo Preziosi per averlo fornito.
120 Per motivi pratici di acquisizione delle liberatorie, ` e stato scelto un caso noto e
pubblico, essendo gi` a presente in letteratura.
121 Diverso e interessante il caso in un setting collaborativo, dove non solo T e C sono
a conoscenza della registrazione, ma sanno anche che ne discuteranno entrambi con L in
una seduta a parte. Ritorneremo su questo punto in sede di conclusione.
122 Come potrete constatare, l’analisi CoCAL non guarda tanto la semantica, vale a dire
quello che viene detto, ma piuttosto e soprattutto la struttura morfosintattica delle fra-
si, rappresentate in forma di albero adposizionale, a cui viene aggiunta l’informazione
pragmatica.
123 Nei termini della scuola sistemica di Palo Alto, questa strategia prende il nome di
“pi ´ u di prima” (Watzlawick et al. 1967, 1974).
124 Il Blacky, per esempio, ne ha cinque: Blacky, il cagnolino nero, mamma, pap` a, Tip-py, e l’angelo. Altri test proiettivi potranno averne pi ´ u o meno, ma sempre un numero
abbastanza limitato e dunque gestibile.
125 Questa procedura di validazione induttiva viene detta dagli psicologi con cui ho
lavorato “validit` a intersiglatori”.
126 Gli alberi forniti sono tutti giusti e completi. Tuttavia, si ` e scelto di rendere gli alberi
pi ´ u funzionali possibili al contesto d’uso: in particolare, molti dettagli sono nascosti - di
qui, la presenza di molti triangoli ().
Page 146
Indice analitico
adposizione, 27, 29 felice, 55 turno, 56 adtree, 26, 27 aggiuntivi, 19
aspetto locutorio, 13 assertivi, 59 attante, 41 atto linguistico performativo, 53 avalenza, 40
direttivi, 59
avanzamento, 41
disattesa, 53 discretezza, 15 caratteri grammaticali aggiuntivi, 19
epsilon-trasformazione, 141
circostanziali, 19
espressivi, 59
definizione, 29 modificatori, 19
reggenti, 18 risalita, 30 stativi, 18 verbanti, 18 caratteri pragmatici, 59 assertivi, 59
commissivi, 59 Dichiarazioni, 59 direttivi, 59 direzioni di adattamento, 57 espressivi, 59 circostanziali, 19
commissivi, 59 conversazione
Page 147
Indice analitico
inergativo, 140, 141
intenzionalit` a, 14 istituzione, 70 relatione
lambda, 58
lessema, 21 per collocazione, 21 per selezione, 21, 22 linearit` a, 15
lingua, 13 discretezza, 15 informazione paralinguistica, 13 linearit` a, 15 morfosintassi, 14, 15 salienza informativa, 32
pragmatica, 14 semantica, 14
semantica, 14
linguaggio verbale umano, 13
stativi, 18
monovalenza, 40 morfema, 15
morfo, 48 omonimi, 48 sinonimi, 48 morfo, 48 morfosintassi, 14, 15
omissione, 41
omonimia, 48, 142
parola, 16
turno, 56 performativo, 53 pragmatica, 14
predicazione, 18
avanzamento, 41 referente, 18 omissione, 41 reggente, 28 reggenza
aggiuntivo-stativa, 39 circostanziale-aggiuntiva, 39 uno, 40 147
Page 148
Indice analitico
zero, 40
verbali, 18 verbanti, 18
Page 149
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