La prova come confessione. Meditazioni sulla natura offesa


Essay, 2015

19 Pages


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In un articolo del 1975 Michel Foucault provava a sintetizzare quello che a suo avviso era stato il percorso della confessione nella pratica dei sistemi psichiatrici e penitenziari dell'età moderna. La confessione - scriveva - prima di diventare la <<miglior prova>> - la regina probationum come avrebbero detto i giuristi del Cinquecento (1) - sarebbe passata per tutta una serie di rituali, quali il supplizio, l'interrogatorio, la tortura. Fondamentale, in tutto questo, non era stata tanto la sua esattezza, quanto il suo attenersi alle regole di produzione della verità. Il passaggio dalla <<verità-provata>> alla <<verità- constatata>> sarebbe stato - secondo Foucault - uno degli avvenimenti più importanti nella storia della conoscenza. Di questo percorso l'autore coglieva tre momenti fondamentali: a) la comparsa dell'inchiesta nella pratiche politiche e giudiziarie del tardo medioevo; b) la rivoluzione tecnologica prodotta dai viaggi e dalla navigazione; c) le scoperte chimiche ed elettriche della fine del Settecento. In definitiva - secondo Foucault - si sarebbe passati da un modo <<rituale>> di suscitare la verità ad uno <<artificiale>> e questo grazie a delle tecniche ripetibili ed universali.(2) Foucault riprendeva l'argomento nel primo volume della sua Storia della sessualità, intitolato la Volontà di sapere. Qui l'operazione si faceva più ardua volendo ora l'autore trattare della confessione alla luce delle pratiche discorsive dell'età moderna.(3) Giuste o sbagliate che siano le considerazioni di Foucault, quello che mi preme sottolineare, in questo articolo, è che fin dall'antichità la confessione ha occupato un ruolo di primo piano nella definizione e nell'elaborazione dei sistemi probatori.

Nel primo libro della Retorica, Aristotele opera una distinzione netta fra quelle che definisce delle prove tecniche da quelle che chiama delle prove extratecniche, le entechnoi e le atechnoi pisteis. Fra le prime indica tutti quei mezzi di persuasione che, non essendo dotati di autonomia propria, debbono essere inventati.(4) Fra questi cita l'esempio e l'entimema, rispettivamente l'induzione e il sillogismo della logica formale.(5) Fra le seconde colloca le leggi, le testimonianze, i contratti, la tortura, i giuramenti.(6) In realtà, sebbene il termine greco homologia (confessione), nell'accezione di prova, non trovi un riscontro diretto nelle sue opere, altre fonti dell'epoca ne attestano l'uso probatorio.(7)

Così, nella Retorica ad Alessandro, testo erroneamente attribuito ad Aristotele e con tutta probabilità di Anassimene di Lampsaco,(8) la confessione sotto tortura è equiparata ad un vero e proprio strumento di prova.(9) Il diritto romano d'età repubblicana distingueva la confessio in iure dalla confessio in iudicio. La prima consisteva nel riconoscere, davanti ad un magistrato (praetor), la fondatezza dell' intentio dell'attore. Tale procedimento equivaleva ad una sentenza di condanna, confessus pro iudicato est, qui quodammodo sua sententia damnatur (10) ed obbligava il convenuto a restituire la cosa litigata, dopo un'attenta valutazione della stessa, ad certam quantitatem deberi confitentem pertinet.(11) La confessio interrompeva così l'abituale decorso procedurale in iure, il quale doveva compiersi di fronte ad un magistrato prima di essere sottoposto, tramite une formula, alla sentenza dell'organo giudicante.(12) Di tutt'altra natura era invece la confessio in iudicio, la quale aveva lo statuto di una vera e propria prova nella procedura apud iudicem, la qual cosa ci lascia presuppore dovesse trattarsi proprio della tortura.(13) Questa si applicava generalmente agli schiavi e agli stranieri ed è forse per questo che le fonti giuridiche d'età classica non ce ne hanno lasciato quasi testimonianza alcuna, trattandosi per lo più di testi indirizzati a dei cittadini romani.(14) In realtà, presso gli antichi, la tortura non ha mai goduto di una buona reputazione. Aristotele, nella Retorica, dubitava della sua affidabilità quale mezzo di prova. Alcuni - scriveva - sono capaci di resistere ai tormenti più atroci senza aprire bocca, altri confessano tutto e qualsiasi cosa, pur di non subire quegli stessi tormenti.(15) Questo passo di Aristotele sarà ripreso tale e quale nel Digesto di Giustiniano, dove si legge che Questioni fidem non semper nec tamen numquam habendam constitutionibus declaratur: etenim res est fragilis et periculosa et quae veritatem fallat. nam plerique patientia sive duritia tormentorum ita tormenta contemnunt, ut exprimi eis veritas nullo modo possit: alii tanta sunt impatientia, ut quodvis mentiri quam pati tormenta velint: ita fit, ut etiam vario modo fateantur, ut non tantum se, verum etiam alios criminentur.(16)

Dalle poche testimonianze che abbiamo è chiaro quindi che la tortura, in età classica, si applicava quasi esclusivamente agli schiavi.(17) Questi venivano tormentati al posto dei loro padroni,(18) i quali, in qualità di cittadini romani, non potevano essere sottoposti alla quaestio.(19) Che uno schiavo venisse torturato non destava alcuna emozione; quello che ci si chiedeva era piuttosto in quali circostanze questo diritto potesse essere applicato.(20) In una delle sue direttive, Augusto aveva ordinato di non cominciare mai i processi dalla tortura; questa doveva essere accompagnata da tutt'altro genere di prove (argomenta).(21) Poi, a partire dal III secolo d.C. le autorità cominciano ad applicarla anche sui cittadini romani. Nel 216 Caracalla l'autorizza su una donna libera accusata d'omicidio.(22) Constantino ne fa la prova delle prove e la estende a tutti i cittadini liberi.(23)

Confessione e tortura si presentano dunque come due sistemi distinti e paralleli, che per le loro peculiarità, attraversano tutto il pensiero occidentale, dall'antichità all'età moderna. Sono due modi diversi di provare un fatto: l'uno si fonda sul consenso, l'altro sull'estorsione. La confessio in iure del diritto romano non era che uno dei tanti modi di risolvere una disputa, prima di interpellare l'organo giudicante.(24) E' l' homologia di cui ci parlano i testi greci nella sua accezione di accordo contrattuale.(25) Essa presuppone una giustizia non professionale, svincolata dalla funzione mediatrice e infragiudiziale del magistrato, quale principale garante della convivenza civile.

La tortura è la confessione di una verità strappata con la forza. Ciò non toglie che nei trattati di giurisprudenza, almeno fino alla seconda metà del Settecento, essa conservi lo statuto di una prova. Con il cristianesimo, infatti, la confessione diventa un sacramento, ovvero l'espiazione di una colpa. La parola sacrementum, nel sistema delle legis actiones del diritto romano, designava il pagamento di una scommessa, nam qui victus erat, summam sacramenti praestabat poenae nomine; eaque in publicum cedebat praedesque eo nomine praetori dabantur.(26) Con il cristianesimo il termine assume un valore trascendentale che tuttavia non sopprime interamente il suo attributo di penalità (poena). Tuttavia, se nel diritto romano il sacramentum era dell'ambito della fortuna, la quale faceva vincere o l'uno o l'altro dei contendenti, con il cristianesimo esso si umanizza assumendo i contorni dell'identità. Questo processo avrà come primo risultato una nuova epistemologia della prova, la quale sarà alla base dello sviluppo scientifico e tecnologico dell'età moderna.

Siamo alla fine del IV secolo d.C. Un giovane sacerdote d'Ippona, Aurelio Agostino, intitola il resoconto della sua vita Confessionum. Il termine ha sollevato una miriade d'interpretazioni tant'è che alcuni hanno pensato di tradurlo con <<testimonianze>>, altri con <<celebrazioni>>. Le due ipotesi sono state di recente scartate da Jacques Fontaine, nella sua introduzione all'edizione della Fondazione Lorenzo Valla.(27) Ad ogni modo, quale che sia la traduzione più appropriata del termine Confessionum, quello che mi preme sottolineare è che all'epoca, manoscritti aventi questo titolo, erano veramente rari. Non che la trama delle Confessioni, il tema della caduta e della salvezza, dell'errore, del perdono e dell'espiazione, non fossero già tutti presenti in alcuni racconti dell'età imperiale (ne sono una testimonianza le Metamorfosi di Apuleio), ma il titolo di Confessionum rimane una singolarità nella produzione agiografica, patristica e letteraria del IV-V secolo d.c., fatta eccezione forse della Confessio di Patrizio.(28) In una delle più antiche storie della letteratura cristiana, il De viris illustribus di Girolamo, non si ha alcuna traccia di manoscritti intitolati Confessionum.(29) Sebbene nella loro singolarità, quelle d'Agostino, resteranno tuttavia un punto di riferimento fondamentale per tutta la patristica medievale e per buona parte della teologia moderna.

Con Agostino, la confessione diventa l'espiazione di una colpa, che a differenza della confessio apud iudicem del diritto romano, non comporta delle sanzioni di carattere corporale ma soltanto delle punizioni di tipo spirituale. Essa presuppone la violazione di un comandamento, il perdono e la remissione dei peccati. Con Agostino, la confessione, in quanto espiazione, diventa la prova dell'esistenza di Dio. Come si legge nel primo libro delle Confessioni, l'uomo porta con sé la prova del suo peccato e la prova che Dio resiste ai superbi, et homo circumferens mortalitatem suam, circumferens testimonium peccati sui et testimonium, quia superbis resistis.(30) Nelle Confessioni, il verbo confiteor è utilizzato in diverse accezioni anche se tutte rimandano più o meno direttamente all'idea di prova o di testimonianza. Agostino è perfettamente consapevole del fatto che le sue confessioni sono frutto della grazia di Dio poiché, neque enim dico recti aliquid hominibus quod non a me tu prius audieris, aut etiam tu aliquid tale audis a me quod non mihi tu prius dixeris.(31) Ma per quale motivo confessarsi agli altri se questi ignorano la verità dei fatti raccontati? In realtà, la confessione non è che un modo per provare agli altri l'esistenza di Dio in quanto conoscere Dio significa conoscere se stessi, quid est enim a te audire de se nisi cognoscere se? Quis porro cognoscit et dicit: <<Falsum est>>, nisi ipse mentiatur?.(32) È un modo per sentirsi con Dio negli altri e se stessi in Dio; è un modo per annunciarlo, per lodarlo, per glorificarlo.

Con Agostino la prova continua a caratterizzare la confessione, ma a differenza del diritto romano, essa assume i contorni della colpa. L'esistenza del Dio cristiano presuppone la violazione di un comandamento, il peccato, la colpa, il pentimento e infine la redenzione. In tal senso, la vita di Agostino è paragonabile a quella del figliol prodigo: anch'egli è il figlio minore che, abbandonato il padre e sperperato le ricchezze, torna a casa pentito e amareggiato ma, dulcis in fundo, festeggiato con l'uccisione del vitello più grasso.

Il cammino che porterà dalla prova-compromesso alla prova- estorsione avrà come risultato la creazione di una lunga serie di strumenti epistemologici atti a produrre il vero: uno di questi, l'inchiesta, messa a punto dal Concilio Laterano IV agli inizi del XIII secolo, rimarrà a lungo una delle pratiche inquisitoriali più in uso nell'età moderna.(33) Da strumento di repressione contro le mancanze dei fratelli subalterni, diventerà ben presto strumento d'indagine a carico degli stessi superiori.(34) Al fine di salvaguardare la reputazione degli imputati, i loro diritti e il loro onore, l'inchiesta doveva presentarsi sotto forma scritta.(35) All'imputato era concesso di difendersi, purché si rendesse disponibile e non fosse stato giudicato in contumacia. Doveva essere informato sui capi d'accusa, sui testimoni e sulle intenzioni del processo, il tutto al fine di garantirne la correttezza e la validità.(36) Con l'inchiesta, il Concilio Laterano IV istituirà anche l'obbligo della confessione e della comunione, pena la scomunica e la sepoltura in terra sconsacrata.(37) A tale proposito, i sacerdoti, al pari di medici esperti, dovranno curare le ferite dei peccatori con vino ed olio, indagando diligentemente sulle cause e le circostanze dei loro peccati.(38)

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Details

Title
La prova come confessione. Meditazioni sulla natura offesa
Author
Year
2015
Pages
19
Catalog Number
V288658
ISBN (eBook)
9783656889564
ISBN (Book)
9783656889571
File size
511 KB
Language
Italian
Keywords
Confessione, Tortura, Diritto, Prova, Processo penale
Quote paper
Prof. Dr. Giacomo Francini (Author), 2015, La prova come confessione. Meditazioni sulla natura offesa, Munich, GRIN Verlag, https://www.grin.com/document/288658

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