Excerpt
Contenuto
1. Introduzione
2. Lingue speciali
3. Il politichese
4. Linguaggio politico della prima e della seconda Repubblica Illessico nella seconda Repubblica: i neologismi
5. Matteo Renzi. Brevi cenni biografici
6. Analisi della lingua di Renzi
6.1 Illessico
6.2 Lasintassi
6.3 Ilcampo semantico dello scoutismo
6.4 Igiochi di parole
6.5 Iforestierismi
6.6 Igiovanilismi
7.Conclusioni
Fonti e bibliografia
Sitografia
1. Introduzione
In seguito alla lettura di un articolo di Luca Serianni, Che ne è del politichese?, apparso su Italianieuropei del 13 maggio 2008[1], ho deciso di affrontare il tema del discorso politico odierno in riferimento alla dialettica politica della prima e della seconda Repubblica per cercare di stabilire se vi sia ancora un nesso sul piano linguistico e se ancora oggi è possibile di parlare di “politichese”.
Secondo Serianni, negli ultimi venti anni si è verificata «una perdita della marcatezza ideologica[2] » che porta i politici di oggi a una graduale perdita di autorevolezza e, di conseguenza, a un tentativo di evitare il politichese. Non da poco l’effetto dei mass media, in particolare dei giornali, che contribuiscono alla nascita di neologismi e slogan, ripresi e riutilizzati a loro volta dai politici stessi, come ad esempio il “mattarellum”, termine coniato su altri sostantivi di origine latina usati nella sfera politica, inventato da Giovanni Sartori in riferimento alla legge elettorale maggioritaria con correzione proporzionale del 1993 proposta da Sergio Mattarella.
Come risultato decisivo di questo processo si ha una forte trasformazione del rapporto tra il politico e i cittadini, che non vedono più il politico avvolto da un’aurea reverenziale, padrone di un forbito linguaggio e nutrito di una ricca cultura umanistico-giuridica, come avveniva nella prima Repubblica. Il nuovo modello della comunicazione politica si ha con la “discesa in campo” di Berlusconi del 1994, quando il linguaggio si fa più semplice, più popolareggiante (fino a sfociare nel turpiloquio), ricco di metafore e similitudini, e si tenta un decisivo avvicinamento tra il politico e il pubblico.
Dopo aver definito l’espressione lingue speciali e averne illustrato le caratteristiche principali, in questo lavoro verranno analizzati i vari aspetti del politichese, con uno sguardo generale sul linguaggio politico dall’epoca fascista all’ascesa di Berlusconi fino ad arrivare ai giorni nostri, soffermandosi sul linguaggio usato da Matteo Renzi nei suoi discorsi politici. Ne saranno analizzati in particolare alcuni aspetti, come l’utilizzo di un registro basso e popolare, la frequenza di anglicismi e giovanilismi, le metafore estratte dal mondo Scout e il linguaggio utilizzato su Internet. Successivamente questi elementi verranno confrontati con il politichese della prima e della seconda Repubblica per metterne in luce le eventuali somiglianze e differenze. Si concluderà infine cercando di stabilire se, alla luce di queste ricerche, sia ancora possibile parlare di politichese o se il nuovo modo di fare politica porti inevitabilmente al cambiamento del registro linguistico .
2. Lingue speciali
Secondo la definizione di Cortelazzo, si indica con lingua speciale «una varietà funzionale di una lingua naturale, dipendente da un settore di conoscenze o da una sfera di attività specialistici, utilizzata, nella sua interezza, da un gruppo di parlanti più ristretto della totalità dei parlanti la lingua in cui quella speciale è una varietà, per soddisfare i bisogni comunicativi (in primo luogo quelli referenziali) di quel settore specialistico; la lingua speciale è costituita a livello lessicale da una serie di corrispondenze aggiuntive rispetto a quelle generali e comuni della lingua e a quello morfosintattico da un insieme di selezioni, ricorrenti con regolarità, all’interno dell’inventario di forme disponibili nella lingua» (Cortelazzo, 1994:5-6).
Per quanto riguarda il lessico, una delle caratteristiche peculiari delle lingue speciali è la monosemia, al contrario della lingua comune che è invece ricca di sinonimi e di parole polisemiche. La formazione di nuove parole segue i metodi della lingua comune, come la rideterminazione semantica di parole appartenenti al lessico generale o ad altre lingue speciali, i forestierismi (prestiti o calchi), neoformazioni derivazionali o composizionali (metodo molto produttivo poiché con un numero limitato di elementi è possibile ottenere un elevato numero di termini), gli acronimi, le sigle e i simboli, i derivati e i sintagmi eponimi (che trasferiscono dalla categoria del nome proprio quella del nome comune). Questi procedimenti possono inoltre essere usati contemporaneamente per la creazione di nuovi tecnicismi. Molto più rare, infine, sono invece le parole create ex-novo. (Cfr. Cortelazzo, 1994)
Sul piano della morfosintassi, si nota una riduzione dei tempi, modi e persone verbali con una forte prevalenza della terza persona dell’indicativo presente, la frequenza di forme nominali del verbo, l’uso di un numero ristretto di verbi, genericamente polivalenti, e frequenza di nominalizzazioni e frasi nominali. (Cfr. Cortelazzo, 1994)
L’uso delle lingue speciali si riscontra prevalentemente su due livelli: la comunicazione tra esperti e la divulgazione tra esperto e non-competente. Nel primo caso si assiste a un uso ricorrente di tecnicismi; nel secondo caso, ogni volta in cui si deve trattare argomenti tecnici con parlanti che non padroneggiano (o padroneggiano solo in parte) la lingua speciale, in quest’ultima si nota una perdita di parte delle proprie caratteristiche, avvicinandosi maggiormente alla lingua comune: si avrà la sostituzione dei tecnicismi con perifrasi e parafrasi, la spiegazione di concetti tecnici mediante metafore e analogie, un uso più articolato delle forme verbali. (Cfr. Cortelazzo, 1994)
Tra lingua comune e lingue speciali si assiste a un continuo scambio. A favorire l’influsso tra i due livelli linguistici concorrono i mezzi di comunicazione di massa, in particolare giornali e televisione, che trasferiscono spesso nel lessico comune alcuni tecnicismi destinati spesso in questo processo a perdere la loro specificità e ad assumere una connotazione più generica, portando da parte dei parlanti profani, a un fraintendimento semantico e cognitivo. Questo prestigio delle lingue speciali, unito all’impreparazione di molti parlanti a comprenderle, consente a specialisti e a mass media di arricchire i messaggi di contenuto anche banale con termini tecnici tipici delle lingue speciali per colpire il pubblico e riuscire a persuaderlo. Questo uso “improprio” delle lingue speciali rappresenta però un’utilizzazione distorta di uno strumento che sarebbe invece di per sé funzionale per altri scopi comunicativi. (Cfr. Cortelazzo, 1994)
3. Il politichese
Il termine ’politichese’ nasce alla fine degli anni Cinquanta ed è un neologismo usato per indicare un sottocodice della lingua italiana utilizzato nel linguaggio della politica per descrivere uno stile criptico, altisonante, complesso, volutamente incomprensibile e privo di un messaggio concreto, consapevolmente utilizzato dai politici nella comunicazione pubblica.
Il linguaggio politico, sin dai tempi antichi, si avvale di precise strategie finalizzate a «convincere razionalmente e persuadere emotivamente[3] ». Il discorso politico, infatti, oltre a essere caratterizzato dalla scelta di un lessico mirato, seleziona dei precisi processi morfosintattici e semantici, sceglie le figure retoriche per le proprie argomentazioni, optando per funzionali meccanismi pragmatici con lo scopo di suscitare e accrescere l’adesione dei cittadini al programma e alle tesi sostenute da un leader o da un movimento politico.
Numerosi sono i tipi di discorsi e testi politici; altrettanto numerosi e differenti sono i canali attraverso i quali viene trasmessa e diffusa la parola, orale e scritta, dei leader interessati alla maggiore visibilità possibile sul palcoscenico del marketing politico, ossia tutti i mass media impegnati oggi soprattutto sul versante della spettacolarizzazione politica, che si avvale di nuovi ambienti tecnologici di comunicazione con l’attuale cittadino-spettatore-elettore (Bentivegna 2002).
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[1] Articolo completo disponibile in http://www.italianieuropei.it/it/la-rivista/item/358-che-ne-%C3%A8-del-politichese?.html
[2] Serianni, Che ne è del politichese?
[3] Cfr. Desideri, Politica, linguaggio della, Enciclopedia Online Treccani.it