“Il bianco e nero iridescente" - Bach, Chopin, Skrjabin, Fauré: quattro accezioni del cromatismo nella letteratura pianistica


Essay, 2009

36 Pages, Grade: 94/100


Excerpt


Indice

Capitolo 1
Bach: Ricercare a 3 voci in do minore
da Musicalisches Opfer BWV 1079
a. L'autore e il suo tempo
b. L'opera
c. Aspetti relativi all'esecuzione
d. Discografia e bibliografia

Capitolo 2
Chopin: Ballata in sol minore op. 23 N° 1
a. L'autore e il suo tempo
b. L'opera
c. Aspetti relativi all'esecuzione
d. Discografia e bibliografia

Capitolo 3
Fauré: Notturno op. 119 N°
a. L'autore e il suo tempo
b. L'opera
c. Aspetti relativi all'esecuzione
d. Discografia e bibliografia

Capitolo 4
Skrjabin: Sonata in Fa# Maggiore op.30 N° 4
a. L'autore e il suo tempo
b. L'opera
c. Aspetti relativi all'esecuzione
d. Discografia e bibliografia

Capitolo 1
Bach: Ricercare a 3 voci in do minore
da Musicalisches Opfer BWV 1079

a. L'autore e il suo tempo

Johann Sebastian Bach è figura monumentale non solo del periodo barocco. Nato ad Eisenach nel 1685 e morto a Lipsia nel 1750, pur apparentemente rifuggendo qualsiasi coinvolgimento nelle contemporanee correnti dell'innovazione musicale, Bach si staglia con la sua opera (titanica per versatilità di generi, quantità, e sistematicamente luminosa eccellenza) a faro del pensiero musicale occidentale trasformando in termini di pregio assoluto quella prerogativa della 'meraviglia' che era semplice connotazione di un'epoca.

L'eccellenza tecnica in lui si manifesta come estroflessione del fuoco antropocentrico (conseguenza della rivoluzione copernicana) che fa dell'artificio non astrazione ma ironia/finzione/calcolo conoscitivo: "finzione" come camuffamento sensibile del vero cioé 'specchio' (riproduzione del sé oltre il sé a fine di scandaglio); "calcolo" come dimensione che trascende la dimensione del 'sentire' per assurgere alla sfera della sostanza, di una conoscenza/cum-scientia come attingimento di ciò che travalica l'individualità [del percepire] e vive della superiore dinamica della relazione fra soggetto e soggetto, in cui le categorie di 'senso' come tensione a e fine ('limite/termine' ma anche 'scopo') confluiscono nel pulsare dell'essere come stato ulteriore.

È in virtù di quanto illustrato che il genio bachiano (opacizzato alla percezione dei coevi dall'apparente retrodatabilità del suo stile e complessità dei suoi orditi contrappuntistici -in un'epoca in cui trionfava la levità della melodia accompagnata-) è stato considerato, fin dalla sua riscoperta nei primi decenni del XIX sec. (per impulso iniziale di Mendelssohn e pochi altri illuminati), vertice d'arte (ovvero uno dei punti di riferimento nel pantheon della Alte Zeit quale romanticamente concepito), intendendo 'arte' sia nel senso di 'disciplina del pathos' che di 'perizia tecnica', divenendo olimpica meta di una corrente ascensionale che, oltre al vederlo come culmine della cultura polifonica rinascimentale e di una pluralità di stili coevi (italiano, tedesco e francese), vi ha fatto convergere gran parte dei capitoli della storia della musica occidentale dei secoli a lui successivi.

Ed è sempre in ragione del vigoroso umanesimo che informa anche i suoi più impervi percorsi speculativi (il suo "ricercare") che i sofisticatissimi congegni musicali di Bach, innanzitutto, occultano sempre qualsiasi asperità tecnica nel fisiologico respiro di una rigogliosa naturalezza di fraseggio, e secondariamente trasformano qualsiasi tecnica o forma in un quesito allegorico da cui germogliano le multiformi soluzioni del pregio artistico (tanto che risulta quasi doloroso sentir definire i suoi ultimi monumenti - Arte della Fuga, Offerta Musicale - "opere teoriche", in considerazione della sensualità che è propulsione ed emanazione di lavori come quello qui in esame, ad esempio).

In questo senso l'idea di 'variazione' diviene in Bach dinamizzazione sonora dell'idea di mutamento, trasformazione, divenire, sostanziando in pratica la transeunte qualità del tempo; la 'fuga' è metafora di un atto conoscitivo ove il soggetto si rispecchia nella risposta; la 'fantasia' è libero gioco del gesto strumentale la cui sensualità si metamorfosa in senso (fine/scopo) nella -apparentemente- spontanea germinazione di strutture narrative.

Tutti questi tre elementi, peraltro intrinseci anche allo specifico del ricercare imitativo come archetipo formale, si riuniscono in aureo connubio nel Ricercare a 3 dell' Offerta Musicale, antologico monumento del magistero contrappuntistico bachiano composto nel 1747 in seguito ad un invito a Potsdam presso l'imperatore Federico il Grande che, autore del tema su cui l'intera ghirlanda di pezzi è basata, vide Bach far nascere sotto i suoi occhi proprio questo Ricercare (primo della raccolta ad essere composto), in quanto, in occasione di tale incontro, fu dal Kantor improvvisato al suo cospetto e a quello di un aristocratico uditorio in visibilio.

b. L'opera

(per seguire i riferimenti alla partitura è possibile ricorrere a http://imslp.info/files/imglnks/usimg/5/55/IMSLP10042-BWV1079-b.pdf)

Sebbene la partitura del Ricercare in do minore, come gran parte dei lavori inclusi in BWV1079, non rechi indicazione di una destinazione strumentale specifica, Peter Williams (introduzione a Musicalisches Opfer, Edition Eulenburg, 1986) sostiene che alcuni dettagli del testo in esame (il puntato nella coda del tema a batt. 6 [ripreso a 161], o la figura a mani alternate all'inizio della seconda sezione [batt. 111] e nel finale a batt. 184, nonché lo schema a sbalzi di registro di batt. 38-42 e 87-91) siano frutto di una concezione che vedeva il fortepiano come approdo esecutivo; il Grove Music Online conferma tale ipotesi arrivando ad affermare che, nell'occasione del memorabile convegno da cui scaturì il Ricercare, Bach fu invitato da Federico il Grande a suonare su un suo nuovissimo esemplare di fortepiano Silbermann (del cui innovativo artigianato Johann Sebastian già aveva ammirato altri saggi più datati -risalenti agli anni '30-).

Il brano, adornato da un sagace acrostico in latino che ne rivela la regale destinazione (Regis Iussu Cantio Et Reliqua Canonica Arte Resoluta) si presenta sostanzialmente come una fuga (il termine 'ricercare', nella sua declinazione imitativa, può sostanzialmente esserne un sinonimo) che, nella sua rilevante estensione, offre il destro a Bach di prodursi in uno stratagemma architettural-narrativo di peculiare fattura (una sorta di tripartizione para-sonatistica) di cui si dirà nel corso del capitolo.

Stilisticamente, la prerogativa di frontale evidenza è l'omnipervasivo cromatismo, sia in senso melodico che armonico, che raggiunge nella sezione mediana (batt. 109-141) vette di parossistica tortuosità armonica, inascoltate a tale livello dai tempi delle giovanili vertigini della Fantasia in sol min. per organo del 1708 (poi confluita nella sontuosa Fantasia e Fuga BWV 542).

Il "tema regio" di questa composizione (la cui strabiliante fattura ha ispirato più di un dubbio sulla sua 'reale' paternità, quantomeno nella forma pervenutaci), quantunque poco addomesticabile nei giochi di stretto, è tuttavia di una perentorietà e versatilità espressiva di michelangiolesca scultoreità e caravaggesca vibratilità luminosa.

Enunciato, al suo esordire, dalla voce più acuta, è composto da tre elementi (il primo articolato lungo la direttrice della triade della tonalità fondamentale, il secondo che riparte dall'apice di quell'iniziale arpeggio e digrada cromaticamente verso la tonica con gravitazionale accelerazione di quarti, ed il terzo ribadente l'approdo con un frammento discendente diatonico in minime), si collega alla risposta (tonale) attraverso una coda in quarti puntati. Sull'ultimo quarto della batt. 11 entra il controsoggetto introducendo la figura della sincope, perfettamente complementare al processionale incedere per note scandenti le pulsazioni (di minima) del soggetto. Segue un divertimento a fare stemperare la tensione fin qui accumulata (batt. 18-22): vi si riconoscono elementi del soggetto (a batt. 18-19 la coda del medesimo ed il moto contrario della cellula dattilica di batt. 7 collegante 2° a 3° frammento del medesimo) e la testa del controsoggetto integrata da una quartina ascendente (batt. 19-20) a fornirle uno scorrevole effetto di circolarità il cui apice è costituito da un lab con sol di volta in ritmo invertito (anapesto) specularmente rispondente alla cellula dattilica di cui sopra. L'entrata del basso (soggetto) non introduce ulteriori elementi nella parte libera (la più acuta) se non una variante dell'elemento scalare con cui è costruita la serpentina di quartine già osservata nel divertimento ed una sincope (batt. 29) che non è se non la diminuzione della coda del controsoggetto.

Sostanzialmente tutti gli elementi di cui è trapuntato il brulicante organismo di questo magnificente brano sono quelli appena illustrati.

Nel prosieguo di questa prima sezione del lavoro vi sono, però, due episodi di natura plastico-virtuosistica che, effettivamente differenti da quelli sinora visti, non ricompaiono né nella seconda né nella conclusiva sezione: sono la progressione per caduta di quinte costruita con un modulo di terzine rette da un basso che enuncia la testa della risposta (batt. 38-41 e 87-90), e la successiva progressione per ascesa di quinte la cui simmetria è totalmente dissimulata dalla incomparabilità dei disegni (una scala ascendente -con recuperi di registro alla settima inferiore- sovrastata dalla figura di sincope in diminuzione già vista alla fine dell'enunciazione tematica del basso: batt. 42-45 e 91-94).

In ottica esecutiva, sono portato a concepire le ripetizioni di questi episodi, connotati da grande fluidità (in rapporto alle asperità armonico-figurali del tessuto circostante) come funzionali ad un'idea di compiutezza-circolarità (sebbene nella parzialità della circoscrizione di tali elementi alla sola prima parte del brano), in quanto nelle due sezioni successive viene perseguito lo scopo di una progressiva ed inesorabile intensificazione tensiva (che, appunto, queste due aree di iniziale 'ossigenazione' del tessuto contribuiscono a far percepire come tali).

Drammaturgicamente è di grande effetto la riesposizione al IV grado (batt. 72): il tripudiante soggetto vien fatto praticamente albeggiare (la risonanza debussyana del termine sia considerata in soli termini di 'assonanza' del processo retorico) in un registro che viene rilevato come tanto acuto quanto naturale in virtù di un gradualissimo lievitamento della tessitura.

Tutto il resto della prima sezione (fino a batt. 109) è il digradare dall'apice appena descritto: d'interesse è il frammento cromatico (desunto dal corpo del soggetto) che, in imitazione fra le tre voci, conferisce un senso di tortuosa gravitazione "catabatica" che è coerente chiusa (al V grado: batt. 104-107) ad una sezione di vibranti illuminazioni ed inusitate tensioni.

Queste tensioni diverranno però addirittura sfibranti nella mediana sezione successiva.

Priva di qualsiasi riesposizione (né soggetto né risposta vi appaiono), potrebbe paragonarsi a quello che nella forma-sonata di contemporanea configurazione è lo 'sviluppo', in quanto le frammentazioni, diminuzioni, deformazioni, interazioni, compressioni degli elementi tematici sono tanto turbinose e frizionanti (trattasi della fase di massima intensivi-cazione armonica e di più audace divincolamento dall’asse tonale d’impianto -vi si lambisce Reb Magg. a batt. 133- nell'intero brano) che la procellosità di simili strutture formali in Beethoven pare trovarvi un incunabolo più che eloquente. Prerogativa di queste 32 battute (dalla 109 alla 140) è infatti, oltre alla serratezza dei processi imitativi, una vertigine cromatica che, pur non ricorrendo mai a processi di trasfigurazione funzionale (tutti i procedimenti armonici hanno fondamento nei rapporti di quinta o nel cambio di modo), è di una veemenza tanto inesorabile da lasciare strabiliato l'esegeta Straussiano più smaliziato.

Parimenti evocante il concetto di sviluppo è l'epilogo di questa fosca sezione da cui, grazie al talento 'drammaturgico' tipico di un ineguagliato dominatore del figurativismo melodico e della gestualità formale, riemerge il soggetto (nella tonalità di impianto a batt. 141), con una catartica, levitante naturalezza che si potrebbe definire di mendelssohniana 'florealità'.

Questa riesposizione dà avvio alla terza ed ultima parte in cui non manca un'ultima sorpresa: dopo un'ennesima radiosa riesposizione della risposta (batt. 153-161) l'ultimo divertimento fa riaffiorare (apparentemente obliato fin dall'esposizione) il garrulo arpeggiare spezzato dei quarti puntati della coda del soggetto (batt. 161 e seguenti) che, sfociante nella riesposizione del soggetto in do min. (batt. 169) si avvia alla conclusione con lo stesso episodio in cui s'era inabissata la prima parte, ma, stavolta, con la solare sensazione di "quiete dopo la tempesta" o di una Goethe-Beethoveniana "calma di mare e viaggio felice"... verso l'arguta levità dei canoni che seguono nell'aurea silloge del Kantor.

c. Aspetti relativi all'esecuzione

Da un punto di vista generale, il problema essenziale nell'interpretazione bachiana -e barocca in genere- è quello che un paradosso tanto macroscopico e consapevole quanto trascuratissimo incarna da tempo: quello che vede da mezzo secolo circolare testi documentanti le prassi esecutive pre-ottocentesche (scritti da alcuni fra i più autorevoli protagonisti di quella porzione di storia: C.P.E. Bach, J.J. Quantz, L. Mozart, e coevi, tutti concordi nel proporre come ideale interpretativo un'intensità espressiva e conseguente libertà di dizione ritmica [rievocando principi retorici già affermati da Cicerone in ambito oratorio e ribaditi da Frescobaldi -nell'Introduzione al I Libro di Toccate del 1615- a fine strumentale] di cui nel rubato romantico sopravvive solo una traccia), e al contempo la proterva persistenza nel considerare il dettato neo-classico novecentesco (improntato ad un accigliato ed intransigente imperativo di scansione metronomica) come imprescindibile parametro per l'esecuzione di tutta quella letteratura che precede il Romanticismo (e che quindi, sebbene storicamente precedente l'invenzione del metronomo, vi dimostrerebbe, secondo tale visione novecentesca, un'inspiegabile sudditanza vocazionale).

Perfino fra i clavicembalisti (nella discografia si indicano alcuni autorevoli esempi di esecuzioni del brano in oggetto) coloro che sono disposti a far vibrare di carne e sangue (applicando, quantunque parcamente, quei principi delle 'notes inégales' e del rubato che non erano concessi, bensì indicati dai trattatisti come imprescindibili risorse) una scrittura come quella appena esaminata (morfologicamente [dunque ineludibilmente] pencolante verso il registro di una torbida drammaticità più vicina a Gesualdo o al Wagner maturo, che alla manieristica geometria dell'ironico Poulenc) sono soltanto una parte (nella discografia in calce si rilevano al riguardo Robert Kohnen [del Kuijken Ensemble] e Wolfgang Glüxam).

Personalmente, in merito all'interpretazione di questo brano, ho teso a fidarmi di quanto rilevato nel testo bachiano e delle parole dei suoi coevi; per cui, nonostante la controversa questione sulla legittimità di estendere il principio delle notes inégales (tipico dello stile francese) anche alla musica tedesca (che pare gordianamente risolto da Geoffroy-Dechaume [1964] adducendo che Quantz, strumentista versatile qual era, non poteva alludere solo alla pratica flautistica quando ne prescriveva il ricorso; a prescindere dal fatto che quella che era la vastità dell'orizzonte culturale di J.S.Bach [in termini di metabolizzazione pluri-linguistica in ambito compositivo] non si sarà certamente ritratta entro i confini stilistici nazionali nell'ambito esecutivo), ho scelto di affrontare l'esecuzione del Ricercare a 3 alla luce delle risorse espressive che il contesto storico metteva a disposizione.

Tale risoluzione non implica la pedissequa riproposizione degli stereotipi di articolazione ritmica del XVIII secolo (verosimilmente resi necessari anche da limitazioni dinamiche degli strumenti che il pianoforte non ha in egual misura): ricorrendo a lievi fluttuazioni ritmiche (riconducibili più ad un moderato concetto di 'rubato' quale peraltro prediletto [e con corollario di anticipazione del basso!] proprio da C.P.E. Bach [1753]) ne riprodurrò semplicemente una sorta di 'traslitterazione' pianistica, in maniera da non rischiare di imbrigliare le inquiete fantasmagorie armoniche bachiane in un asfittica compitazione più anti-fisiologica che anti-stilistica (si consideri, peraltro, il fattore "temperamento": l'accordatura non-equabile bachiana [Werckmeister III o simile] sicuramente avrà reso i gorghi cromatici del ricercare a 3 più 'scabri' di quanto riproducibile su una tastiera accordata con temperamento equabile; una 'accentuazione' particolare in caso di cromatismi era prescritta già nel XVIII sec. da C.P.E., e oggi una dizione "tortuosa" sarebbe quantomeno da considerarsi 'compensativa' a livello ritmico delle disparità a livello diastematico causate dalla molto maggior fluidità che il cromatismo ha nel nostro 'ammansito' temperamento).

Più in dettaglio, in merito a questioni di diteggiatura, la difficoltà principale s'è manifestata nel mantenere costante l'articolazione degli elementi di rilievo tematico: ho dovuto ricorrere quindi a diteggiature apparentemente scomode ma che (ad es. eludendo talora gli scavalcamenti di dito in corrispondenza di necessarie micro-articolazioni di fraseggio) mi avrebbero 'impedito' di legare (ovvero mi avrebbero automaticamente costretto ad articolare) pur mantenendo il controllo timbrico di una tessitura complessa (selezionando quindi il dito più forte per la corrispondente funzione prosodica), dove non lo avessi voluto [da cui, ad es., la scelta di utilizzare solo il 5° dito nella voce più acuta di batt. 133-134 per rispettare l'uso di separare, ovvero 'accentare', le note in sincope].

Relativamente alla situazione configurantesi a batt. 128, in cui alla mano destra ritmi di terzina e duina si presentano sovrapposti, ho risolto di seguire le indicazioni in merito fornite da C.P.E. Bach e coevi, raccomandanti che in casi simili la seconda nota della duina venga eseguita contemporaneamente alla terza nota della terzina (con ritmo 'ineguale').

Quanto alla sapiente gestione dei registri, rispetto a cui Bach dà esempi di calcolo drammaturgico esemplare (vedasi la macro-campata che dall'inizio della seconda sezione del Ricercare [batt. 109] culmina a batt. 154-155), e i fenomeni di sistole-diastole modulativa (ad es. il circolo do min.-Reb Magg.-do min.: batt. 124-141), un proporzionale dosaggio delle dinamiche e delle micro-oscillazioni ritmiche saranno considerati i corrispettivi strumenti di risoluzione interpretativa.

Circa, infine, la questione memorizzazione, sebbene la memoria cinestetica possa fare prodigi in sede di esecuzione privata, è pressoché impossibile, al di fuori di parametri Pico-Mirandoliani e anche dopo il più meticoloso scandaglio delle strutture armoniche, venire a capo di schemi mnemonici che, nel contesto di un'esecuzione pubblica, esoricizzino totalmente le insidie di un tessuto così screziato (in cui praticamente le configurazioni armoniche, specie nella seconda parte del brano, possono trascolorare anche ad ogni croma prima di confluire nelle strutture contigue): anche i video di cui sotto si riportano le coordinate confortano questo punto di vista.

d. Discografia e bibliografia

Quantunque si sia precedentemente fatto notare come la destinazione del brano sia da più fonti confermata come non solo tastieristica ma addirittura "pianistica" (caso pressoché unico in Bach), non si comprende come i pianisti (perfino nel caso del Bach-idolatrante Gould) abbiano finora sostanzialmente emarginato dal loro repertorio un tale corrusco capolavoro.

Si sono raccolti in calce i riferimenti a vari approcci interpretativi, che vanno dall'astrazione di un Bach atemporalmente ieratico e 'scultoreamente immateriale' nella concezione di Tatiana Nicolayeva (comunque unica pianista ad affrontare la pagina nei reperti cui ho avuto accesso), a quello filologicamente più consapevole ma inesorabilmente compassato di Gustav Leonardt (clavicembalo), tornando al cordiale fraintendimento di uno scientificamente monocromo [e tristemente censorio] Scherchen (che ne dirige una sua trascrizione per orchestra), fino a quelli più cesellati stilisticamente ma, soprattutto, espressivamente 'tridimensionali' dei citati clavicembalisti Kohnen e Glüxam, che pur mai abiurando al rigore di una fertile 'ricerca', si rivelano più coinvolgenti del pur accurato Boumann.

Incisioni

http://www.youtube.com/watch?v=W_1JCqjHMzM - (clavicembalo: Henk Boumann, Musica Antiqua Koeln)

http://www.youtube.com/watch?v=1M4QKUlAry8 - (pianoforte: T. Nikolayeva)

http://www.youtube.com/watch?v=gQQc3_r_yAA&feature=PlayList&p=E978FE86290CECD2&playnext=1&playnext_from=PL&index=49 - (clavicembalo: Gustav Leonhardt)

http://www.youtube.com/watch?v=_8AujSDSQFE - (trascrizione per orchestra di H. Scherchen; direttore H. Scherchen)

http://www.youtube.com/watch?v=PnaaP3xG7IQ - (clavicembalo: Robert Kohnen [Kuijken Ensemble])

http://www.youtube.com/watch?v=8z7aZ-ANM_E&NR=1 - (clavicembalo: Wolfgang Glüxam)

[...]

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Details

Title
“Il bianco e nero iridescente" - Bach, Chopin, Skrjabin, Fauré: quattro accezioni del cromatismo nella letteratura pianistica
Course
Prassi esecutiva e repertori
Grade
94/100
Author
Year
2009
Pages
36
Catalog Number
V137997
ISBN (eBook)
9783640483075
ISBN (Book)
9783640483297
File size
557 KB
Language
Italian
Keywords
Bach, Chopin, Skrjabin, Fauré, piano, chromaticism, nocturne, ricercare, sonata, cromatismo, modulation, analysis, recording, aesthetics, ballade, op. 23, op. 119, n. 4, counterpoint, Benedetti, Michelangeli, Cortot, Hoffman, Horowitz, Offerta Musicale, notturno, modulazione, analisi, contrappunto, registrazione, estetica
Quote paper
Massimo Di Gesu (Author), 2009, “Il bianco e nero iridescente" - Bach, Chopin, Skrjabin, Fauré: quattro accezioni del cromatismo nella letteratura pianistica, Munich, GRIN Verlag, https://www.grin.com/document/137997

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