Panoramica sulle tecniche di traduzione

Applicate alla traduzione dall’arabo verso le lingue europee con particolare riferimento all’italiano


Ensayo, 2003

54 Páginas, Calificación: 1


Extracto


INDICE DEL SAGGIO

Dedica

Indice

Introduzione

Paragrafo primo: la scienza della traduzione nei primi secoli abbasidi

Paragrafo secondo: la traduttologia sistemico-funzionale

Paragrafo terzo: la cartografia come metodologia applicabile alla traduzione

Paragrafo quarto: la scienza della traduzione di George Steiner inAfter Babel

Paragrafo quinto: la traduttologia di Lawrence Venuti inThe Translator’s Invisibility, A History of Translation

Paragrafo sesto: la traduzione tecnico-scientifica

Appendice: traduzione dall’arabo all’italiano della sezioneLa difficoltàdi tradurre la poesia araba dalLibro degli animalidi al-Ğahid

Bibliografia generale

Dedica

Dedico il presente saggio alla mia famiglia, ai miei amatissimi bambini, a mio marito Aygun e a un carissimo amico traduttore, Daniele, deceduto da poco per malattia.

Fonte dell ’ immagine riprodotta a pagina 3:

www.123rf.com , numero # 10831400

Introduzione

In questo breve saggio, lo scopo che ci prefiggiamo non è quello di esporre in maniera esaustiva le teorie della traduzione nel mondo arabo e in Italia. Innanzitutto, gli studi storici, filosofici e culturali sul fenomeno della traduzione in questa sede sono stati condotti al fine di fornire degli spunti fondamentali e di carattere generale al traduttore nel suo lavoro di tutti i giorni. Infatti, una trattazione esclusivamente teorica non sarebbe funzionale ai fini del lavoro pratico, in quanto troppo complessa e variegata per conferire un senso più profondo all’operare artigianale quotidiano di noi traduttori.

Partiamo, dunque, in primo luogo dalla nostra esigenza pratica di tradurre testi di carattere storico, religioso e culturale dalla lingua araba classica verso le lingue europee, rivolgendo comunque un’attenzione particolare alla lingua italiana. Cercheremo, successivamente, di esporre alcune idee sulla traduzione che riteniamo essere interessanti nell’affrontare il nostro lavoro, sia sul piano artigianale-pratico, che su quello teorico-ermeneutico, cercando di offrire qualche spunto al fine di chiudere il circolo ermeneutico. Visti i limiti quantitativi del presente saggio non riusciremo ad esporre la tematica in modo esaustivo.

Secondo il nostro punto di vista, ogni traduzione si gioca su due livelli: uno teoricotraduttologico e uno artigianale-pratico. Trovare l’armonia tra questi due piani significa per noi essere un buon traduttore, consapevole del suo lavoro artigianale e concreto e dall’altra del piano ermeneutico superiore della traduttologia in cui si colloca il suo umile lavoro quotidiano che va sempre considerato un modesto contributo alla scienza.

Si tratta dunque di due aspetti in un continuo rapporto dialettico tra loro anche nella storia del pensiero riguardante il fenomeno della traduzione e nella storia culturale e letteraria sia araba che italiana. Rappresentano, secondo il nostro approccio, le due anime del traduttore, sia in campo scientifico che in ambito letterario.

Per citare un esempio del nostro lavoro attuale, vorremmo far riferimento alla traduzione amministrativa dall’arabo di testi quali quello dello scrittore e studioso egiziano del 14. secolo Shihab ad-Din Abu l-Abbas Ahmad ibn Ali ibn Ahmad Abd Allah al-Fazari al-Qalqashandi (1355- 1418), che come vedremo, si colloca, senza dubbio alcuno, all’interno della traduzione scientifico- amministrativa, che cercheremo di definire nel nostro ultimo paragrafo di questo capitolo.

La traduzione amministrativa è la più antica dell’umanità, e così tradurre autori come al- Qalqashandi, per citare un esempio pratico tratto dalla nostra attuale esperienza personale di traduttore, significa integrare il piano storico-traduttologico con quello sincronico, compito che, secondo noi, va eseguito in ogni traduzione scientifica, ma anche in ogni traduzione letteraria e poetica, in quanto tutti gli ambiti tematici della traduzione sono correlati tra loro e numerosi spunti traduttologici sono dunque applicabili a diversi settori del sapere.

Il primo paragrafo e quello finale di questo saggio fungeranno da cornice alla nostra riflessione sulla traduzione, in quanto, da una parte, verrà affrontato il pensiero traduttologico del grande letterato arabo dell’età abbaside Amr ibn Bahr al-Ğahiz (Basra, 776-869), ed infine la traduzione scientifica in senso stretto.

I brevi paragrafi mediani di questo saggi tratteranno invece di alcune teorie traduttologiche contemporanee, vale a dire la teoria sistemico-funzionale, la semiotica e la cartografia, l’ermeneutica traduttologica di George Steiner e l’approccio di Lawrence Venuti, che serviranno da supporto al nostro lavoro pratico, in quanto si prestano molto bene all’integrazione nella nostra tematica di traduzione intesa in senso interculturale e interreligioso.

Esse rappresentano comunque solo degli esempi scelti tra le numerose teorie della traduzione sviluppate nella storia e non pretendono assolutamente di essere considerati quali esempi esaustivi e definitivi a livello interpretativo ed ermeneutico.

Alla fine del nostro modesto saggio, proporremo delle brevi considerazioni personali sulla figura e sul compito del traduttore che trasmette il sapere arabo-islamico in Occidente, un compito fondamentale nell’ambito del discorso interculturale e dell’educazione della pace, soprattutto in epoca contemporanea, in cui molto spesso dominano atteggiamenti di discriminazione e razzismo tra i popoli e le religioni. In questo mondo, afflitto da una profonda crisi culturale, il compito del traduttore diviene fondamentale nell’ambito della mediazione interculturale e interreligiosa.

Vorrei citare a questo riguardo un bellissimo passaggio dello studioso tedesco di origine iraniana, Abdoldjavad Falaturi (1926-1996), da noi considerato un pioniere della pedagogia interculturale e del dialogo dell’Islam con l’Occidente1:

“ Il dialogo per curiosit à , il dialogo per volerne-sapere-ancora-di-pi ù pu ò avvenire solo in relazioni senza pensieri; un dialogo fecondo, promettente, rivolto al futuro; un garante, un garante ideale della pace mondiale ” .

Vediamo dunque espressa in questa citazione la nostra utopia traduttologica del traduttore quale ponte tra una cultura e l’altra e una religione e l’altra, un popolo e l’altro all’insegna del seguente verso coranico che a nostro avviso esprime in modo molto calzante l’aspetto multiculturale e dialogico del mondo secondo la volontà di Allah2:

“ O uomini, vi abbiamo creato da un uomo e da una donna e abbiamo fatto di voi popoli e trib ù , affinch é vi conosceste a vicenda. Presso Allah, il pi ù nobile tra voi è colui che pi ù Lo teme. In verit à Allah è sapiente, ben informato ” .

Paragrafo primo: la scienza della traduzione nei primi secoli abbasidi

In questo paragrafo, il nostro intento è quello di ripercorrere brevemente i principali autoritraduttori e traduttologi dei primi secoli abbasidi, periodo in cui Baghdad si trovava al centro della produzione e trasmissione culturale, cioè della traduzione, come vediamo nell’esempio di Abū Muhammad ʿAbd Allāh Rūzbih ibn Dādūya (deceduto nel 756), conosciuto come Ibn al- Muqaffa’, a proposito del quale, il grande arabista e orientalista italiano Francesco Gabrieli (Roma 1904- 1996), afferma “l’enorme importanza che la sua opera di mediatore culturale, e di raffinato stilista, ebbe nella cultura abbaside, e via via in un avvenire sempre più lontano.”3

L’aspetto del traduttore quale mediatore, ci sembra fondamentale, in quanto, come accade in Ibn al-Muqaffa’, ogni traduzione deve collocarsi all’interno di due ambiti culturali tra cui deve riuscire a mediare in modo continuo e dinamico, conoscendo dunque anche i due ambiti culturali tra cui costruisce questo ponte non solo linguistico, ma soprattutto culturale e anche storico. Il discorso sul rapporto fra traduzione e cultura-contesto, è a sua volta fondamentale anche all’interno del dibattito contemporaneo sulla traduzione. Come abbiamo visto nel versetto coranico 49:13, citato nell’introduzione del presente saggio, il dialogo tra le diverse culture ed etnie non rappresenta solo una modalità di vita, ma lo scopo stesso dell’umanità nel suo aspetto di creazione di Allah.

Applicando il concetto coranico della mediazione culturale al nostro lavoro pratico sul campo, possiamo affermare con lo psicologo australiano Ronald Taft, che “un mediatore culturale è colui che facilita la comunicazione, la comprensione e l’interazione tra individui o gruppi che si differenziano per linguaggio e cultura. Il ruolo del mediatore viene svolto interpretando le espressioni, le intenzioni, le percezioni e le aspettative di ogni gruppo culturale verso l’altro, vale a dire stabilendo e bilanciando la comunicazione tra di loro.”4

Come Ibn al-Muqaffa’ riuscì a mediare tra il mondo indiano (anche se per mediazione del traduttore delle favole di Kalila wa Dimna dal sanscrito al pahlavi, Burzoe) e quello arabo, a noi spetta oggi il compito di presentare alla cultura italiana un testo come lo è ad esempio quello sulla cancelleria egiziana di al-Qalqashandi, con tutte le differenze che, ovviamente, sussistono tra il nostro compito e quello di Ibn al-Muqaffa’, in quanto - come vedremo in seguito - il testo di al- Qalqashandi fa parte della traduzione tecnico-scientifica in campo amministrativo più che di quella letteraria.

Fondamentale per la storia della traduzione nel mondo abbaside fu anche Abu Zayd Hunayn ibn Ishaq al-Ibadi (nato ad al-Hira nell’808 e deceduto da Bagdad nel 873), intorno al quale si riunì una vera e propria scuola di traduttori, che riportava, soprattutto in arabo, testi di filosofia e scienza greca5, tra cui Aristotele.

Senza dubbio, fu anche la Spagna musulmana, l’Andalus, a fungere da grande tramite tra la cultura araba e le culture europee, in particolare neolatine, soprattutto mediante le traduzioni di Aristotele, problematica che in questa sede possiamo solo limitarci ad accennare.6

Quello che ci preme sottolineare è come l’eredità arabo-classica sia molto profonda anche in campo traduttologico. Molte idee sulla traduzione, teorizzate oggi in Occidente, erano già presenti nei primi secoli abbasidi, fatto, questo, legato, secondo Mirella Cassarino, anche alla specificità della cultura arabo-islamica, “la quale richiede - come strumento di indagine indispensabile per l’accesso alle fonti - un lungo e non semplice apprendistato linguistico e filologico.”7

La traduzione divenne centrale nel mondo arabo-islamico propriamente nel periodo abbaside, durante il quale si assistette alla formazione di una vera e propria società multiculturale e cosmopolita8. Nel corso del periodo abbaside, inoltre, si consolidò anche l’amministrazione dell’impero, perfezionata soprattutto seguendo il modello persiano, come rilevato anche dallo studioso tedesco Walter Björkman, che, in merito al periodo abbaside, scrive come “der Stil des Staatsschreiben ist zu Beginn der Abbasidenzeit noch einfach und verhältnismässig wenig von dem eines ‘Abdelhamid unterschieden. Er entwickelt sich in der Folgezeit immer mehr nach der prächtigen und wortreichen Ausdrucksweise hin, welche unter den Händen genialer Schreiber wie eines Sabi‘ Schönheiten hervorbringen konnte, die noch heute den für Stileinheiten so empfänglichen Araber in helles Entzücken versetzen können“.9

L’arabo diventa l’idioma ufficiale in campo amministrativo. Neppure la decadenza dell’impero abbaside indebolì la circolazione del sapere in lingua araba e la traduzione massiccia di opere scientifiche straniere in lingua araba.

Nelle terre conquistate, vista la tolleranza dell’impero arabo, che permetteva ai paesi sottomessi di mantenere le loro strutture amministrative precedenti, si dovettero poi far tradurre tutti i documenti in arabo. Questa grande attività di traduzione e di riflessione sul fenomeno della traduzione, fu per gli abbasidi anche una questione politica, in quanto essi “fecero dell’assimilazione delle altre culture un punto nodale del loro programma politico.”10

Infatti, come conferma anche lo storico libanese Albert Hourani, “la lingua araba si era diffusa ed era divenuta il mezzo di espressione di una cultura che incorporava elementi presi dalle tradizioni dei popoli assorbiti nel mondo musulmano e che si esprimeva nella letteratura ed in sistemi di legge, teologia e spiritualità.11

E fu proprio in questo che consistette il passaggio dal periodo omayyade a quello abbaside: al particolarismo arabo si aggiunse, infatti, quello delle popolazioni conquistate, riunite sotto l’egida dell’Islam, cosa che non avvenne senza conflitti, se pensiamo, ad esempio, al movimento della shu ’ ubiya in Persia12 che si opponeva all’arabizzazione13 del paese all’indomani della conquista islamica. del titolo: HdO, La citt à nel mondo islamico) , a cura di Salma K. Jayyudi, Renata Holod, Attilio Petruccioli e André Raymond, Brill, Leiden 2008, volume 2, pp. 221-246.

Il motivo profondo che spingeva comunque gli arabi a tradurre assiduamente le opere straniere, non risiedeva tanto nel loro interesse letterario, quale ad esempio quello di Ibn al- Muqaffa’ nei confronti della tradizione letteraria indiana, quanto più in quello puramente tecnico e scientifico che perseguiva l’obiettivo di importare “linguisticamente” nuove conoscenze da mondi culturali diversi.

La traduzione mise, infatti, gli arabi a contatto con le conoscenze sia teologiche e filosofiche che scientifiche e tecniche delle altre culture e religioni, cosa che occorre sottolineare in particolare per il greco e il persiano.

Vediamo ora quali furono in breve i traduttori più importanti del periodo abbaside, in gran parte cristiani: Hunayn ibn Ishaq e la sua scuola, Qusta ibn Luqa al-Ba’labakki, Abu Bisr Matta, Yahya ibn ‘Adi, per citare i maggiori esponenti. Dal punto di vista geografico, fu la Siria a essere la protagonista principale di questo incontro tra il mondo arabo e quello greco-siriaco, in quanto, come afferma la Cassarino, “la capitale dell’”arabische Reich” fu la patria delle prime traduzioni arabe dei classici greci, volti direttamente dal greco oppure dal siriaco”.14

Si traducevano inoltre moltissimi testi dal pehlevico, di contenuto scientifico astronomico e medico in particolare, e inoltre anche le cronache dei re e gli scritti cosiddetti del genere Fürstenspiegel, fondamentali per lo sviluppo dell’ adab arabo, come mette in evidenza l’orientalista e arabista italiano Francesco Gabrieli15.

La figura del traduttore, inesistente nel senso che ad essa attribuiamo oggi, e la funzione della traduttologia ancora allo stato embrionale di scienza, erano personificate soprattutto dai kuttab, i cosiddetti signori della penna, dei quali parla ampiamente al-Qalqashandi, poi ripreso dallo studioso tedesco Walter Björkman16 in una monografia critica che pubblicheremo in lingua italiana entro il 2014, in quanto furono proprio loro ad essere incaricati di “ricodificare” i testi stranieri in lingua araba.

In questo contesto, usiamo la parola “ricodificare” invece di tradurre, poiché condividiamo la teoria della traduzione di Marianne Lederer, la quale afferma che la traduzione non equivale al passaggio diretto da una lingua all’altra, bensì alla successione di momenti atti “à comprendre le texte original, à déverbaliser sa forme linguistique et à exprimer dans une autre langue les idées comprises et les sentiments ressentis.”17

Soprattutto nel caso di testi complessi come quelli di al-Qalqashandi, la deverbalizzazione, fase intermedia tra la lettura e la riformulazione del senso, è indispensabile, a nostro parere, per ovviare al calco lessicale e sintattico. Il traduttore deve esplorare le possibilità di scelta e rendere il senso del testo, cosa possibile unicamente se lavora in funzione delle idee espresse nel testo e non in funzione delle parole in esso contenute. L’arte della traduzione consiste dunque nell’estrapolazione del senso e delle idee dalle parole, le forme linguistiche del pensiero umano.

Tornando alla traduttologia abbaside, essa era fondamentalmente traduzione scientifica anche in campo amministrativo, in quanto tutti gli atti e i documenti venivano tradotti da e verso l’arabo. Chiaramente, il destino dei numerosi traduttori dipendeva dalla magnificenza di alcuni califfi, i quali promuovevano il loro lavoro e sollecitavano la traduzione di un numero sempre crescente di opere straniere.

In questo contesto possiamo citare soprattutto Halid ibn Yazid (morto nel 704 circa), detto nel Medioevo il “principe filosofo”. Questo califfo filosofo viene citato anche da al-Ğahiz nella sua opera di retorica intitolata al-Bayan wa ’ t-tabyin.

Fu poi la mu ’ tazila a favorire il processo della traduzione di opere straniere, soprattutto su iniziativa del califfo al-Ma’mun (813-833), il quale fu “grande promotore dell’attività di traduzione dal siriaco e dal greco in arabo di importanti opere filosofiche, astronomiche, matematiche, mediche, grazie all’apporto di dotti provenienti da varie province dell’Impero e di seguaci di confessioni diverse.”18

I centri di traduzione dell’impero abbaside erano soprattutto il bayt al-hikma e le biblioteche e i circoli di Baghdad. Il centro bayt al-hikma non fu comunque un’istituzione creata dagli abbasidi, in quanto era già presente nel periodo del primo califfo omayyade Mu’awiya (661-680). Non si deve pensare comunque ad uno sviluppo della traduttologia come scienza, in quanto le traduzioni abbasidi procedevano ancora artigianalmente e per tentativi. Come infatti rileva criticamente lo storico Philipp K. Hitti, “in the case of many difficult passages in the original, the translation was made word by word, and where no Arabic equivalent was found or known, the Greek term was simply transliterated with some adaptation”.19

Nonostante il carattere sperimentale, comunque, in questo periodo si può senza dubbio già parlare di una traduttologia sistematica, come rileva Jokisch nella sua monografia sull’epoca di Harun al-Rashid, ove afferma: “For the first time translation in Islam took on a systematic character and the number of translations increased significantly. Several translators or translators teams, closely attached to the court and, though focusing on certain languages, supporting each other, engaged in a vast field of disciplines such as medicine, philosophy, agriculture, astronomy, astrology, zoology or pharmacology”.20

Così, dal punto di vista scientifico e traduttologico contemporaneo, si può affermare che il concetto di “equivalenza nella differenza”, come sostenuto dal filologo e linguista russo Roman Jakobson (1896-1982), non era ancora chiaro, in quanto non si era ancora compreso che in una stessa lingua la sinonimia non significa equivalenza assoluta fra due termini21, e che anche l’equivalenza traduttiva fra due lingue diverse non “corrisponde necessariamente a una piena equivalenza del contenuto semantico, in quanto codici diversi possono concettualizzare una stessa realtà extra-linguistica in modo diverso”.22

Spesso i testi tradotti nelle biblioteche della capitale abbaside erano frutto di spedizioni militari contro popoli stranieri. Sappiamo altresì che ci furono scambi di libri tra il califfo alMa’mun, figlio di Harun al-Rashid, e i bizantini.23

Nel periodo di Harun ar-Rashid, il centro di bayt al-hikma era già operante. Sappiamo che, all’interno della storia della lingua araba, questo califfo fu fondamentale, in quanto diede un notevole contributo allo sviluppo della linguistica araba con esperti quali Asma’i, Abu Ubaida, Abu Zaid, Farra’ e Kisai’, cosa che ebbe un effetto alquanto positivo sulla scienza della traduzione, che traduzione veniva fatta parola per parola, e dove non esisteva o non si conosceva l’equivalente arabo, il termine greco veniva semplicemente translitterato con alcuni adattamenti.”)

[...]


1 Cfr. Falaturi A., Guide to the Presentation of Islam in School Textbooks (traduzione italiana del titolo: Guida alla presentazione dell ’ Islam nei libri di testo scolastici) , Centre for the Study of Islam & ChristianMuslim Relations, Birmingham 1992 , volume 3, p. 184.

2 Vedi Corano 49:13, nella traduzione di Hamza Picardo leggermente adattata. http://www.corano.it/corano.html

3 Vedi Gabrieli F., Storia della letteratura araba, Firenze, Sansoni-Academia 1967, p. 184.

4 Cfr. Taft R., The Role and Personality of the Mediator (traduzione Italiana del titolo: Il ruolo e la personalit à del mediatore), in: Bochner S., The Mediating Person: Bridge between Cultures (La persona del mediatore: un ponte tra le culture), Cambridge, Schenkman 1981, p. 53.

5 Hunayn ibn Ishaq, chiamato Johannitius in latino, era un medico arabo cristiano che tradusse opere di Aristotele, Ippocrate e Galeno sulla medicina. Cfr. per approfondire la monografia: Bergsträsser G., Hunain ibn Ishaq und seine Schule. Sprach- und literaturgeschichtliche Untersuchungen zu den arabischen Hippokrates- und Galenübersetzungen (traduzione italiana del titolo: Hunain ibn Ishaq e la sua scuola. Ricerche linguistiche e della storia della letteratura relative alle traduzioni arabe di Ippocrate e di Galeno), Leiden, Brill 1913.

6 Cfr. per approfondire la seguente monografia: Prince C., “The Historical Context of Arabic Translation, Learning, and the Libraries of Medieval Andalusia“ (traduzione italiana del titolo: Il contesto storico della traduzione araba, degli studi e delle biblioteche nell’Andalusia medievale), in: Library History (traduzione italiana del titolo: Storia della bibloteca), 2, 2002, pp. 73-87. Vedi inoltre: El-Serghani R., “Andalusia: Bridge of Muslim Civilization to Europe“ (traduzione italiana del titolo: Andalusia: un ponte della civilizzazione musulmana verso l’Europa), in: http://www.onislam.net/english/reading-islam/research- studies/islamic-history/454282-andalusia-one-route-of-the-islamic-civilization.html, 13.10.2011, ove l’autore scrive sull’importanza della traduzione in Andalusia per il rinascimento europeo, soprattutto a partire da Toledo e Cordoba: ”Translation from Arabic in Andalusia flourished greatly, particularly in Toledo during the 12th. and 13th. centuries. Translation used to be from Arabic into Spanish and then into Latin or from Arabic into Latin directly. Translation was not restricted to books written by Arab scientists about all branches of knowledge only but covered great Greek books which were translated in the East two centuries earlier. Some books by Greek writers, such as Galen, Hippocrates, Plato, Aristotle, Euclid, and others were translated“ (traduzione italiana del passo: “La traduzione dall’arabo in Andalusia fiorì in modo grandioso, soprattutto a Toledo durante il 12esimo e il 13esimo secolo. La traduzione abitualmente veniva fatta dall’arabo allo spagnolo e poi verso il latino o dall’arabo direttamente in latino. La traduzione non si limitava solamente a libri redatti da scienziati arabi in tutti i settori del sapere, ma riguardava grandi opere greche che erano state tradotte in Oriente due secoli prima. Inoltre si traducevano testi di autori greci, quale Galeno, Ippocrate, Platone, Aristotele ed Euclide ed altri“.)

7 Vedi Cassarino M., Traduzioni e traduttori arabi dall ’ VIII all ’ XI secolo, Roma, Salerno Editrice 1998, p. 8.

8 Vedi sul cosmopolitismo di Baghdad in epoca abbaside: Micheau F., Baghdad in the Abbasid Era: A Cosmopolitan and Multi-Confessional Capital (traduzione italiana del titolo: Baghdad in epoca abbaside: Una capitale cosmopolita e multi-confessionale) , in: HdO, The City in the Islamic World (traduzione italiana

9 Björkman W., Beiträge zur Geschichte der Staatskanzlei im islamischenägypten (traduzione italiana del titolo: Contributi sulla storia della cancelleria di stato nell ’ Egitto islamico), Amburgo, De Gruyter editore 1928, p. 5. Traduzione italiana del passaggio citato: “Lo stile redazionale dello stato all’inizio del periodo abbaside è ancora semplice e abbastanza difficile da distinguere da quello di un ‘Abdelhamid. Nel corso del periodo successivo si sviluppa sempre di più verso il magnifico modo di esprimersi, ricco di vocaboli che nelle mani di scrivani geniali quali il Sabi‘ riuscì a produrre delle bellezze che ancora oggi potrebbero suscitare un’ammirazione profonda negli arabi cosi ricettivi per le unità di stile.“

10 Cassarino M., Traduzioni e traduttori arabi dall ’ VIII all ’ XI secolo, Roma, Salerno Editrice 1998, p. 18.

11 Hourani A., Storia dei popoli arabi, Da Maometto ai nostri giorni, Milano, Arnoldo Mondadori 1991 (tit. or.: A History of the Arab Peoples, New York, John Flower editore 1991), p.7.

12 Cfr. Fück J. Arabiya, Recherches sur l ’ histoire de la langue et du style arabe (traduzione italiana del titolo: Ricerche sulla storia della lingua e dello stile arabo), Parigi, Editions de Minuit editore 1955, cap. III. 12

13 Vedi un interessante capitolo intitolato The Social Significance of Shuubiya, in Gibb H.A.R., Studies on the Civilization of Islam, Abington, Routledge 2013, pp. 62-73.

14 Cassarino M., Traduzioni e traduttori arabi dall ’ VIII all ’ XI secolo, p. 22.

15 Cfr. Gabrieli F., Storia della letteratura araba, Milano, Nuova Academia Editrice 1962, p. 199 ss.

16 [16] Vedi Björkman W., Beiträge zur Geschichte der Staatskanzlei im islamischenägypten (traduzione

italiana del titolo: Contributi relativi alla storia della cancelleria di stato nell ’ Egitto islamico) , Amburgo, De Gruyter editore 1928. Nel caso dell’autore si tratta di un professore di arabo e scienze islamiche (1896-1996) che insegnò tra l’altro ad Amburgo, Berlino, Ankara, Wrocław e Uppsala. Vedi il seguente articolo su Björkman Johanson L., In Memoriam Walter Björkman (1896-1996), in: Orientalia Suecana 45/46 (1996- 1997), pp. 5-7.

17 Vedi Lederer M., La traduction aujourd ’ hui (traduzione italiana del titolo: La traduzione oggi) , Parigi, Hachette 1994, p. 11. Traduzione del passo in lingua italiana: “a comprendere il testo originale, a de- verbalizzare la sua forma linguistica e a esprimere in un’altra lingua le idee comprese e i sentimenti percepiti.”

18 Cassarino M., Traduzioni e traduttori arabi dall ’ VIII all ’ XI secolo, Roma, Salerno editore, p. 26.

19 Hitti Ph. K., History of the Arabs from the earliest Times to the Present, London, Macmillan 1968, p. 311 (traduzione italiana del passo citato: “in presenza di diversi passaggi complessi nel testo originale, la

20 Vedi Jokisch B., Islamic Imperial Law: Harun al-Rashid ’ s Codification Project (traduzione italiana del titolo: Legge imperiale islamica: Il progetto di codifica di Harun al-Rashid) , Berlino, De Gruyter 2007, p. 82. Traduzione italiana del passo citato: “Per la prima volta la traduzione nell’Islam ha assunto un carattere sistematico e il numero di traduzione crebbe in modo significativo. Diversi traduttori o gruppi di traduttori, strettamente legati alla corte e dunque orientati verso determinate lingue, aiutandosi l’uno con l’altro, si impegnavano in un vasto campo di discipline, quali medicina, filosofia, agricoltura, astrologia, zoologia o farmacologia.“

21 Si tratta, in questo contesto, del concetto del famoso linguista Roman Jakobson denominato “equivalence in difference “ (equivalenza nella differenza) secondo cui la lingua d’origine e la lingua d’arrivo esprimerebbero due messaggi equivalenti in due codici diversi, vedi Jakobson R., On Linguistic Aspects of Translation (traduzione italiana del titolo: Aspetti linguistici della traduzione), in: Brower R.A. (editore), On Translation (traduzione italiana: Sulla traduzione), Cambridge, MA: Harvard University Press 1959 , pp. 232-239, con il passo citato a p. 233.

22 Vedi Tradurre, un approccio multidisciplinare, a cura di M. Ulrych, Torino, UTET 1998, p.4.

23 Vedi in questo contesto: Kolb G.F., Culturgeschichte der Menschheit (traduzione italiana del titolo: Storia della cultura dell ’ umanit à) , Lipsia, Arthur Felir editore 1870, volume 2, in particolare p. 126 ss., in cui lo storico tedesco descrive l’attività di traduzione greco-arabo in campo scientifico durante il regno del califfo Ma’mun.

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Detalles

Título
Panoramica sulle tecniche di traduzione
Subtítulo
Applicate alla traduzione dall’arabo verso le lingue europee con particolare riferimento all’italiano
Universidad
University of Venice  (Arabistik)
Calificación
1
Autor
Año
2003
Páginas
54
No. de catálogo
V233219
ISBN (Ebook)
9783656494843
ISBN (Libro)
9783656495369
Tamaño de fichero
865 KB
Idioma
Italiano
Notas
Tradurre dall'arabo verso le lingue europee
Palabras clave
panoramica, applicate
Citar trabajo
Dr. phil. Milena Rampoldi (Autor), 2003, Panoramica sulle tecniche di traduzione, Múnich, GRIN Verlag, https://www.grin.com/document/233219

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